Se io avessi un mondo come piace a me, 
là tutto sarebbe assurdo:
niente sarebbe com’è, perché tutto sarebbe come non è, e viceversa.

Nel classico di Lewis Carroll, Le avventure di Alice nel paese delle meraviglie, Wonderland si trova sottoterra. Se si è sufficientemente coraggiosi, si può raggiungerlo lasciandosi cadere nella tana di un coniglio bianco che quasi certamente si trova sulle rive del Tamigi, da qualche parte lungo le cinque miglia che separano i villaggi di Folly Bridge e Godstow, nell’Oxfordshire.

Proprio lì, il 4 luglio del 1862, era iniziata e terminata la gita in barca durante la quale Carroll raccontò alle tre figlie del decano della Christ Church School (la scuola preparatoria di Oxford dove insegnava matematica) la storia di una bambina annoiata di nome Alice che va alla ricerca di un’avventura.

Wonderland è un universo di paradossi e nonsensi, dove i cibi hanno particolari effetti collaterali e fare scherzi è lo sport nazionale. Tant’è che per sopravviverci «bisogna essere matti come un cappellaio»*. È rivestito di giardini immensi con piante meravigliose e abitato da strane creature antropomorfe, anche se la popolazione è costituita in prevalenza da carte da gioco: il re e la regina di fiori, picche e denari con i rispettivi mazzi, mentre i sovrani indiscussi sono il re e la regina di cuori.

Per raccontarlo, Carroll – al secolo Charles Lutwitge Dodgson, rampollo della medio-alta borghesia vittoriana – attinse all’ambiente formale delle “famiglie bene” che frequentava tutti i giorni. Non a caso nel romanzo si parla di regine, di sport elitari come il croquet, di tè pomeridiani e personaggi dall’indole british che vivono con l’ansia di sentirsi inadeguati, proprio come il Bianconiglio.

La sua fantasia venne influenzata anche da luoghi reali, per esempio il collegio di Christ Church, dove conobbe la vera Alice (la seconda delle tre figlie del preside Henry Liddell), o la Bodleian Library di Oxford, con il cornicione decorato da figure in cui si riconoscono alcuni protagonisti della favola: i gemelli Pincopanco e Pancopinco e lo Stregatto, che nella versione originale è il Cheshire Cat, il gatto del Cheshire, la contea natale di Carroll.

Particolare alla cattedrale di Ripon

Pare invece che il viaggio di Alice nella tana del coniglio sia stato ispirato da una scultura in legno che si trova nella cattedrale di Ripon, nel North Yorkshire, dove il padre dello scrittore prestò servizio come arcidiacono.  

*La figura del Cappellaio Matto nasce da un gioco di parole basato su un’espressione in uso nell’Inghilterra vittoriana: mad as a hatter, matto come un cappellaio. Il modo di dire sembra derivare dal fatto che per trattare i tessuti i cappellai usassero il mercurio, sostanza che poteva avere effetti deleteri sul sistema nervoso.

«Come si arriva a Trapananda?»
«Con pazienza, amico. Con molta pazienza».
Patagonia Express, Luis Sepúlveda