Più che la classe dirigente (non) poté il popolo. O meglio, una parte di esso. Perché hai voglia tu di lamentarti dei politici, del governo, delle istituzioni – che poi è lo sport nazionale preferito, l’esegesi del qualunquismo conformista – se poi sei il primo a non rispettare le (semplici) regole che ti vengono imposte. In questa vicenda del virus (ometto la locuzione “ai tempi del virus”, perché Gabriel Garcia Marquez è morto e non può rispondere a tutte queste parafrasi a casaccio del suo capolavoro), finora a non farci una gran figura è la cosiddetta “gente”. Si dirà, è la mancanza di senso civico, vecchia storia…

Indro Montanelli, per sottolinearne i difetti, diceva che «ogni popolo ha i politici che si merita”». Gli davano del reazionario. Se avesse visto i fatti di questi giorni (treni e supermercati assaltati, piste da sci piene, assembramenti nei bar eccetera) si sarebbe lui stesso definito troppo morbido nella chiosa e forse si sarebbe spinto a dire che “ogni popolo meriterebbe politici ben peggiori”. Perché tale imbecillità ha rovesciato d’incanto ogni cliché: è la politica, la classe dirigente, che si sta dimostrando migliore del suo popolo. Del resto un altro amabile “reazionario”, Leo Longanesi, sosteneva che “gli italiani non sono buoni a niente ma capaci di tutto”. Soprattutto in tre attività: l’indolenza, l’insofferenza (alla regole) e l’indisciplina. Senza che nessuno si offenda, specifico che quella di Longanesi, come sua abitudine, era una provocazione – l’intellettuale è uso a utilizzare iperboli per far male e solleticare pensiero e nuova consapevolezza in ognuno.

Code ai supermercati

Il resto, chiaramente, lo fa il ventre molle del liberalismo insito in ogni democrazia. Sia chiaro, qui non si discutono le beltà democratiche, tuttavia sono funzionali e ottime in tempo di pace. In tempo di guerra (e il virus ci ha dichiarato guerra) la democrazia esprime tutti i suoi limiti nel far rispettare le leggi ai suoi cittadini. Per questo la Cina (colpevole di aver diffuso il virus, non dimentichiamolo mai ed evitiamo ora di stendere grotteschi peana), che è un regime e non una democrazia, ha avuto vita più facile nell’imporre la quarantena e debellare la trasmissione del virus. L’Italia chiaramente (e per fortuna) non può rinunciare a essere democratica. Ma governo, governatori e sindaci finalmente hanno capito qual è la molla per tenere a bada l’italiano: la paura psicologica. “Paura e bisogno sono le due leve della fedeltà” mi disse anni fa un amico di raffinata intelligenza con superbo cinismo. E così, per evitare drammi ben peggiori (che già oggi i posti di terapia intensiva scarseggiano), le istituzioni negli ultimi cinque-sei giorni hanno deciso di alzare i toni quasi non ci fosse un domani. Una drammatizzazione sacrosanta, perché solo la paura potrà farci rispettare le regole e salvare noi italiani.