Per il quinto appuntamento della rassegna “Il Grande Teatro”, al Teatro Nuovo, il cartellone propone un testo quanto mai insolito e di notevole impatto scenico, “Dracula”, in scena fino a domenica 2 Febbraio (qui i dettagli).

L’attore e regista Sergio Rubini, insieme alla fidata sceneggiatrice Carla Cavalluzzi, adatta per il palco il romanzo di Bram Stoker.

L’attore e regista pugliese si ritaglia il personaggio del dottor Abraham Van Helsing, figura più defilata e cerebrale che orchestra e offre la soluzione per uccidere l’orrendo mostro. La parte del vero e proprio protagonista, Jonathan Harker, viene affidata a Luigi Lo Cascio.

La messa in scena è caratterizzata da scelte precise e mirate: l’ambientazione poco illuminata e tetra, la ricerca della profondità di campo con una scenografia studiata su più livelli, la scelta di usare soluzioni e trucchi che ci riportano ad un immaginario cinematografico più che teatrale (l’uso del fumo per segnalare l’arrivo del Conte, l’utilizzazione delle luci di taglio espressionistico, la presenza di Dracula in platea tra il pubblico per generare empatia e repulsione).

Il tentativo è quello di favorire una rappresentazione multi sensoriale, sinestetica, abbattere lo spazio con il pubblico e farlo salire sul palco. Lo Cascio traduce un personaggio dilaniato che maledice l’incontro con il vampiro ma che in fondo lo ha fatto crescere, lo ha reso uomo. Una duplice lettura si insinua in questo Dracula, ogni personaggio soffre di un attrazione-repulsione, la fascinazione supera la realtà; il diavolo (etimologicamente colui che separa, che divide) è ora tra noi e forse è dentro di noi. Con lentezza il concetto di inconscio e di rottura del concetto di soggetto, di io razionale viene introdotto: il professor Van Helsing ci ricorda un Freud ante litteram.

Rubini e Lo Cascio offrono una sublime interpretazione, pronti a rileggere in chiave moderna il testo attraverso la crisi d’identità del Novecento in cui il soggetto si frantuma per lasciare posto alla crisi dell’io, come ci ricorda il poeta Arthur Rimbaud nella Lettera del Veggente: « […] È falso dire “Io penso” si dovrebbe dire “Mi si pensa”. – Scusi il gioco di parole: IO è un altro».

Tutte le foto sono di Filippo Manzini