Lacrime di coccodrillo sulla "gentrificazione"
Verona e Venezia gridano all'allarme gentrificazione. Peccato che le loro amministrazioni siano state le prime a favorirla.
Verona e Venezia gridano all'allarme gentrificazione. Peccato che le loro amministrazioni siano state le prime a favorirla.
Lascia un po’ spiazzati lo stereofonico “grido di dolore” che l’assessore all’Urbanistica veronese – assieme agli amministratori locali veneziani – hanno lanciato in questi giorni per lo spopolamento dei centri storici cittadini, nei quali le attività residenziali sono espulse e sostituite da quelle legate al turismo. Tale processo è ben conosciuto ormai da diversi lustri dagli studiosi di urbanistica sotto il nome, mutuato dal lessico anglosassone, di “gentrificazione”: cioè una riorganizzazione socioeconomica del tessuto urbano attuata mediante massicci investimenti immobiliari per massimizzare la rendita degli edifici, eliminando le attività meno remunerative – come quelle legate alla residenza popolare –, che vengono sostituite da abitazioni di alto pregio, attività ricettive o commerciali a esse collegate.
Tale “grido di dolore” appare tanto più spiazzante, quando non paradossale, per il fatto di essere pronunciato dall’esponente di una giunta comunale, come quella di Verona, che pare avere messo tra i suoi obiettivi impliciti la gentrificazione della città storica, e non solo. Ilaria Segala, l’assessore all’Urbanistica di Verona, appare assai disinvolta nell’addossare la colpa del processo di gentrificazione dei centri storici ai privati cittadini, rei di speculare sulle rendite immobiliari affittando a uso turistico i loro appartamenti siti nelle zone di pregio delle città, ma sorvola con molta nonchalance sul fatto che questa stessa amministrazione veronese sta di fatto avvallando tale processo attraverso una serie di iniziative di recupero urbano legate alle attività turistiche. Ci riferiamo in particolar modo al “Piano Folin” per il recupero degli immobili di pregio della Fondazione Cariverona (https://ilnazionale.net/attualita-e-politica/la-citta-che-sale-e-che-scende/). Ribadiamo quanto già scritto in precedenza: Cariverona è un player privato che ha tutto il diritto di mettere a reddito il suo patrimonio immobiliare, ma il Comune di Verona, che di quella fondazione è socio ed esprime propri rappresentanti nel suo CdA, ha il dovere di far pesare le istanze del “pubblico” e influire sui processi decisionali di uno dei più importanti attori del panorama economico della città.
Segala non sa, o finge di non sapere, che la politica di recupero urbanistico basata un po’ monotematicamente sulla realizzazione di nuove strutture alberghiero-ricettive avrà delle conseguenze a catena sulla città nel suo insieme. Sono almeno quattro i grossi interventi alberghieri che si prevedono nel futuro di Verona: oltre al “Piano Folin”, infatti, ci saranno anche il piano di recupero delle ex manifatture tabacchi, dell’ex Tiberghien e il progetto di finanza del nuovo stadio. A tutto ciò si aggiunge la nuova legge regionale che elimina la moratoria alle nuove strutture alberghiere nel centro storico, concedendo la possibilità di spostare al suo interno parte delle volumetrie a uso turistico che si possono realizzare in alte zone della città. Piuttosto ingenuo pensare che in conseguenza di un così vasto processo di ristrutturazione urbanistica, nel centro storico non possa corrispondere a catena un incremento delle attività a esse collegate, dalla ristorazione al commerciale, le quali per trovare spazio dovranno espellere le attività residenziali presenti, con un’inevitabile accelerazione del processo di gentrificazione della città storica. Incolpare le locazioni turistiche private significa eludere una parte del problema, quella rappresentata dall’incremento delle strutture alberghiere. Fare una «terribile semplificazione», come direbbe Burckhardt.
L’opzione delle amministrazioni locali in favore di queste ultime può anche avere delle motivazioni utilitaristiche legate al bilancio. Sappiamo infatti che il turista che pernotta in una struttura ricettiva sborsa la cosiddetta “tassa di soggiorno” alla città che lo ospita. La quale è il balzello ideale per le amministrazioni, in quanto non la pagano i residenti, la pagano i turisti e la riscuotono gli albergatori, o i proprietari di immobili a locazione turistica. Si versa in misura progressiva a seconda del livello della struttura in cui si soggiorna. L’ospite di un hotel a 4 stelle, per esempio, paga 4,50 euro per notte e nel 2017 tale balzello ha reso alla casse del comune di Verona più di tre milioni di euro. Mentre il gettito dagli alberghi è certo, però, molto meno evidente è quello derivante dagli immobili locati a uso turistico, che in parte è sommerso e quindi sfugge al rastrello del drenaggio fiscale. Del resto un giro di vite sulle locazioni alberghiere potrebbe avere ricadute negative in termini di consenso, data la grande diffusione di questo tipo di attività.
E dunque, in quale maniera un’amministrazione locale potrebbe influire positivamente nel processo di gentrificazione? L’argomento è vasto, ma le frecce all’arco degli amministratori locali sono parecchie: dalla pianificazione urbanistica – serve citare un piano urbanistico illuminato come quello di Cervellati per Bologna? – alle agevolazioni sulle imposte locali o sulle tariffe delle aziende partecipate, fino a provvedimenti viabilistici mirati a tutelare dal traffico “parassita” i quartieri cittadini, l’arsenale potenzialmente sarebbe enorme. Utilizzarlo potrebbe forse voler dire assumere la responsabilità di provvedimenti che possono risultare impopolari nel breve periodo, ma risparmierebbe la rappresentazione della sceneggiata un po’ patetica di amministratori che piangono lacrime di coccodrillo su fenomeni che loro stessi non solo non hanno contrastato ma hanno addirittura favorito.