Il poster si eleva a opera d’arte e viene celebrato a New York nel primo museo degli Stati Uniti interamente dedicato alla storia globale e all’arte dei manifesti. Aprirà il 20 giugno prossimo nel quartiere di Chelsea a Manhattan “Poster House” la galleria permanente che ospiterà ben settemila cartelloni e manifesti provenienti da tutto il mondo.

Il museo ospiterà mostre ed eventi che riguardano la storia, il design e il contesto culturale di manifesti risalenti a partire dalla fine del 1880, quando i poster fecero il loro debutto, all’epoca attuale. Reale e originale manifestazione delle correnti artistiche del periodo, i primi manifesti, interamente realizzati a mano, sono considerati oggi delle vere e proprie opere d’arte: quelli che inaugureranno la “Poster House” raccontano i temi più diversi, dalle tendenze floreali e le slanciate figure femminili dell’artista icona dell’Art Nouveau ottocentesca alla prima innovativa sperimentazione di due giovani designer di Berlino Est nei primi anni Novanta.

Alphonse Mucha, Sarah Bernhardt

Nella galleria principale, il Museo celebra uno dei più famosi artisti di manifesti di tutti i tempi, Alphonse Mucha (1860-1939), il designer ceco dell’Art Nouveau che con i suoi poster definì l’estetica romantica nella Belle Époque di Parigi. La mostra presenta oltre 80 delle sue opere realizzate per la musa parigina, l’attrice Sarah Bernhardt (1844-1923), tra le quali spicca La Tosca del 1898 al Theatre de la Renaissance, dedicata all’opera lirica in tre atti di Giacomo Puccini che, tra l’altro, sarà in cartellone dal 10 agosto 2019 al 97° Festival lirico dell’Arena di Verona.

L’idillio artistico tra l’attrice francese e l’artista ceco risale al dicembre del 1894 a Parigi quando la Bernhardt gli commissionò il poster per la commedia Gismonda. Mucha colse questa opportunità e applicò un principio progettuale innovativo: l’uso di una forma lunga e stretta, con la figura a grandezza naturale dell’attrice collocata in un’alcova e rialzata da terra quasi come in un’immagine religiosa. La mattina del 1° gennaio 1895 i manifesti raffiguranti la Gismonda di Mucha erano sparsi per tutta Parigi e avrebbero rivoluzionato il design dei manifesti, diventando subito oggetto di desiderio per i collezionisti.

La “divina Sarah” si innamorò del suo inconfondibile stile e chiese a Mucha di produrre altri sei poster per le sue produzioni: La Dame aux Camélias (1896), Lorenzaccio (1896), La Samaritaine (1897), Médée (1898), La Tosca (1898) e Amleto (1899). Alphonse Mucha contribuì così a dare forma a opere che ispirarono le linee morbide e le forme fluide del Liberty e le sue figure femminili sinuose e forti cambiarono il modo in cui la pubblicità parlava al pubblico.

Cyan, Magmec, Berlin, 1991

Anche la seconda mostra con cui la “Poster House” inaugura a giugno è caratterizzata da una natura rivoluzionaria: con “Jewel Box” il museo espone per la prima volta a New York City i primi lavori tecnologicamente innovativi del duo di designer della Germania orientale Cyan, Detlaf Fiedler e Daniela Haufe. Formatisi nel 1992, subito dopo la caduta del Muro di Berlino, i Cyan realizzarono la maggioranza delle loro innovative campagne di poster per mostre, spettacoli e istituzioni culturali: i loro poster erano contraddistinti da una nuova visione della pubblicità che mirava a coinvolgere attivamente lo spettatore nel processo di comprensione del manifesto, con l’obiettivo di dimostrare che la pubblicità non ha necessariamente bisogno di essere immediatamente interpretabile per avere successo. I Cyan unirono così un design accattivante a nuovi software di editing come Photoshop e QuarkXPress, realizzando manifesti che attinsero alla storia intellettuale della famosa accademia d’arte Bauhaus, e che hanno ricevuto numerosi premi in tutto il mondo.

Cyan, Bauhaus Program, Januar Februar 1993

La scelta di inaugurare la “Poster House” con artisti così diversi fra loro è parte del singolare approccio curatoriale della collezione: attraverso mostre ed eventi, “Poster House” intende presentare una visione globale dei manifesti di tutte le epoche e paesi, con un mandato particolare di organizzare almeno un’esposizione all’anno dedicata alle donne, nonché almeno una mostra con un focus non occidentale.
«Non vediamo l’ora di esplorare il mondo attraverso i manifesti, che hanno sempre privilegiato la comunicazione diretta con il pubblico attraverso la bellezza del design», afferma la direttrice Julia Knight. «Il museo riflette questa intenzione, attirando i visitatori nelle aree espositive combinando il potere delle immagini e delle parole».

Unendo design, arte e pubblicità, il museo vuole così coinvolgere ed educare il pubblico sull’impatto di questo progetto grafico nella storia e sul suo ruolo come strumento di comunicazione e persuasione.
Nati sulla scia della rivoluzione industriale, i manifesti oggi riflettono e plasmano le tendenze della società moderna. Il loro compito è catturare l’attenzione del pubblico in una frazione di secondo, persuadendo e informando lo spettatore attraverso una sapiente combinazione di immagini e testo. Così il dinamico mondo del design e della grafica si mescolano all’universo della pubblicità, per una rivoluzione delle arti visive destinata a entrare nella memoria di ognuno di noi.