Dopo l’omicidio di Charlie Kirk, molta attenzione si è concentrata sulle incisioni rinvenute sui bossoli usati da Tyler Robinson, l’omicida. Alcuni commentatori hanno letto quelle scritte come segnali politici: c’è chi vi ha visto un richiamo all’antifascismo militante, chi un messaggio di odio omofobo, chi addirittura la conferma del legame tra videogiochi e violenza.

Ma tutte queste interpretazioni hanno un limite: trattano i messaggi alla lettera, come se il loro senso fosse immediatamente chiaro. In realtà le frasi sui bossoli appartengono a un codice memetico, fatto di rimandi, ironie e citazioni stratificate che solo prese insieme possono essere decifrate. È proprio in questa chiave che va letta la presenza di Bella Ciao.

Bella Ciao oltre l’antifascismo

Storicamente Bella Ciao è il canto della resistenza partigiana, simbolo di opposizione al fascismo. Ma nel tempo il suo significato si è trasformato. Negli ultimi decenni, infatti, il brano è stato remixato, reinterpretato e riutilizzato in contesti del tutto diversi dal suo originale.

Un punto di svolta è stato il successo globale della serie televisiva La Casa di Carta, dove la canzone diventa colonna sonora di una ribellione non politica ma simbolica, legata a rapinatori mascherati che sfidano lo Stato. Da allora, Bella Ciao è entrata nel linguaggio pop come segnale di protesta generica, usata in manifestazioni, spot pubblicitari e meme, spesso senza più alcun legame diretto con l’antifascismo.

Questa decontestualizzazione è tipica della cultura digitale: un contenuto con forte valore storico viene svuotato, trasformato in segno polivalente, pronto a essere riusato in situazioni disparate.

Bella Ciao e l’estrema destra online

Il caso più evidente di questa deformazione del significato originario è la comparsa di Bella Ciao persino in ambienti di estrema destra. Un esempio significativo è la playlist circolata online, intitolata “Groyper War (America First)” che include infatti una versione remixata del brano (Hugel Remix). Il nome della playlist richiama direttamente i Groypers, movimento alt-right legato a Nick Fuentes.

La presenza di Bella Ciao in quel contesto non significa che i Groypers abbiano abbracciato l’antifascismo, tutt’altro. Piuttosto si tratta di un’appropriazione ironica o provocatoria, coerente con il linguaggio memetico di queste comunità: prendere un simbolo carico di senso storico e ribaltarlo, ridurlo a contenuto virale o usarlo per generare confusione.

Chi sono i Groypers e il loro rapporto con Kirk

I Groypers sono una corrente dell’estrema destra americana che si distingue per la commistione di politica radicale e cultura online. Seguaci di Nick Fuentes, si presentano come movimento giovanile che usa meme, trolling e provocazioni per diffondere posizioni ultraconservatrici, suprematiste e nazionaliste.

Il loro legame con Charlie Kirk è diretto: nel 2019 lo presero di mira durante quella che venne chiamata la Groyper War. In quell’occasione, militanti vicini a Fuentes interruppero eventi organizzati da Turning Point USA, l’associazione guidata da Kirk, accusandolo di essere troppo moderato e non abbastanza radicale rispetto alle loro istanze. Da allora, Kirk è stato visto dai Groypers come una figura nemica, “traditrice” della destra.

Quanto a Tyler Robinson, l’assassino, non ci sono prove che fosse un membro organico dei Groypers. Tuttavia, le iscrizioni sui bossoli, più che rivelare un’ideologia precisa, mostrano l’influenza del clima culturale che i Groypers hanno contribuito a normalizzare: un ambiente dove politica, ironia e nichilismo digitale si mescolano fino a rendere la violenza stessa un contenuto da condividere.

Creare confusione

L’iscrizione di Bella Ciao sui bossoli non è quindi un richiamo lineare all’antifascismo, ma un esempio di come i simboli storici vengano risemantizzati nella cultura digitale. Da canto partigiano a colonna sonora pop, fino a comparire in playlist alt-right, la canzone ha perso la sua identità univoca per diventare materiale fluido, pronto a essere usato come meme.

Leggere le iscrizioni sui bossoli “alla lettera” è fuorviante. Non si tratta di slogan antifascisti, di insulti omofobi o di rimandi videoludici intesi come propaganda diretta. Al contrario, il loro senso sta proprio nell’essere impossibili da decifrare se presi alla lettera. Questi messaggi funzionano come un linguaggio in codice: un insieme di riferimenti apparentemente incoerenti che solo all’interno di una sottocultura digitale assumono senso. La logica è meta-comunicativa: non si comunica un contenuto chiaro, ma si rimanda a un gioco di stratificazioni, ironie e inside jokes riconoscibili soltanto da chi partecipa a quelle comunità.

La loro funzione non è convincere né rivendicare un’ideologia, ma creare confusione, generare risonanza, segnalare appartenenza a un linguaggio condiviso. È il paradosso della cultura meme: quanto più i simboli sono opachi e contraddittori, tanto più rafforzano il legame identitario di chi “sa decifrarli” e lasciano spaesato chi resta fuori.

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