Grenze 2025: «Un festival in controtendenza a questi tempi».
Il 19 settembre è stata inaugurata l'ottava edizione del Festival Grenze-Arsenali Fotografici, ne abbiamo parlato con il suo direttore artistico Simone Azzoni.

Il 19 settembre è stata inaugurata l'ottava edizione del Festival Grenze-Arsenali Fotografici, ne abbiamo parlato con il suo direttore artistico Simone Azzoni.
Venerdì 19 settembre è stata inaugurata l’ottava edizione del Festival Grenze-Arsenali Fotografici, il festival Internazionale di Fotografia che coinvolge il quartiere di Veronetta e il Bastione delle Maddalene. Abbiamo parlato del concetto di Anfällig a cui ruota attorno questa edizione di festival, dei suoi ospiti e del legame che Grenze coltiva con il territorio veronese assieme al suo direttore artistico Simone Azzoni.
Da dove è nata l’idea di sviluppare il concept attorno la parola Anfällig e perché proprio in questo momento storico?
«Le edizioni di Grenze hanno sempre cercato di rispecchiare ogni anno una parola tedesca diversa, proprio perché questa lingua permette una capacità di puntualizzare un concetto filosofico che altre lingue non possiedono. Nello specifico di quest’anno Anfällig significa cagionevole, ovvero una condizione di fragilità dovuta a una malattia che ci ha colpito.
E la cagionevolezza implica un ritorno però assettato a una precarietà sia emotiva che fisica. Un po’ una controtendenza di questi tempi, in una società iper-performativa dove il modello è dato più da un’idea di “superuomo” che altro. Siamo tutti cagionevoli come di fatto non siamo guariti del tutto dal periodo storico che ci siamo lasciati alle spalle».
Riguardo alla nostra società che privilegia un immagine iper-performativa della persona, secondo me è dovuto anche all’uso che facciamo della fotografia oggi. Secondo lei ne ha risentito anche la fotografia come forma d’arte?
«No, perché il progetto di un fotografo è figlio di un processo molto lungo in antitesi con la velocità con cui si muovono le cose oggigiorno. Il percorso ha a che fare con molti mesi e non ha nulla a che spartire con l’immediatezza che viene richiesta sui social. Certamente poi la visibilità deriva da questi media, ma sono solo un mezzo come possono essere, appunto, le mostre, un libro o una serie di incontri. I fotografi usano i social come biglietti da visita, nulla di più».
Uno degli eventi principali riguarda l’esposizione dei lavori fotografici di Pedro Almodovar, come siete arrivati a lui e quali sono le differenze tra il suo lavoro con la fotografia e il suo cinema?
«Siamo arrivati a lui perché ci interessava capire come Almodovar adattava la propria poetica con un linguaggio diverso. Il cinema di Almodovar d’altronde si lega molto alla parola Anfällig e la sua fotografia parla molto di malinconia, decadente, di stasi di una luce, di una fotografia che per certi versi si relaziona inevitabilmente alla morte. Mi interessava contrapporre al suo cinema erotico questo altro suo volto».
Penso al suo ultimo film “La stanza accanto”.
«Assolutamente, ultimamente nel suo cinema c’è sempre un aspetto malinconico per non dire depresso. Sotto il colore c’è molto altro».
Grenze inoltre è un festival che si lega molto al territorio veronese ed esposizioni proprio all’interno di realtà strettamente a contatto con gli abitanti, penso alla sezione off. Quanto è importante per il festival mantenere una relazione con i veronesi?
«Fondamentale, perché noi siamo sul territorio tutto l’anno con laboratori, mostre e cerchiamo proprio di essere una presenza permeabile al territorio e costantemente in dialogo con esso.
Poi cerchiamo anche di rapportarci con le realtà che operano concretamente e attivamente sul territorio. Non a caso quest’anno Tocatì è parte integrante di Grenze. Uno scatto di Dario Mitidieri di bambini che giocano nonostante ci sia la guerra è il tavolo con cui ci siamo incontrati con il Tocatì. Un manifesto di dialogo per ribadire l’interesse per gli abitanti di Verona e, in particolare, di Veronetta e realtà che lavorano come D-Hub. È una questione di fare rete».
Ha qualche consiglio in particolare per chi ci legge riguardo appuntamenti da non perdere?
«Mi sento di consigliare l’appuntamento di domenica sul tema dell’archivio. È un appuntamento a cui teniamo molto perché Erik Kessels ha costruito la sua carriera sul realizzare mostre e rassegne tramite l’uso dell’archivio e per noi è stato molto importante averlo come ospite. Oltre che un prestigio».
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