Il movimento civico Traguardi è stato in assoluto fra i più attivi sul territorio negli ultimi cinque anni. Centinaia di iniziative e incontri, distribuiti in tutti i quartieri della città, volti soprattutto ad ascoltare e capire le esigenze del territorio e della sua popolazione, per poi riportare quelle istanze a Palazzo Barbieri o nei piccoli parlamentini di Circoscrizione. Con l’intento di dare un contributo pratico al miglioramento della qualità della vita dei veronesi. Per primi, poi, nell’ottobre 2020, hanno proposto e portato avanti l’idea di candidare a sindaco Damiano Tommasi come alfiere di una coalizione di centro-sinistra, unita e compatta per la prima volta nella storia della città, e la loro idea pian piano ha preso forma fino a trovare l’accordo di tutti coloro che compongono la galassia progressista veronese.

Un lavoro portato avanti con dedizione e passione da un gruppo di giovani veronesi, che intendono prendere in mano il presente della città e proiettarlo verso un futuro che, nelle loro intenzioni, dovrà essere diverso dalle attuali premesse. Ne parliamo con Giacomo Cona, segretario del movimento, a pochi giorni dalla data del 12 giugno, che potrà segnare o meno il successo della loro attività.

Cona, state per chiudere la campagna elettorale. Qual è il bilancio della vostra attività?

«Indubbiamente positivo. Sono stati mesi intensi, pieni di energia, di entusiasmo e soprattutto di idee per la nostra città. Abbiamo coinvolto tantissime persone, in ogni angolo di Verona. A cominciare dai quartieri con assemblee, incontri organizzati sul territorio, banchetti nei mercati rionali, biciclettate ed iniziative come la pulizia della Spianà, dove ci siamo rimboccati le maniche per prenderci cura di una zona vitale per i quartieri della zona ovest di Verona. E poi ci sono stati gli eventi sui tanti temi del nostro programma come l’innovazione, la smart city ed il rapporto con l’università, il rilancio del sistema museale e la valorizzazione del patrimonio culturale di Verona, la parità di genere ed i diritti, il tema della sicurezza affrontato senza i classici paradigmi muscolari e punitivi ma partendo dal luogo più importante dove la sicurezza si costruisce davvero, cioè la scuola ed il percorso educativo dei ragazzi.

Chiuderemo infine martedì 7 giugno a villa Buri, dalle 18:30, con un bell’incontro sull’ambiente e la fondamentale transizione ecologica da compiere nella nostra città nei prossimi anni. A seguire ci sarà la nostra festa di fine campagna, con risotto per tutti, qualcosa da bere, musica ed un po’ di divertimento. La cosa più bella è stato sentire l’entusiasmo delle tantissime e dei tantissimi veronesi che si sono avvicinati a noi in questo percorso ed hanno portato idee, aiuti concreti mettendosi in gioco, ed anche critiche costruttive che ci hanno permesso di crescere. Niente male per un movimento civico, senza partiti nazionali alle spalle, che va avanti grazie allo straordinario lavoro di tantissimi volontari che sognano una città migliore.»

A prescindere dall’ultimo periodo, sono cinque anni che Traguardi “batte” i quartieri, uno a uno, per portare la propria proposta capillarmente in ogni angolo di Verona. Quali sono le sensazioni che vi siete portati dietro in questi anni?

«Abbiamo sempre pensato che la strada dei quartieri fosse quella giusta. Per ridare voce a chi prima veniva interpellato solo in campagna elettorale per poi essere abbandonato durante il resto del mandato da parte dell’amministrazione comunale, per coinvolgere attivamente le persone che vivono, lavorano o studiano in tutte le zone di Verona, e che sono la maggioranza dei residenti della città. Fin dall’inizio del nostro percorso abbiamo compreso come c’era e c’è ancora tanta esigenza di ascolto e confronto nei confronti di una politica che è stata troppo distante e troppo poco affidabile. L’esigenza di sapere che i miei problemi sono capiti e sono risolti da chi si assume la responsabilità di occuparsi del bene comune.

Per questo crediamo sia fondamentale dare alle circoscrizioni un ruolo centrale nella vita politica ed amministrativa di Verona, riformandole davvero e dando loro più autonomia di spesa e decisionale, uffici tecnici pronti ad intervenire con celerità per risolvere i problemi della quotidianità, procedure burocratiche molto più celeri e risolutive. Insomma, attuare quel decentramento tanto sbandierato da chi ha governato fino ad oggi ma mai realizzato. Ora possiamo contare su squadre di candidati e volontari in ogni quartiere della città, dallo Stadio a San Michele, da Borgo Roma a Montorio, da Borgo Venezia a Borgo Nuovo. Una Verona che c’è sempre stata, ma che aveva bisogno di esprimersi e di partecipare attivamente. Per questo è nato Traguardi.»

I quartieri periferici di Verona sono storicamente sempre la parte più trascurata della città. La Variante 29 può essere una soluzione ai vari problemi esistenti? E in caso quali sono le alternative? Voi cosa proponete nello specifico?

«La Variante 29 parte da un principio di per sè giusto, non consumare nuovo suolo ma realizzare nuovi edifici su aree esistenti e dismesse. Oltre a questo, però, non c’è molto altro. Manca una visione, un’idea di sviluppo della città. Ad esempio: come vogliamo che diventino la ZAI, la Bassona, l’ex Tiberghien tra 10 anni? Vogliamo trasformarle in zone residenziali, commerciali, alberghiere, vogliamo creare del nuovo verde urbano? Di questo non c’è traccia nella Variante, si tratta di una procedura amministrativa che spaccia per riqualificazione qualsiasi intervento che venga realizzato.

Giacomo Cona

Quando si parla di riqualificazione urbana uno degli elementi distintivi è l’ascolto del territorio e delle persone, un processo partecipativo dove è chi vive il quartiere o la zona interessata a formulare le proprie esigenze, e queste vengono poi recepite nell’intervento che si realizza. Ma quando, come nel caso della Variante 29, i processi vengono semplicemente calati dall’alto, peraltro con scarsa comunicazione ed informazione da parte dell’amministrazione, non possiamo parlare di riqualificazione ma solamente di speculazione. Perché esiste una grande differenza tra il realizzare un supermercato o un albergo e il realizzare strutture pubbliche con finalità culturali e di spettacolo, spazi di aggregazione o centri di ricerca ed innovazione, parchi o aree sportive.

Chiariamoci: i privati hanno tutto il diritto di fare i propri interessi, ma sta al Comune veicolare i loro investimenti in modo che vadano a garantire un innalzamento della qualità della vita per la città e che non si creino problematiche collaterali impattanti, come l’aumento del traffico. La responsabilità è quella di sapere indirizzare, contrattare le migliori opere compensative per il territorio, attrarre finanziamenti che intendano elevare il valore dei quartieri. Noi proponiamo, prima di tutto, di definire il futuro delle tante zone di Verona abbondate o degradate, valorizzando, ad esempio, la vocazione sportiva del quartiere Stadio tenendo sempre il verde come priorità, rilanciando Verona Sud puntando sull’innovazione e la ricerca, agevolando le nuove attività professionali e gli esercizi che vadano ad insediarsi in aree da recuperare attraverso gli sgravi IMU, favorendo i lavoratori under 35 e le imprese femminili. O ancora, incentivare sempre la forestazione urbana all’interno delle operazioni urbanistiche, arricchendo strade e piazze di alberi per mitigare i cambiamenti climatici e l’inquinamento.»

Va detto onestamente, però, che almeno il quartiere ZAI sta subendo e subirà nei prossimi anni una profonda trasformazione. Nel bene o nel male si tratta comunque di smuovere le acque rispetto a un passato decisamente più immobile. In questo senso come giudicate l’operato dell’attuale amministrazione?

«I cambiamenti della ZAI sono già stati evidenti negli ultimi 5-6 anni con novità di forte impatto come l’Esselunga in Viale del Lavoro o l’Adigeo. Ora con Eataly, la nuova struttura alberghiera all’ex manifattura tabacchi ed il ribaltamento del casello autostradale la trasformazione proseguirà in maniera ancora più decisa. È senza dubbio un cambiamento che segna in maniera netta l’intera area e che va affrontato in maniera complessiva, fornendo una visione più ampia ed una direzione chiara. L’operato delle amministrazioni passate non ha avuto queste caratteristiche, ma si è limitato ad incentivare l’intervento del privato senza garantire un ritorno per la collettività.

Un esempio: mentre si realizzano grandi strutture architettoniche che inevitabilmente attrarranno flussi di visitatori, turisti, lavoratori e consumatori, l’intera zona sud di Verona è ancora nettamente divisa dal resto di Verona, senza un collegamento efficiente in termini di trasporto pubblico, senza una rete di ciclabili sicura e continua, con un utilizzo dello spazio pubblico che è nettamente sbilanciato a favore del mezzo privato e dell’asfalto, con un sistema di parcheggi periferici poco incentivato e pubblicizzato. In particolare, quello dell’attuale amministrazione è un operato insufficiente, dettato da logiche approssimative nell’affrontare il tema della riqualificazione, scadenzato dalla frenesia di fare annunci ed inaugurazioni, ignorando nettamente le esigenze del territorio. Emblematica la vicenda dell’abbattimento del muro all’ex ghiacciaia: un’opera che nulla c’entra con l’amministrazione Sboarina ma dove Sindaco, Vicesindaco e Assessore all’urbanistica corrono al muro abbattuto per rivendicare il proprio successo. Sarà pur vero che siamo in campagna elettorale, ma non lo trovate un tantino ridicolo?»

Si dice spesso, parafrasando il titolo di un celebre film, che l’Italia “non è un paese per giovani” ed è innegabile che al momento ci sia in atto uno scontro generazionale fra chi non vuole lasciare gli antichi privilegi e chi invece giustamente reclama il proprio spazio. Qual è la vostra idea, considerando che il vostro movimento è formato in grandissima parte da under35?

«L’Italia non sarà un paese per giovani fin quando i giovani non verranno davvero coinvolti a livello decisionale, fino a quando i giovani non si prenderanno il ruolo che gli spetta: decidere del loro futuro, e non lasciare che siano gli altri a decidere per loro. Anche a Verona vale la stessa cosa. Noi crediamo molto che la città abbia urgente bisogno di un ricambio di classe politica e di classe generazionale, che debba puntare sul futuro per davvero, dunque su chi in questa città vuole rimanere, per studiare, per costruire un futuro lavorativo o una famiglia. Puntare dunque sul trattenere i giovani, negli ultimi 5 anni sono circa quindicimila gli under 35 che hanno lasciato la città. C’è chi si sposta in altre città italiane per lavoro o per studi e poi li rimane e c’è chi si sposta all’estero. Quasi mille giovani veronesi tra i 18 e i 30 anni si sono trasferiti all’estero, nel solo 2020.

È la più grande ricchezza che abbiamo, e ce la facciamo scappare così. Dobbiamo trattenere e far ritornare, ma possiamo anche attrarre da fuori e far rimanere in città tante e tanti nuovi veronesi. In questo l’Università ha un ruolo fondamentale. Una Verona giovane che guarda al futuro è una città veramente universitaria, e UniVr e Comune devono lavorare insieme, fianco a fianco, consapevoli che se cresce una cresce l’altro e tutta la città ne può beneficiare. Il nostro movimento è composto prevalentemente di giovani, ma non solo. Abbiamo tante e tanti che mettono a disposizione l’esperienza dei loro anni in più, ma l’obiettivo è sempre uno: guardare al futuro e lavorare per le nuove generazioni.»

Stanno arrivano in questi mesi in Italia i soldi europei del PNRR e nella Next Generation. Cosa è indispensabile fare con questi soldi, in Italia e in particolare a Verona?

«Serve, innanzitutto, una struttura tecnico amministrativa che sia in grado di fare progettazione e partecipare con efficacia alle tantissime opportunità che, il PNRR ora ma in generale i finanziamenti UE, offrono. Nel nostro programma, ed ovviamente anche tra i punti principali del programma di Damiano Tommasi, c’è la creazione di un apposito ufficio di progettazione europea, realizzato coinvolgendo competenze e professionalità. A partire dall’incontro e la collaborazione con l’Università che è piena di risorse e capacità, vanno valorizzati percorsi di studio ed esperienze lavorative di cui la nostra città è ricca e che devono essere messe in moto ed in contatto con l’amministrazione pubblica. Le altre città vicine a noi sul PNRR stanno correndo. Guardiamo Padova e Brescia, ma anche Mantova e Trento, Bergamo, Bologna. Verona è ferma. Spesso nemmeno partecipa ai bandi, perché è governata da una classe politica priva di idee e ha una struttura tecnica che va assolutamente potenziata ed implementata.

I finanziamenti rappresentano opportunità che altrimenti non avremmo, a partire dalle opere di contrasto ai cambiamenti climatici, l’efficientamento energetico degli edifici, la risoluzione dell’annoso problema della dispersione idrica e degli allagamenti, la realizzazione di un trasporto pubblico all’avanguardia, il raddoppio della rete di ciclabili cittadine, la manutenzione degli edifici scolastici ed il rifacimento degli impianti sportivi, la realizzazione di nuove infrastrutture strategiche per lanciare la ricerca e lo sviluppo a contatto con le realtà economiche del nostro territorio. Queste alcune delle priorità, e potrei proseguire a lungo. Verona può ripartire davvero grazie a queste opportunità, ma serve essere capaci di coglierle.»

Giacomo Cona durante uno incontro promosso da Traguardi

La nostra città ha antichi problemi: il traffico (una delle principali cause di inquinamento), ma anche l’incapacità di fare sistema a più livelli. Qual è la vostra ricetta in questo senso?

«I dati del Piano Urbano della Mobilità Sostenibile ci raccontano che circa ottantamila veicoli si spostano ogni giorno in città, e la metà di questi percorre meno di 5 km. È un dato impressionante, perché significa che una larghissima parte di veronesi usa l’auto per percorrere un tratto lungo al massimo come il tragitto Porta Vescovo – Piazza San Zeno, un tragitto che in 10/15 minuti può essere coperto dalla bici. È evidente che questo rappresenta un grosso problema, non solo in termini di smog ma anche di spazio urbano occupato dalle auto, nonché di sicurezza stradale. Serve un netto cambio di rotta ed un cambio di mentalità, ma è anche difficile pensare che le persone cambino abitudini se manca un’alternativa reale, comoda, efficace. Un’alternativa che avrebbe dovuto essere il filobus. Dal 2011 al 2017 però questo è rimasto fermo, per mero calcolo politico basato sui possibili problemi che i cantieri avrebbero provocato, dal 2017 ad oggi poi la storia che conosciamo bene: mentre il mondo sviluppava nuove tecnologie e città come Padova e Brescia di dotavano di Tram e Metropolitana, il progetto Filovia diventava obsoleto. È stato a malapena iniziato per poi fermarsi sotto l’incertezza dell’amministrazione Sboarina e la sua evidente incapacità di gestire i cantieri.

Un sistema di trasporto di massa a Verona è necessario come l’ossigeno, e deve avere l’obiettivo di dimezzare il traffico auto in favore del raddoppio del trasporto pubblico. Quello che va fatto ora è terminare i lavori dei filobus il prima possibile, perché c’è un contratto in essere e ci sono circa 141 milioni di euro che vanno spesi o verranno persi, e perché se l’infrastruttura viene realizzata poi è possibile migliorarla, ampliandone le tratte, implementandone la tecnologia ad esempio con nuovi mezzi elettrici. Su questo, ripeto, l’esempio di Padova è molto esplicativo. Ha già un sistema di trasporto pubblico realizzato mentre noi attendevamo il filobus, e recentemente è riuscita ad intercettare oltre 300 milioni di euro grazie al PNRR per investire ancora in mobilità. Verona è invece rimasta ferma. E poi bisogna investire davvero in ciclabilità, creando vere e proprie infrastrutture e raddoppiando la rete di ciclabili presente in città. Percorsi continui, dedicati alle sole bici o monopattini, sicuri e ben manutenuti. Perché la ciclabilità diventi un’opzione preferibile da molti più veronesi.» 

La proposta di Damiano Tommasi è arrivata in primis da voi e con il tempo ha preso forma e alla fine è diventata quella accettata da tutto il centro-sinistra, a tal punto che per la prima volta nella storia di Verona questa parte politica si presenta compatta alle elezioni comunali. Già questo può essere considerato un successo per voi?

«Siamo stati molto felici di aver contribuito in maniera rilevante alla candidatura di Damiano Tommasi ed alla creazione della bella realtà che è “Rete!”, una coalizione ampia come mai prima a Verona. Con Damiano siamo in ottimi rapporti fin dal 2019, quando partecipò ad un nostro evento al cinema K2 che si intitolava “Visioni per la città del futuro”, proprio quella “Città del Futuro” che è ritornata anche un anno fa, a fine maggio 2021, presso la Don Milani Middle School di Settimo di Pescantina, sempre con Damiano tra gli ospiti. In quell’occasione lanciammo un grande appello a tutte le forze politiche che vi parteciparono: uniti si può costruire un grande progetto per la città di Verona, si può coinvolgere davvero la società civile e parlare direttamente a cittadini e cittadine, si può vincere.

Ora, arrivati a qualche giorno dal voto del 12 giugno, siamo felici di aver dato il nostro contributo e crediamo più che mai in quello che Traguardi ha portato avanti in tutti questi anni: la città di Verona può rinascere dalle persone che la vivono tutti i giorni e che per troppi anni sono state lontane dalla politica, può rinascere dalle proposte concrete, dal coraggio di scegliere e realizzare le infrastrutture necessarie per una città più sostenibile, dalla responsabilità di premiare la competenza nelle nomine in partecipate ed enti strategici, dal rendere davvero protagonisti i quartieri. Crediamo che la candidatura di Damiano Tommasi rappresenti a pieno tutto questo, la nostra “Verona del futuro” è già iniziata.»

Verona, 17/03/2022: viene presentata “Rete!”, la coalizione elettorale di Damiano Tommasi. Foto di Giorgio Marchiori

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