Nella regione del Darfur, in Sudan, donne e ragazze vivono con il rischio costante di subire un’aggressione sessuale. L’allarme è stato lanciato da Medici Senza Frontiere (MSF) con un comunicato stampa. L’effettiva portata di questa emergenza, continua il comunicato, è difficile da stabilire a causa della scarsità di servizi disponibili e degli ostacoli da affrontare per le sopravvissute nel ricevere cure o perfino parlare di quello che queste donne hanno subito. Tutte coloro che si rivolgono all’organizzazione non governativa in Darfur e in Ciad, che ospita centinaia di migliaia di rifugiati sudanesi, raccontano storie scioccanti di stupri e violenze brutali. La portata della sofferenza è inimmaginabile e anche uomini e ragazzi sono a rischio.

«Donne e ragazze non sono al sicuro da nessuna parte. Vengono aggredite dentro le loro case, mentre fuggono, cercano cibo o legna da ardere o lavorano nei campi. Ci raccontano di sentirsi in trappola» afferma Claire San Filippo, coordinatrice delle emergenze di MSF in Sudan. «Parliamo di aggressioni sessuali spietate, spesso di gruppo. Tutta questa violenza è inaccettabile e deve finire. La violenza sessuale», prosegue, «non è una conseguenza naturale o inevitabile della guerra e può costituire un crimine di guerra, una forma di tortura e un crimine contro l’umanità. Le parti in conflitto devono assumersi le proprie responsabilità e proteggere i civili. I servizi di assistenza alle sopravvissute devono essere potenziati quanto prima per garantire cure mediche e supporto psicologico adeguato».

Le aggressioni, fisiche e sessuali, non avvengono solo durante gli attacchi ai villaggi o lungo le vie di fuga, continua il comunicato Medici Senza Frontiere. La mancanza di aiuti umanitari spinge molte persone ad esporsi a pericoli concreti pur di sopravvivere, come percorrere lunghi ed estenuanti tragitti a piedi o accettare lavori rischiosi. Anche chi decide di non esporsi a questi rischi non è comunque al sicuro: resta isolato, senza fonti di reddito, senza cibo, acqua e cure mediche. Non ci sono decisioni o luoghi sicuri, la violenza può colpire chiunque in qualsiasi momento e contesto, persino all’interno della propria abitazione.

Foto da Unsplash di Yusuf Yassir

Medici Senza Frontiere fa sapere che tra gennaio 2024 e marzo 2025 ha assistito 659 persone sopravvissute a violenze sessuali nel Darfur meridionale. Di queste, riporta MSF, l’86% ha riferito di essere stata stuprata, il 94% delle vittime erano donne e ragazze, il 56% ha indicato come aggressori membri delle forze armate, di polizia o di gruppi armati non statali, il 34% è stata aggredita mentre lavorava o si spostava nei campi, il 31% aveva meno di 18 anni, il 7% aveva meno di 10 anni, il 2,6% meno di 5 anni. Questi dati, riferisce sempre MSF, per quanto allarmanti rappresentano con ogni probabilità una stima al ribasso dell’effettiva entità delle violenze sessuali in Sud Darfur. 

In alcuni casi, segnala Medici Senza Frontiere, «la violenza è stata giustificata dagli aggressori con l’accusa alle donne di sostenere la fazione nemica». Una donna- stando a quanto riportato nel comunicato stampa di Medici Senza Frontiere – ha riferito: «Avevo nello zaino un attestato da infermiera. Quando le RSF l’hanno trovato, mi hanno detto: vuoi curare i soldati sudanesi, il nemico? Hanno bruciato il certificato e poi mi hanno violentata. Alle altre donne, compresa mia sorella, hanno ordinato di restare a terra. Hanno stuprato solo me, per via di quel documento».

Per Medici Senza Frontiere è fondamentale che le sopravvissute a violenza sessuale accedano a cure tempestive: «la violenza sessuale è un’emergenza medica, con conseguenze fisiche e psicologiche potenzialmente letali. Purtroppo, molte donne non riescono ad accedere all’assistenza per mancanza di servizi, per costi di trasporto troppo elevati, poca informazione o per timore di stigma e ritorsioni».

Nel 2024 nel Darfur meridionale – al momento la regione del Sudan col più alto numero di persone sfollate – l’organizzazione non governativa ha avviato un progetto insieme alla comunità locale, che prevede la formazione di ostetriche e operatori sanitari del luogo per offrire contraccettivi d’emergenza e primo soccorso psicologico alle vittime di violenza, e facilitare loro l’accesso alle cliniche e agli ospedali da loro supportati. Da allora, le richieste di assistenza sono fortemente aumentate, soprattutto da parte di donne e adolescenti.

Foto da Unsplash di Kyle Glenn

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