Qualche giorno fa il Messico ha scelto Claudia Sheinbaum come presidente, una scienziata e politica di lungo corso, la protetta del presidente uscente Andrés Manuel López Obrador, per tutti semplicemente AMLO. La notizia della prima donna sul trono del Messico fa scalpore nell’universo mediatico a struttura maschio-centrica e viene osannata come una «vittoria delle donne tutte, non solo mia». Forse però, dovremmo approfondire l’analisi, prima di lasciarci andare all’esultanza.

Elezioni alla Messicana

Il Messico è un Paese dove dilaga la violenza, con numeri altissimi di omicidi, proporzioni enormi di femminicidi e un clima di sicurezza tra i meno rassicuranti al mondo. Oltre alle morti violente, oltre 30.000 di media annua negli ultimi cinque anni, vanno considerate le cosiddette “persone scomparse”, che nel 2022 hanno superato il numero agghiacciante di 100.000, cifra contestata da AMLO che ha avuto parole poco sensibili per le proteste dei genitori arrabbiati, colpevoli secondo il presidente di «ostinata necrofilia».

La violenza riguarda anche il mondo della politica. Solo in “preparazione” alle elezioni del 2 giugno scorso, sono stati assassinati oltre due dozzine di candidati poco graditi. In aprile ben due candidati sindaco in un giorno solo. Morti accreditate ai cartelli, al crimine organizzato, che si fanno subito riconoscere come interlocutori da considerare.

In Messico si vincono le elezioni semplicemente per esser rimasti gli unici candidati vivi, mentre sono sempre meno, specie ai livelli locali, le persone disponibili a rischiare di candidarsi per tentare un cambiamento dall’interno. Siamo insomma lontani dalle «libere elezioni» democratiche acclamate dai media mondiali.

Chi è Claudia Sheinbaum

Come facile intuire dal nome, la neo-eletta ha origini europee e proviene da una famiglia di cultura ebraica che le ha passato l’amore per le scienze. Ha studiato fisica e poi ingegneria energetica, con un dottorato a Berkeley, all’Università della California. Nel 2000 viene presentata ad AMLO, appena eletto sindaco di Città del Messico, che le offre una posizione come segretaria per l’ambiente e da lì ricopre diverse cariche in equilibrio tra carriera accademica e politica.

Nel 2018 diviene la prima donna eletta a capo di Città del Messico, una posizione che tipicamente fa da trampolino alle presidenziali e infatti nel giugno 2023 si dimette proprio per partecipare alle primarie del partito. A settembre diventa la candidata ufficiale del Movimento per il rinnovamento del Messico (per gli amici, MORENA) e conduce una campagna sulla scia di quanto già visto per il suo predecessore.

Un programma già visto

Ne copia le tecniche oratorie, la famosa “lista delle 100 cose da fare” e, a quanto pare, ne eredita la fortuna elettorale. Ma i due sono molto diversi, sotto altri aspetti: AMLO proviene da un contesto sociale svantaggiato, è un underdog che già aveva perso le elezioni precedenti (due volte), è un uomo del popolo, un populista credibile. Sheinbaum, con le sue lauree e la sua infanzia cittadina, appare più vicina all’élite messicana, non nasconde l’amicizia con il magnate Carlos Slim e sembra un ostacolo meno complicato anche per i cartelli del narcotraffico.

Se da un lato rivendica il dogma per cui «non esistono marionette in politica; quando hai il potere, nessuno può manipolarti», dall’altro appare agli Stati Uniti come un interlocutore meno radicale di AMLO, una persona che comprende il liberismo pur riconoscendone tutti i limiti e dichiarando di volere un governo che «metta la lotta alla povertà al primo posto, per il bene di tutti», che promuova le energie rinnovabili ma proceda con il contestatissimo progetto della ferrovia che attraversa (e distrugge) il territorio Maya.

Visto il suo background scientifico, c’è attesa per la politica in tema di cambiamento climatico, visto che la strategia di partito nulla dice sul possibile taglio alle emissioni fossili e prevede anzi nuovi investimenti nella compagnia petrolifera nazionale. Dalla teoria accademica alla realtà il passo non è breve, e nemmeno agile. Più probabile quindi che si riduca a seguire quelli non bravi in tema ambientale, si legga Cina e USA.

Foto da Unsplash di Claudia Salamone

Esercito e cartelli

Con gli USA la attende un’altra scelta difficile, dopo aver criticato la cosiddetta “war on drugs” voluta dal governo americano con la collaborazione dell’esercito messicano. È evidente, come altrove, l’ipocrisia a stelle e strisce: da un lato la guerra ai cartelli, dall’altro sono il principale mercato di sbocco della merce; da un lato criminalizzano i clandestini, dall’altro li sfruttano per i lavori sporchi. AMLO ha avuto sempre un approccio molto “gringo” e niente farebbe pensare a un cambiamento di prospettiva; speriamo in una sorpresa.

Anche sul piano militare, non si vedono grandi prospettive di tornare sulle decisioni di AMLO, per quanto la realtà dei fatti abbia dimostrato che più militari e polizia nelle strade ha solo aumentato la corruzione e gli abusi, non la sicurezza del Paese. Sempre in ottica di democrazia, sono i militari a controllare gli aeroporti e i progetti infrastrutturali e vi è stato un tentativo di riportare la Guardia Nacional entro i ranghi dell’esercito, per fortuna rigettato dal Parlamento.

Donne e desaparecidos

Sia Sheinbaum che la sua sfidante, la senatrice Xóchitl Gálvez, hanno promesso al popolo messicano azioni concrete per proteggere le donne dalla violenza e per la questione irrisolta delle persone scomparse. A dire il vero, la stessa promessa che la presidente aveva fatto alla nomina come sindaca di Città del Messico, con pochissime conseguenze reali.

In Messico vengono uccise in media dieci donne e ragazze ogni giorno (sì, proprio ogni dannato giorno) e sono decine di migliaia quelle scomparse, tra cui le troppe rapite dal crimine organizzato, usate come schiave sessuali e poi gettate in qualche fossa comune.

È il Paese in cui pochissimi casi di femminicidio arrivano ai tribunali, dove le associazioni delle madri e parenti degli scomparsi si mobilitano ma non vengono ricevute, o almeno riconosciute dalla politica. Parlano chiaro i 160.000 omicidi nei quattro anni (e mezzo) di AMLO; urla ancora più forte il rifiuto di Sheinbaum a incontrare una delegazione nazionale di tutti i gruppi di ricerca locali.

Non è solo una questione di genere, insomma; non basta essere donna, madre e perfino nonna. Per comprendere e affrontare certi temi, occorrono altre qualità. E speriamo che Sheinbaum provi a scendere i gradini verso il mondo reale, provi a mettersi vicino alle donne vere, come la sua sfidante che a 10 anni «lavoravo in una fabbrica, mentre tu (la neo-presidente) prendevi lezioni di danza classica».

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