«”L’età dell’oro dei fossili” si sta avvicinando alla fine» mentre «L’elettricità diventerà il “nuovo petrolio” del sistema energetico globale». Sono le rivelazioni shock che l’Agenzia Internazionale dell’Energia (IEA) ha fatto nel documento che ha pubblicato il 26 settembre scorso dal titolo “Net Zero Roadmap (NZE) A Global Pathway to Keep the 1.5°C Goal in Reach” (Un percorso globale per mantenere possibile l’obiettivo dei 1.5°C max incremento di temperatura terrestre): nel rapporto la IEA ha lasciato intendere, per prima volta in modo esplicito, che il mondo è sull’orlo di una svolta storica.

La IEA (International Energy Agency) è una prestigiosa organizzazione intergovernativa fondata nel 1974, dopo la crisi petrolifera del 1973, per fornire dati, analisi e raccomandazioni per elaborare politiche che interessano il settore globale dell’energia. Sono 31 gli stati e 13 le associazioni membri dell’agenzia in rappresentanza del 75% della domanda energetica globale, i suoi report annuali, World Energy Outlook, sono molto apprezzati dai decisori politici, dagli operatori finanziari ed economici di tutto il mondo.

Una svolta storica: il grafico

L’intero rapporto NZE può essere sintetizzato nel seguente grafico, elaborato considerando le politiche messe in atto finora dai diversi governi nel mondo, dove si vedono le emissioni globali di CO2 raggiungere un massimo in questo decennio e azzerarsi nel 2050.

Parlare di riduzione di emissioni di CO2 equivale a parlare di riduzione di consumo di petrolio, carbone e gas naturale.

Politiche rigorose ed efficaci nello scenario NZE stimolano la diffusione dell’energia pulita e riducono la domanda di combustibili fossili di oltre il 25% entro il 2030 e dell’80% nel 2050 – si legge nel rapporto NZE del 26 settembre.

La domanda di carbone scende da circa 5 800 milioni di tonnellate equivalenti di carbone (Mtce) nel 2022 a 3 250 Mtce entro il 2030 e circa 500 Mtce entro il 2050. Il petrolio scende da circa 100 milioni di barili al giorno (mb/g) a 77 mb/g entro il 2030 e 24 mb/g entro il 2050. La domanda di gas naturale scende da 4 150 miliardi di metri cubi (bcm) nel 2022 a 3 400 bcm nel 2030 e 900 bcm nel 2050.”

È stato poi il Direttore esecutivo di IEA, Fatih Birol, in un articolo sul Financial Times del 12 settembre, a spiegare che «L’IEA era cauta nei confronti di tali previsioni, ma le ultime proiezioni mostrano che la crescita dei veicoli elettrici in tutto il mondo, soprattutto in Cina, significa che la domanda di prodotti petroliferi è destinata a raggiungere il picco prima del 2030».

Allo stesso modo «“l’età dell’oro del gas”, come è stata chiamata nel 2011, si sta avvicinando alla fine, con la domanda nelle economie avanzate destinata a diminuire entro la fine di questo decennio». E aggiunge: «Poiché nello scenario NZE l’elettricità diventa il “nuovo petrolio” del sistema energetico globale, la sicurezza dell’approvvigionamento elettrico diventa ancora più importante».

Birol precisa anche che «Questi notevoli cambiamenti sono principalmente guidati dalla spettacolare crescita delle tecnologie energetiche pulite come i pannelli solari e i veicoli elettrici, dai cambiamenti strutturali nell’economia cinese e dalle ramificazioni della crisi energetica globale» a dimostrazione del fatto che «gli sforzi per evitare gli effetti peggiori del cambiamento climatico stanno facendo progressi».

Marketing strategico

Gli esperti di Marketing strategico conoscono bene questa tipologia di grafico, ricorda loro quello che chiamano PLC Ciclo di vita del prodotto, usato per rappresentare l’evoluzione nel tempo della domanda di qualsiasi prodotto, dalla fase di progettazione alla sua eventuale diffusione sino alla scomparsa per sostituzione con nuove possibili alternative.

L’attività strategicamente più importante per un’azienda, più delicata per un policy maker, è intuire quando inizia il declino della domanda del proprio prodotto: da quel momento occorre ridurre gli investimenti e trarre il massimo profitto dalle strutture produttive esistenti prima di dismetterle.

La “Net Zero Roadmap” dice sostanzialmente che sta per iniziare il declino della domanda dei combustibili fossili, la corsa del carbone iniziata alla fine del ‘700, quella del petrolio iniziata alla fine dell’800 e del gas iniziata negli anni ’50 del ‘900 sta per finire, agli operatori del settore spetta quindi il compito di prendere le decisioni conseguenti.

Le reazioni dei produttori fossili

Come era immaginabile il rapporto sta provocando forti discussioni e molte vivaci reazioni.

L’alleanza OpecPlus (Organization of the Petroleum Exporting Countries) con 50 milioni di barili/giorno (*), oltre la metà della produzione petrolifera mondiale, ha risposto con un comunicato ufficiale che contesta apertamente le previsioni IEA, “non supportate dai dati” ed estremamente rischiose perché invitano a disinvestire dalle fonti fossili e porteranno al “caos energetico”. 

L’ OpecPlus, formata nel 2016 raggruppando gli interessi petroliferi di ben 23 nazioni, si comporta come un gigantesco rubinetto che, per influenzare il prezzo del petrolio, può essere aperto o chiuso.

Sono diversi mesi infatti che l’offerta di petrolio viene tenuta a freno, principalmente dall’Arabia Saudita che da luglio ha tagliato di un milione di barili al giorno la propria produzione di greggio mentre la Russia ha ridotto volontariamente l’output di altri 500.000 barili/giorno.

Il prezzo del petrolio nei mercati internazionali si è avvicinato così ai 100 dollari al barile e il Price Cap posto da Europa e Stati Uniti nei confronti della Russia si è frantumato miseramente. La benzina oltre i 2 euro al litro è figlia di questa situazione.

Visto che l’OpecPlus si fonda prevalentemente su rapporti di fiducia tra autocrati, se solo si incrinasse l’alleanza russo-saudita, oppure se ci fosse qualche cambiamento politico all’interno delle due superpotenze capofila, al rally dei prezzi di oggi potrebbe seguire il crollo di domani.

La gestione del declino e la Transizione

Per ora i paesi produttori di petrolio stanno correndo ai ripari, per massimizzare quelli che dovrebbero essere gli “ultimi” guadagni, nello stesso tempo, questa aggressiva politica di “marketing” è la loro risposta a quelle che considerano le due grandi minacce del momento. 

La prima è la transizione energetica, perseguita non solo per motivi economici o tecnologici, ma per esigenze politiche. In questo modo la domanda di prodotti fossili è strutturalmente erosa dal crescente uso di biocarburanti, efuels, auto elettriche e le compagnie occidentali hanno smesso di fare massicci investimenti nell’Oil&Gas per orientarsi verso nuove forme di energia più pulita.

La seconda minaccia proviene dall’aumento dei tassi di interesse da parte delle banche centrali. Una mossa che ha l’effetto positivo di diminuire l’inflazione all’interno dei paesi che l’adottano, ma che rende più rischiosi eventuali investimenti in mercati che si pensano “in declino”.

Questa guerra di dati, interessi e ideologie, venuta ormai del tutto allo scoperto con la pubblicazione di un semplice grafico, contribuisce non solo a rendere il mercato dei fossili ancora più infido e instabile di quanto sia mai stato in passato ma anche a proporre l’urgenza della transizione energetica per cancellarne la dipendenza. 

(*) Un barile corrisponde a 42 galloni USA ovvero, circa 158,99 litri.

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