In una serata dalla temperatura perfetta, davanti ad un pubblico di sopravvissuti al naufragio musicale degli ultimi vent’anni, si è svolto il 29 giugno l’incontro al Murafestival con Cristiano Godano. L’evento, all’interno della rassegna Storyteller, ha visto il giornalista Giulio Brusati condurre la chiacchierata musicale col frontman dei Marlene Kuntz.

Nonostante Giorgio Canali, storico chitarrista emiliano, ritenga che tutti gli artisti della scena alternativa italiana siano dei pessimi personaggi (parafrasiamo il suo linguaggio che, al solito, è molto più colorito), Godano, che avevamo visto a Verona l’anno scorso con i Marlene, si dimostra di contro piacevole, affabile, profondo sia quando suona la sua acustica (una Gibson SJ-200, a occhio) sia quando, prendendo spunto dalla sua trentennale carriera e dalle sue canzoni, tocca, su stimolo di Brusati, alcuni temi interessanti.

Cristiano Godano al Murafestival 2023. Foto di Stefano Magrella

Molti i temi indagati, tra una canzone e l’altra. Canzoni che provengono soprattutto dalla sua produzione solista, ma in cui l’artista inserisce brani della storica band come Sapore di Miele, Lieve, Paolo anima salva e altro, specie da Ricoveri virtuali e sexy solitudini (2010), interpretati con passione anche se, a giudizio di chi scrive, con un suono di chitarra un po’ piatto.

Dal cambiamento climatico a quello del pubblico

Dopo qualche aneddoto curioso – i Coldplay, agli esordi, hanno aperto un concerto dei Marlene Kuntz – si parte con una riflessione che parte sullo spunto dell’ultimo (ottimo) album, Karma clima, con la constatazione del fatto che il cambiamento climatico è politicamente trasversale, così come che gli effetti colpiscono tutti, negazionisti compresi, in una via di mezzo tra il film Don’t Look Up e il bersaniano quando piove, piove per tutti.

Ma è soprattutto interessante il ragionamento sul mondo della musica. Godano afferma che il pubblico degli anni Novanta (la quasi totalità degli spettatori presenti, peraltro) era un pubblico ‘idealista’.

Ovvero intollerante, anche in modo eccessivo, verso il cedimento dell’artista a logiche commerciali, a compromessi, secondo l’idea sottesa per cui un artista vero è puro, e se è puro non può venire a patti con il mercato. Questa potrebbe essere una chiave di lettura per comprendere la disaffezione nel tempo del grande pubblico per i Marlene Kuntz, che Godano rigetta sottolineando con orgoglio che il percorso artistico del gruppo è sempre stato alla ricerca di un’evoluzione, di un cambiamento ma non nella logica dell’inseguimento del mercato e delle visualizzazioni.

Ragionando col senno di poi sulle parole di Godano, forse artisti come Cobain erano il simbolo di un modo di intendere la scena musicale, che dava denaro e fama quasi come effetto collaterale, obiettivo cercato inconsciamente ma non sempre voluto.

Giulio Brusati e Cristiano Godano. Foto di Stefano Magrella.

L’artista oggi è un prodotto

Visualizzazioni, passaggi streaming, afferma Godano, oggi fondamentali nella musica, nonostante inutili ma gloriose posizioni di rifiuto come quella di Neil Young; perché un musicista si affermi dovrebbe viaggiare intorno ai cento milioni di streaming per avere una vera rilevanza. Da questa constatazione, una sua riflessione sulla distanza tra gli ascoltatori di musica di ieri e oggi: per i ragazzi di oggi, l’ascolto di qualità con l’attenzione alla riproduzione del suono non è più così importante, così come risulta per loro perfettamente normale che l’artista sia esso stesso un prodotto, legato indissolubilmente a un proprio merchandising, quasi a diventare un marchio commerciale.

Un’analisi che, nella serata del Murafestival, è rappresentata plasticamente anche dalla composizione dei presenti. Di fronte a Godano un buon pubblico di 40-50enni; dietro, nelle panche di fronte ai punti vendita, bimbetti che pontificano a voce alta su serie tv per far colpo su ragazzine distratte dal cellulare, a un tale volume da rendere talvolta difficile ascoltare la voce di Brusati e Godano.

In situazioni come queste, in cui la parola e il silenzio sono fondamentali allo spirito dell’evento, bisognerebbe forse creare un maggiore spazio tra coloro che partecipano agli eventi e coloro che non capiscono una mazza.

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