Contro la Juventus il Verona ha rimesso in campo il copione visto contro l’Inter a San Siro a fine gennaio: poco gioco, occasioni col contagocce, massimo risultato con il minimo sforzo per gli avversari, e per finire l’alibi della “buona prestazione” contro la big di turno, che fa tanto comodo in sala stampa.

Allegri, vecchio volpone livornese, ha messo in campo una squadra di seconde linee in previsione degli impegni europei della settimana, ben consapevole che contro questo povero Hellas, i rincalzi sarebbero bastati.

Al netto dei primi quindici minuti in cui l’Hellas ha pressato alto e ha costruito azioni pericolose come quella del gol sfiorato da De Paoli, la partita è stata ancora una volta priva di qualsiasi tensione. C’erano pochi dubbi sul fatto che il gol bianconero prima o poi sarebbe arrivato, ma la sensazione che il Verona non l’avrebbe mai e poi mai buttata dentro coi minuti è diventata una certezza. 

La partita perfetta… per Allegri

Il  Verona ha mostrato zero movimenti offensivi e zero convinzione di poter far male. Le scelte sbagliate di Gaich sulle pochissime “occasioni” – le virgolette sono d’obbligo – l’hanno fatto apparire come il peggiore in campo, anche se nel secondo tempo qualche sportellata e qualche palla sporca l’argentino l’ha anche trovata. Il suo compagno di reparto però gli ha fatto buona compagnia: ha sbagliato ogni possibile movimento, stringendo quando serviva allargarsi e tagliando dietro quando serviva anticipare, ha aiutato dietro meno del solito e ha salvato la sua prova solo con un paio di traversoni ben calibrati. Non abbastanza. Neanche lontanamente.

Aggiungi all’intruglio una dormita difensiva in cui Kean ha potuto ricevere palla da solo in mezzo a tre e un centrocampo in cui Tameze deve correre per due e il gioco è fatto. Un vero e proprio invito a nozze per il vate del corto muso che ha potuto affrontare la sfida senza patemi d’animo, aspettando sornione l’occasione del vantaggio e gestendo il vantaggio senza affaticare i suoi campioni.

Proprio com’era successo con l’Inter, il Verona si è consolato pensando al valore dell’avversario e al fatto di non aver preso un’imbarcata umiliante. “Non era questa la partita da vincere”. 

È una retorica semplicemente letale per il Verona. Si è mai sentito di un’impresa impossibile centrata facendo calcoli? I gialloblù di gennaio sono stati per un breve illusorio momento una squadra piratesca, disperata, senza un domani. Quella squadra poteva farcela, poteva centrare l’impossibile e salvarsi giocando solo mezzo campionato. Questa no. 

La buona sconfitta non serve più

Una sconfitta del Verona allo Juventus Stadium è preventivabile – ci mancherebbe – ma per poter sperare di salvarsi l’Hellas avrebbe dovuto perdere con la bava alla bocca e i lividi sulla schiena, certamente non accontentandosi di una fantomatica prestazione che ha di buono solo il risultato stretto.

Probabilmente oggi al Verona sarebbe servita più una sconfitta beffarda e rabbiosa capace di scatenare una reazione piuttosto che una “buona prestazione” da accantonare e mettersi l’animo in pace. E invece Juventus-Verona ha lasciato più interrogativi che sentenze. La gestione di Hien, pronto per la Svezia ma non convocabile per l’Hellas, è un ottimo esempio della confusione e del clima di sbandamento che è tornato ad aleggiare dalle parti di via Olanda dopo che la strada imboccata sembrava essere quella giusta. Un mistero che andrà a sommarsi alle numerose domande senza risposta di questa stagione disgraziata.

I gialloblù continuano a veleggiare verso la retrocessione, con la quota salvezza appena fuori portata e la sensazione che per agguantarla non servirebbe poi chissà quale squadrone, ma solo una convinzione diversa.

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