Il 1° dicembre si celebra in tutto il mondo la Giornata Mondiale contro l’AIDS, una malattia che ancora oggi miete migliaia di vittime ma su cui è scesa da tempo una coltre di silenzio.

Eppure, secondo UNAIDS, al momento ci sono oltre 38 milioni di persone che vivono con il virus dell’immunodeficienza umana, con 1,5 milioni di nuovi infetti ogni anno, un  numero che tende ad aumentare ogni anno. Solo nel 2021 sono morte nel mondo oltre 650mila persone. In Italia si registrano in media dieci nuove infezioni ogni giorno. Un numero che appare piccolo, ma stiamo parlando di quasi quattromila infezioni all’anno.

Un virus che attacca il sistema immunitario

L’HIV (virus dell’immunodeficienza umana, che poi sfocia nell’AIDS) è un virus che attacca e distrugge le cellule CD4, quelle cioè che hanno il compito di combattere le infezioni, e rende quindi una persona più vulnerabile e potenzialmente non in grado di affrontare altre infezioni e malattie, magari di per sé non gravi ma che in questa situazione possono diventare letali.

L’HIV si diffonde attraverso il contatto con alcuni fluidi corporei di una persona affetta dal virus, più comunemente durante il sesso non protetto, ovvero il sesso senza preservativo, o attraverso la condivisione di attrezzature atte all’iniezione endovenosa (siringhe).

Il corpo umano non è in grado, ad oggi, di “sbarazzarsi” dell’HIV perché non esiste ancora una cura efficace. Si può tenere sotto controllo il virus e le aspettative di vita di chi lo ha contratto si sono allungate enormemente negli ultimi tre decenni, ma – allo stato attuale – non ci si può ancora liberare di questo “sgradito invasore”. Una volta contratto il virus bisogna conviverci per sempre, insomma. Entro il 2030, in molti Paesi, tre persone su quattro con HIV avranno più di 50 anni e di questi oltre l’80% avrà almeno un’altra patologia cronica oltre l’HIV stesso, come diabete, malattie cardio vascolari ed epatiche.

Esistono, poi, tre diversi tipi di test: test anticorpali, test antigene/anticorpo e test dell’acido nucleico (NAT). La terapia antiretrovirale (ART) con cui si combatte consiste in un cocktail di sette farmaci che portano con sé effetti collaterali con cui i malati devono convivere quotidianamente.

La malattia dello stigma

L’HIV porta con sé anche un’altra “malattia”, per certi aspetti più subdola e pericolosa: quella dello stigma sociale e della discriminazione. L’ultima ricerca di UNLAIDS ha rilevato, infatti, che il 63% del pubblico non ricorda di aver visto o sentito parlare dell’HIV negli ultimi sei mesi. Di questo 63%, solo un terzo ha affermato di provare empatia per le persone che vivono con l’HIV nonostante il modo in cui l’hanno acquisito.

In 25 dei 36 Paesi in cui è stata condotta l’indagine, oltre il 50% delle persone di età compresa tra i 15 ei 49 anni ha un atteggiamento discriminatorio nei confronti delle persone che convivono con l’HIV. Vari studi sono giunti alla conclusione che la discriminazione può contribuire alla perdita del lavoro in oltre il 50% dei casi in 7 degli 11 Paesi monitorati. Nell’anno 2019, anno di riferimento dell’inchiesta, circa 48 Paesi e territori hanno mantenuto restrizioni che includono il test HIV obbligatorio e l’annuncio come parte delle condizioni per i permessi di ingresso, soggiorno, lavoro e/o studio. In 30 Paesi del mondo, infine, i sieropositivi rischiano di essere denunciati penalmente e finire in carcere.

Un problema di tutti

Lo stigma legato all’HIV, quando porta a violare i diritti umani, è un problema con cui tutti dobbiamo confrontarci. Le persone hanno tutto il diritto di ricevere protezione dalla discriminazione e di vivere un’esistenza dignitosa, in cui atteggiamenti discriminatori non interrompano il godimento degli altri loro diritti, come il diritto all’istruzione, all’assistenza sanitaria, al lavoro, all’accesso alla giustizia, alla privacy, alla famiglia, all’autonomia corporea e molto altro.

C’è poi un altro aspetto della faccenda: le persone che tendono a discriminare gli altri sono soggette a maggiori possibilità di contrarre l’HIV, perché risultano in realtà poco informate. Risulta a dir poco fondamentale il ruolo della scuola, a cui è delegato sempre di più il compito di informare su questi temi, ma in generale, con il diradarsi dell’informazione sulla prevenzione da parte dei media, si sono generate sacche di totale ignoranza del problema, specie nelle fasce più svantaggiate della popolazione. 

Conoscere bene in cosa consiste l’HIV e come si può contrarre e condividere le informazioni con i propri parenti e amici rappresenta un vero e proprio dovere, per tentare di combattere la diffusione della malattia. E quando ci si imbatte in una situazione di discriminazione occorre agire contro di essa, denunciando laddove possibile il fatto.

© RIPRODUZIONE RISERVATA