Si è svolta martedì 29 novembre, presso il Centro Congressi Frentani a Roma, la presentazione del VI Rapporto Agromafie e Caporalato, che vede coinvolti l’Osservatorio Placido Rizzotto, Flai-Cgil Nazionale, e varie università, tra cui anche la Ca’ Foscari di Venezia che ne ha curato una parte.

Molti i nomi significativi presenti tra i relatori e anche tra il pubblico. E c’è stato anche qualche assente “rumoroso”. Uno fra tutti, il neo eletto Ministro dell’Agricoltura e della Sovranità Alimentare, Francesco Lollobrigida, invitato ma non pervenuto.

I numeri e le caratteristiche dello sfruttamento

Locandina dell’evento

Secondo il Rapporto nel 2021 in Italia si sono contati circa 230 mila lavoratori irregolari in agricoltura, il che significa che nel settore primario quasi il 34% degli occupati è irregolare. Uno su tre.

Quasi due quinti delle ore effettivamente lavorate annualmente dai dipendenti agricoli sono irregolari, pari a oltre 300 milioni di ore sul totale di 820 milioni.

Dal punto di vista territoriale, il lavoro illegale è radicato in Puglia, Sicilia, Campania, Calabria e Lazio con tassi d’irregolarità che superano il 40%, ma in molte regioni del centro-nord i tassi d’irregolarità degli occupati sono comunque compresi tra il 20 e il 30%.

Dal punto di vista della nazionalità, tra gli irregolari raddoppiano i migranti, perché hanno più probabilità di possedere quelle caratteristiche di vulnerabilità che li vede più facilmente ricattabili a livello lavorativo. Dal punto di vista contrattuale, in oltre il 70% dei casi si tratta di lavoratori dipendenti. Tra questi si osserva un maggior peso degli occupati che lavorano in regime di part-time. Se si osserva il reddito, infine, in agricoltura si riscontra la tendenza a generare “lavoro povero”, cioè lavoratori con stipendi bassi che spesso non superano il reddito minimo.

I colletti bianchi e il caporalato 2.0

Il Rapporto descrive un nuovo sistema di sfruttamento, che passa dai colletti bianchi, utilizzando un sistema cosiddetto “a scatole cinesi”.

Foro di Andrea Piacquadio, pexels.com

L’appalto e il subappalto illecito vengono gestiti da professionisti del settore notarile e contrattuale. Tramite girandole di pseudo-imprese, spesso false cooperative o srl farlocche, quasi sempre intestate a compiacenti prestanome, si arriva ad avere una sorta di nuova intermediazione illecita di manodopera, che può essere definita “nuovo caporalato” o “caporalato industriale”.

Il caporalato è diventato un un modello di organizzazione del lavoro per imprese che, pur di essere più competitive e di aumentare i propri profitti, calpestano contratti di lavoro, la dignità delle persone e le leggi dello Stato. E il modello non interessa affatto solo l’agroalimentare: parte dai campi e arriva fino agli ospedali e ai macelli.

Le criticità

Ascoltando i numerosi relatori che si sono susseguiti nel corso della presentazione, sembrano essere due le principali criticità emerse dalla ricerca sociologica che sta dietro alla redazione del Rapporto.

La prima è di natura statistica: manca in Italia una banca dati sul lavoro sommerso, sfruttamento lavorativo, lavoro minorile, dispersione scolastica. I numeri faticano ad emergere; i lavoratori sfruttati non si palesano autonomamente e si sottraggono alle interviste. C’è paura, reticenza, ma c’è anche un sistema lavorativo e sociale che non contribuisce ad affrontare con decisione il problema.

La seconda criticità è di genere. Le donne sfruttate nel settore agricolo aumentano. E purtroppo, le lavoratrici sono sfruttate in forma triplice, a differenza dei colleghi maschi.

Lo sfruttamento è di tipo salariale (le donne arrivano a prendere il 50% di stipendio in meno), logistico (spesso vivono segregate) e sessuale (le lavoratrici spesso subiscono minacce, aggressioni e pressioni per concedere rapporti sessuali in cambio di un arrotondamento dello stipendio o di tranquillità nei confronti delle loro famiglie).

Gli approfondimenti a Nord

Foto dalla Presentazione online di L.Cappellazzo

Come ogni anno il Rapporto offre alcuni approfondimenti territoriali. In questo caso sono stati esaminati provincie del Friuli-Venezia Giulia, Veneto, Calabria e Sicilia.

In Veneto le aree comunali di particolare eccellenza alimentare selezionate sono state Valdobbiadene, Conegliano, Asolo, Montebelluna e Oderzo, tutte in provincia di Treviso.

Questo a rimarcare che il caporalato al Nord non è più un fenomeno marginale.

La cronaca

Giovanni Mininni, segretario generale di Flai-Cgil Nazionale, nell’introduzione ai lavori ha voluto ricordare ai media che “un uomo solo non è mai la soluzione; e ci sono moltissime realtà che si occupano di caporalato da tempo, perché i problemi complessi si affrontano solo unendo le forze e le competenze”.

Bruno Giordano, Direttore dell’Ispettorato Nazionale del lavoro invece, ha voluto ricordare invece un altro lavoratore di origine ivoriane: Daouda Diane, che da cinque mesi è scomparso.

Diane faceva il mediatore culturale e arrotondava con lavoretti saltuari. Più volte aveva denunciato le condizioni di sfruttamento dei lavoratori migranti nel ragusano, ed è per questo che la sua scomparsa ha destato preoccupazione. La Procura di Ragusa sta investigando per omicidio ed occultamento di cadavere.

Perchè, ha ribadito Giordano, chi si mette contro il sistema di sfruttamento rischia ancora la propria vita.

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