Dopo essere stato presentato al recente Festival del cinema di Venezia nelle giornate dedicate agli Autori, “Acqua e anice”, terzo lungometraggio prodotto dalla veronese Kplus Film, sbarca finalmente nelle sale. Si tratta di un road movie al femminile, con protagoniste Stefania Sandrelli e Silvia D’Amico oltre alla partecipazione di Paolo Rossi e la regia di Corrado Ceron.

Verona avrà l’occasione di vedere in anteprima il film mercoledì 2 novembre al Cinema Kappadue in via Rosmini, con tre proiezioni dedicate: alle 16.30, alle 18.30 e alle 21. Per celebrare l’evento regista, attori e produttori saranno presenti in occasione delle ultime due proiezioni per incontrare il pubblico scaligero.

Ne abbiamo parlato con Nicola Fedrigoni, una delle due “anime” di Kplus, che insieme a Valentina Zanella (co-sceneggiatrice del film e a sua volta regista e autrice) ha dato vita con la loro casa di produzione, a una delle realtà cinematografiche più interessanti e solide dell’intero panorama nazionale.

Fedrigoni, dopo la grande emozione vissuta Venezia ora per voi l’emozione di vedere finalmente la vostra creatura nelle sale…

«Si, e sono molto contento di poter presentare l’opera per la prima volta al pubblico nella nostra città, da cui in fondo parte tutto, per noi.»

Verona in realtà non è presente nel film ma rimane appunto al centro delle vostre attività. Ci racconta quanto può essere complicato fare cinema nella nostra città?

Nicola Fedrigoni

«Non è facile perché siamo lontani dal cuore pulsante del cinema canonico in Italia, che è quello romano. Devo dire, però, che questa lontananza ci dà quel senso di libertà che ci permette di scegliere. Poter decidere liberamente, poter fare un vero cinema indipendente che non deve sottostare a giochi di potere, senza piattaforme o sostegni di qualsiasi natura rappresenta per noi un grande lusso. Lo facciamo con il gusto e il piacere di fare cinema con le nostre forze. La nostra società lavora ormai da vent’anni nell’ambito cinematografico e questo ci permette di poter reinvestire gli utili nelle nostre produzioni.»

Questo è il terzo lungometraggio di Kplus, anche se avete in realtà fatto moltissime altre cose, come numerosi docufilm e cortometraggi. Facciamo comunque un bilancio di quello che è successo fino ad ora…

«Il primo film, “Finché c’è prosecco c’è speranza” con Giuseppe Battiston, era andato molto bene, è ancora oggi richiama l’attenzione di tanto pubblico. Su “Si muore solo da vivi” del veronese Alberto Rizzi, a causa del Covid, abbiamo purtroppo avuto poca visibilità nelle sale cinematografiche, ma il film sta andando molto bene nelle piattaforme in streaming e siamo comunque molto contenti. Abbiamo instaurato un ottimo rapporto con Fandango che spesso ci affianca nella distribuzione, che ci dà la garanzia di avere una visibilità nazionale.»

Da sinistra, Silvia D’Amico e Stefania Sandrelli in una scena di “Acqua e anice”.

Dopo “Si muore solo da vivi” siete tornati in Emilia Romagna anche con il successivo “Acqua e anice”. Come mai?

«È il frutto di una ricerca certosina delle location, che noi da sempre curiamo nel dettaglio per avere quelle più adeguate al progetto e al racconto. In questo caso è capitata nuovamente l’Emilia Romagna perché il film la richiamava, con la sua leggerezza e poesia. “Finché c’è prosecco…” era stato girato interamente in Veneto, nelle colline del Valdobbiadene, mentre “Si muore solo da vivi” in realtà a metà strada fra Veneto e Romagna. Il prossimo? Chissà (Fedrigoni sorride, lasciando intendere che con il prossimo film si potrebbe “tornare” in Veneto, ma senza rilasciare ulteriori dettagli, ndr).»

Il regista Corrado Ceron ci ha confessato qualche tempo fa che quando ha scritto la sceneggiatura ha pensato subito a Stefania Sandrelli…

«Nel momento in cui è venuto a proporci il suo soggetto noi gli abbiamo sottoposto alcune nostre possibili visioni, fra cui Stefania, che sicuramente era la più adatta. Abbiamo poi deciso insieme di riscrivere proprio su di lei lo script, che effettivamente calza a pennello sulla sua figura. Ci abbiamo lavorato molto e non è stato semplice avere un personaggio di questo calibro per il nostro film, ma poi abbiamo ottenuto la sua collaborazione e tutto è stato più semplice. C’è da dire che la storia aveva colpito la Sandrelli fin da subito, anche perché lei in famiglia aveva vissuto una situazione simile a quella raccontata nel film e quindi ha voluto fortemente partecipare al progetto. Capendone la forza e la potenza.»

Nel film si ride, si piange. Ci sono tante emozioni… considerando anche i precedenti lavori si può dire che questa è un po’ la “cifra stilistica” di Kplus?

«Più che altro è la cifra stilistica di un film che va oggi al cinema. L’idea di chi va al cinema oggi è quella di vivere le emozioni, che ovvio con la sala, il grande schermo, il suono, ti trascina in modo diverso rispetto alla propria tv e il salotto. Quindi sì, portate un po’ di fazzoletti.»

Stefania Sandrelli, Paolo Rossi e Silvia D’Amico

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