Si è aperta il 31 agosto la 79° edizione della Mostra internazionale d’arte cinematografica, a distanza di 90 anni dalla nascita del più antico festival del cinema, le cui prime proiezioni avvenivano sulla terrazza dell’orientale Hotel Excelsior.

i titoli sono davvero molti, i film in concorso 18 di cui 5 gli italiani in gara per il Leone d’Oro: Il Signore delle formiche di Gianni Amelio, Bones and All di Luca Guadagnino, Chiara di Susanna Nicchiarelli, L’Immensità di Emanuele Crialese, Monica di Andrea Pallaoro. In totale comunque i film italiani presenti alla mostra sono 25.

In questo contesto due sono i film ucraini mentre non sono stati accettati i film russi.

Tàr, Monica, Come le tartarughe: donne messe alla prova

Qualche nota qui e là su alcune visioni di questi giorni aprono gli occhi su un mondo variegato, frammentato, alla ricerca di senso che si incrosta nelle emozioni del momento, una realtà spesso vista attraverso l’occhio femminile nel rapporto con il maschile o con l’identità di genere.

E’ il caso di Tàr di Todd Field (Venezia 79°) , la storia vera di una direttrice d’orchestra e delle sue vicissitudini sia legate al ruolo femminile ancora inusuale nel mondo della musica classica, sia per la condizione di vita che si esprime con la scelta di una famiglia alternativa di due donne e una bimba, chiave di volta del film. Cate Blanchett molto intensa interpreta Lydia Tàr, prima donna a dirigere l’orchestra dei Berliner Philharmoniker, forte nel rivendicare la sua professionalità e la sua arte, drammatica nella scelta dello stile di relazioni.

Il logo dell’edizione 2022 della Biennale Cinema, la cui nascita risale a novant’anni fa. Foto Cristiana Albertini.

Così in altro modo e in un contesto molto diverso ecco Monica (Venezia 79°) di Andrea Pallaoro, una donna molto bella e molto in crisi che deve affrontare un incontro imprevisto con la madre malata e anziana lasciata molti anni prima, un percorso di riconoscimento interiore e di ricongiunzione familiare, la riscoperta di sé. L’attrice è Trace Lysette dai tratti particolari e forti, l’occhio della telecamera spesso si sofferma sul suo volto quasi a scandagliarne i sentimenti. Il mondo di Monica «riflette sulla natura precaria dell’identità quando è messa alla prova della necessità di sopravvivere e trasformarsi», dice il regista, sembra un leit-motiv costante dei film visti finora.

Ancora una donna adulta in un momento di crisi per Come le tartarughe (Biennale College Cinema) di e con Monica Dugo, al primo esordio come regista. Lisa ha due figli, vive in una bella casa con tanto di domestica straniera ha un grosso problema con il marito e, tradita, si rinchiude nell’armadio di casa. Sveva, la figlia quindicenne, sarà la svolta e il recupero della storia, speciale l’incontro tra la psicologa e la mamma con una dichiarazione spietata e veritiera che darà la possibilità a Lisa di uscire allo scoperto.

Identità, amore, solitudine

Molto controverso il film L’Immensità di Emanuele Crialese ( Venezia 79°) con un ruolo femminile intenso interpretato da Penelope Cruz. Siamo di fronte a una storia triste contornata da tre figli e da un marito freddo e anaffettivo, un copione in parte già visto. Il focus pare essere la figlia tredicenne ( la giovanissima Luana Giuliani) che non sa se essere Adriana o Andrea, in un momento di passaggio della pubertà adolescenziale e che oggi viene esaltato.

Penelope Cruz, protagonista del film di Emanuele Crialese L’immensità.

Un passaggio problematico e controverso, a mio parere, è il rapporto con la scuola “delle suore”, in particolare non tanto il clima contestabile di quegli istituti ( anni Settanta), quanto la scelta di inserire un paio di scene che sgretolano in modo notevole la sacralità dei gesti e del luogo.

Altro stile ma stessa condizione nei due film con un’unica protagonista femminile: Un Couple di Frederick Wiseman con Nathalie Boutefeu, un monologo tratto dalle lettere di Sofia, moglie di Lev Tolstoj in una sorta di fluire di dichiarazioni miste tra amore, delusione e consapevole tristezza, e The Listener di Steve Buscemi (Giornate degli autori) con Tessa Thompson nei panni di una assistente volontaria che ascolta ininterrottamente i problemi delle persone in difficoltà, un call-center di auto aiuto che rivelerà anche una parte dell’anima della protagonista.

Dalla guerra in Siria alla poetica di Inarritu

Per ultimo il poetico e magico Nezouh di Soudade Kaadan (Orizzonti Extra), regista siriana nata in Francia che racconta la storia di Zeina, quattordicenne rifugiata in casa con i genitori isolati e soli in un quartiere di Damasco, una bomba improvvisa squarcia il tetto e le pareti e la vita cambia. Un modo diverso di raccontare una guerra pesante e violenta. Il rapporto coraggioso tra mamma e figlia si risolve in una fuga che ricostruisce la relazione familiare, nonostante tutto.

Di tutt’altro genere Bardo, falsa crònica de unas cuantas verdades di Alejandro G.Inarritu e Padre Pio di Abel Ferrara. Inarritu narra in un lunghissimo racconto una buona parte di sé, una sorta di autobiografia a scale in cui si scende o si sale a seconda del simbolo o del fatto del momento, scale che ruotano, si incastrano o si spezzano come quelle di Escher.

Per dire che Bardo entra ed esce dagli schemi della linearità, la storia si ricostruisce legando qualche filo tra avanti indietro sopra e sotto, non lineare quindi ma circolare. Alcune scene sono di poetica meraviglia, un simbolismo acuto unito spesso ad una materialità cruda della realtà, come quelle iniziali sia dell’ombra sopra il deserto sia il parto non riuscito. Un film che dice davvero molto, anche del dibattito tra i confini Messico/Stati Uniti, tra chi resta e chi emigra, tra una fetta di America Latina e di Usa.

Padre Pio secondo Abel Ferrara

E per ultimo un film controverso e non facile, Padre Pio di Abel Ferrara, che ritrae la prima parte della vita di Padre Pio quando arriva a San Giovanni Rotondo sul dorso di un mulo. Girato in Puglia, il film ripercorre in parallelo i primi passi del frate al convento di Santa Maria delle Grazie e l’efferato eccidio dei potenti del luogo a danno dei contadini nel 1920. Complesso e delicato l’accostamento soprattutto quando si raccontano scene e momenti della vita di Padre Pio, uno dei santi più grandi del secolo scorso.

Il regista Abel Ferrara, al centro, durante la conferenza stampa di presentazione del film Padre Pio, girato lo scorso gennaio in Puglia. Foto Cristiana Albertini.

In alcuni momenti si ha la sensazione che la lotta col Male sia un pretesto, quasi l’unico modo per conoscere Padre Pio nel film. Toccanti i momenti dell’Eucarestia e della persecuzione dei contadini. Un film a tratti coraggioso ma anche poco chiaro, anche se ricavato dagli scritti e dalle lettere del protagonista. Nell’intervista alle Giornate degli Autori Abel Ferrara dice che «Padre Pio era un uomo di compassione, di pietà, di confessione. Aveva sempre una risposta positiva». La storia e i testimoni ci dicono che sapeva essere anche molto duro, scorbutico e molto esigente con le persone (si vede nella scena con Asia Argento). 

Questa Biennale cinematografica raccoglie temi di stretta attualità e soggetti più di ampio raggio sociale e storico. Ma questo è solo un assaggio, limitato e molto personale, sull’edizione in corso, che si concluderà sabato 10 settembre.

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