Luca Mercalli, torinese classe 1966, è una delle persone più ricercate dai giornalisti, al momento.

Climatologo, glaciologo, instancabile divulgatore scientifico, scrittore prolifico (“Io sono fatto di libri” dice di sé), conferenziere ospitatissimo, relatore eccellente, ha condotto due edizioni di “Scala Mercalli” andato in onda su Rai 3, fonda musei, presiede dal 1993 la Società Meteorologica Italiana, nata nel 1865 , ha ideato e dirige la rivista internazionale di metereologia “Nimbus” e la collana di monografie climatologiche “Memorie dell’atmosfera. È docente a contratto in varie università ed è stato membro del consiglio scientifico di ISPRA e consulente della Commissione Europea. 

Persona squisita, cortese e precisa, spiega concetti scientifici con parole piane che tutti possono capire e sfoggia una collezione invidiabile di raffinati papillon.

Gli abbiamo fatto qualche domanda, in prospettiva del prossimo sciopero globale del clima che si terrà, anche nella nostra Verona, il prossimo 23 settembre.

Mercalli, che cosa ne pensa dell’appello per il clima rivolto da un gruppo di scienziati ai politici? La petizione ha ormai raggiunto le 9000 firme (al 5 agosto, ora ha superato le 150mila n.d.r.). L’eurodeputata Eleonora Evi ha chiesto che anche lei, in quanto direttore del Comitato scientifico di Europa Verde – Verdi , sia coinvolto. Che cosa ne pensa, secondo lei cosa risponderanno i nostri politici?

«È l’ennesimo appello formulato da scienziati alla classe politica. Ce ne sono stati tantissimi in 50 anni, in tutto il mondo. Sono molto scettico, dubito che verrà ascoltato, finora non è successo mai.»

Se i politici hanno il potere e il dovere di esercitarlo e quindi possono intraprendere azioni, che cosa compete a noi cittadini? Cioè che cosa possiamo fare nell’immediato per dare una mano alla situazione critica in cui ci troviamo?

«Innanzitutto essere consapevoli, è il prerequisito, informarsi, insomma sapere di che cosa si sta parlando. E poi attivare buone prassi e attivarsi, anche. Il problema connesso alle tematiche ambientali è che pochissimi si attivano perché non si ha tempo o richiede sforzi. Questa è la giustificazione più gettonata.»

In questi giorno sta circolando un articolo dal titolo, cito testualmente: “Oscurare quel ca**o di sole”, in cui si presenta quella che non sembra più tanto una teoria ma un destino per cui, di fronte all’aggravarsi della situazione climatica la popolazione chiederà ai governi di usare qualsiasi tipo di tecnologia anche estrema per porre rimedio e quindi l’ipotesi di oscurare il sole rendendo l’aria opaca pare molto plausibile. Ci arriveremo o saremo salvati da voi scienziati?

«L’abitudine attuale è quella di usare soluzioni estreme piuttosto che prevenire. Invece che cambiare abitudini, agire sul proprio stile di vita e quindi fare sicuramente dei sacrifici si preferisce una soluzione  estrema, fantascientifica, costosissima, quasi irrealizzabile e dagli effetti incerti e pieni di incognite.» 

Provocare artificialmente la pioggia sarebbe una cattiva idea? E danneggerebbe la Natura?

«Non serve a niente: i primi esperimenti sono iniziati negli anni ‘60 ma non hanno mai portato a nessun risultato, cioè non è possibile stabilire se la poca pioggia ottenuta sia stata provocata per esempio bombardando le nubi con lo ioduro d’argento oppure sarebbe comunque caduta dalla nube naturale. Chi parla di queste cose è rimasto fermo agli anni ’60. Guardi, le faccio un esempio: in California hanno avuto vari anni consecutivi di siccità e se li sono fatti tutti. Se non sono riusciti a trovare una soluzione loro, che sono molto avanti  in tutte le tecnologie, non ci riesce nessuno.»

Un modo per sfuggire al gran caldo e all’inquinamento che lei suggerisce (e lo ha scritto nel suo libro) è quello di trasferirsi in montagna. Ma la montagna sopporterebbe bene?

«Solo in un certo numero. Al momento abbiamo in Italia un’enorme superficie di montagna spopolata, abbandonata. Si tratterebbe di ripristinare ciò che è stato lasciato andare, di riempire un vuoto. C’è lavoro per vent’anni, con il vincolo di ristrutturare solo l’esistente e non cementificare nuovo territorio.»

A proposito di montagna: adesso dopo la tragedia della Marmolada le risulta che Lombardia e Veneto stiano rivedendo le grandi manovre relative alle olimpiadi 2026? Lei nel suo “Salire in montagna”, nel capitolo “venerdì 15 novembre 2019” che tutti dovrebbero leggere, racconta cosa sia stato lo scempio delle montagne piemontesi per le olimpiadi invernali del 2006.

«Assolutamente no, nessuna marcia indietro, perché gli interessi sono altri. Altrimenti almeno un sopralluogo, da noi in Piemonte, lo avrebbero fatto e avrebbero visto gli impianti ridotti oggi in ruderi inutilizzati e avrebbero evitato di ripeterlo.»

E parlando di giovani, Greta Thunberg è riuscita a coalizzare migliaia di giovani in tutto il mondo sull’argomento clima. Adesso è spuntato un nuovo gruppo, ossia “Ultima Generazione”. Si incollano alle opere d’arte nei musei…

«Ma ben vengano i giovani e i nuovi gruppi. Il fatto è che sono costituiti da pochissime persone con poco seguito. Quello che le dicevo prima sull’attivarsi. Credo che la società sia suddivisibile in un 10% di persone che si interessano di queste tematiche, un 80% di assolutamente indifferenti e quindi che non si interessano e un 10% di negazionisti.»

Come si diventa climatologo? E che sbocchi lavorativi ci sono?

«Adesso ci sono tantissime opportunità didattiche in questo campo proprio a causa del cambiamento climatico, sia in Italia ma soprattutto all’estero. Consiglio per esempio l’Università di Trento in cooperazione con Innsbruck.»

E quale libro ci consiglierebbe caldamente? Quale film? Quale museo?

«Io posseggo, a casa, mia, circa 6.000 libri. Altri 10.000 sono nella biblioteca della associazione che presiedo. Io sono fatto di libri che ho poi trasferito in quelli che ho scritto. Perciò consiglio i libri scritti da me: “Non c’è più tempo” per esempio è molto adatto ai ragazzi e al loro futuro, “Il clima che cambia” è un manuale per capire il riscaldamento globale, e poi “Salire in montagna”. Per quanto riguarda il museo consiglio l’ultimo che ho realizzato,  cioè il Climapark nel Parco Nazionale del Gran Paradiso, ai quasi 2000 metri della diga di Teleccio. Il film invece è senz’altro “Into the Ice” di Hans Ostenfeld che ha una fotografia mozzafiato, bellissimo veramente e importante per il messaggio che propone sulla ricerca glaciologica in Groenlandia

Infine: ogni tematica ha la sua giornata, quale secondo lei andrebbe festeggiata, specialmente nelle scuole?

«Direi il 23 marzo, perché ricorre la Giornata mondiale della meteorologia che si può accoppiare al 22 marzo che è la Giornata mondiale dell’acqua.»

Chi fosse interessato a sostenere le attività a difesa del clima, promosse dallo scienziato Luca Mercalli, può associarsi a Società Metereologica Italiana riceverà anche la rivista Nimbus, fruirà di sconti e convenzioni e può consultare il bollettino aggiornato online.

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