Esiste già in Asia una regione in cui le api sono scomparse e l’impollinazione deve essere fatta dall’uomo, manualmente, con un pennellino.

Lascia un nodo in gola, vero?

Purtroppo è un fatto testimoniato al Festival del Giornalismo di Verona da Adelina Zarlenga e Monica Pelliccia, giornaliste autrici del loro libro-inchiesta “La rivoluzione delle api. Come salvare l’alimentazione e l’agricoltura nel mondo”, e inquieta soprattutto se in precedenza si è letto il romanzo distopico della norvegese Maja Lunde, “La Storia delle api”.

Un’affermazione spaventosamente documentata, che rende incombente e tangibile un futuro dove ad essere a rischio è la sicurezza alimentare globale.

Senza api, tavole vuote

Le api infatti sono forse gli impollinatori più noti, senza il lavoro dei quali le nostre tavole sarebbero vuote. Da esso dipende infatti il 35% della produzione globale, poiché di tutte le piante al mondo che forniscono cibo e prodotti per l’industria alimentare l’80% richiede l’impollinazione.

Può una persona contribuire ad arginare il cambiamento climatico e invertire il trend di estinzione delle specie a rischio?

Sì, tutti abbiamo un potere quotidiano, concreto, che esercitiamo continuamente. È il consumo, insieme alle piccole azioni. Se pensassimo che ogni acquisto equivale a un voto, ci comporteremmo diversamente?

Le azioni per cambiare il corso della storia

In una società in cui le imprese rispondono alla domanda, uno scontrino dopo l’altro abbiamo la possibilità di influenzare la forza produttiva. Acquisto consapevole presso produttori locali per evitare trasporti lunghi e inquinanti, consumo di prodotti agricoli di stagione, scelta di aziende che non usano fertilizzanti chimici dannosi e che trattano i dipendenti in modo etico, preferenza per prodotti con poco imballaggio…

Sono alcuni spunti, e poi ci sono azioni concrete di sostegno a chi, meglio di noi, tutela questi fondamentali insetti.

Esistono molte cause e battaglie importanti, avvertite spesso con urgenza e trasporto soprattutto dai millennials (la mia generazione) e i più giovani.

Tra le mie, ho scelto le api perché il mio amico Alvi (anche se amico è riduttivo), nel tempo troppo breve che la vita gli ha concesso, mi ha regalato l’opportunità unica di intravedere perché questi piccoli insetti lo appassionavano tanto. E ora glielo devo, glielo dobbiamo. Alvise Trincanato ci è stato portato via nell’estate del 2019 e le parole, almeno le mie, non sanno esprimere il dolore e il vuoto lasciati. La meraviglia che tuttavia ci resta è custodire quella che mostrava lui rispetto al mondo, da vedere ed esplorare a testa in su, per non perdersi nulla. Architettura, agricoltura sostenibile e le favolose api.

Il progetto “A testa in su” a Verona

È nata così “A testa in su“, associazione di promozione sociale in sua memoria.

Oggi le api di questo progetto sono in alcuni spazi cittadini, in accordo con il Comune di Verona e con l’aiuto dei soci che supportano l’associazione e che mirano sia  a sensibilizzare la cittadinanza circa l’importanza della biodiversità e delle strategie di sviluppo sostenibile, sia a monitorare la qualità dell’aria di Verona, un vero termometro ecologico per la città.

Quattro arnie sono nel parco del Grande Giarol e hanno già visto la prima smielatura, altre quattro sono state recentemente posizionate ai piedi del Bastione delle Maddalene, un posto del cuore dove Alvise, con l’associazione RiVer, aveva organizzato eventi di rigenerazione urbana ai fini della sua valorizzazione.

Monitoraggio degli alveari

Uno degli obiettivi di “A testa in su” è infatti collocare le arnie in alcuni luoghi della città, al fine di contribuire alla creazione di un progetto diffuso di apicoltura urbana a Verona. Le arnie, posizionate in spazi pubblici concordati con l’amministrazione cittadina, sono curate grazie alla collaborazione di apicoltori professionisti, incaricati anche della manutenzione ordinaria promossa dall’associazione, e saranno presto dotate anche di un sistema di monitoraggio ad alta tecnologia 3bee hive-tech.

Un progetto innovativo elaborato da una startup italiana con il contributo dei fondi Horizon 2020 dell’Unione Europea, in grado di fornire informazioni sulla qualità del miele prodotto, sui pollini raccolti, e anche sulla qualità della vita all’interno dell’alveare, che dipende in larga parte dalla qualità dell’aria: un’occasione, per il Comune di Verona, per distinguersi come comune virtuoso nell’ambito delle politiche connesse alla sostenibilità ambientale, in linea con numerose città italiane e internazionali.

Le arnie sono visibili e l’associazione è disponibile per supporto didattico di scuole e altre realtà interessate.

Per appassionarsi basta poco e alcune di queste curiosità potranno accendere l’interesse dei lettori.

Quelle che vediamo oggi, chiamate arnie razionali, sono basate su un modello messo a punto nel 1851 da Lorenzo Lorraine Langstroth, pastore protestante di Andover nel Massachussetts (USA) e considerato il padre dell’apicoltura moderna. All’interno di ciascuna arnia vivono circa 50.000 api, ma se l’ambiente è favorevole possono essere anche di più.

Spesso le arnie sono colorate per aiutare le famiglie di api a ritrovare la strada di casa, ma attenzione, nonostante un’ape abbia due occhi composti e tre occhi semplici, detti ocelli, e veda a 360 gradi, non riconosce il colore rosso.

Cinque occhi eppure senza una bocca vera e propria: per succhiare il nettare infatti le api usano una specie di proboscide che viene chiamata ligula che arriva fino a 8 mm di lunghezza. Un’ape può volare a 24 km/h e ha una sofisticata tecnica di atterraggio. Fanno anche dei “pisolini” di 30 secondi, ma non sono pigre: in un solo volo di ricognizione un’ape può visitare 50-100 fiori. Gli studiosi stimano che per un solo chilo di miele una singola ape dovrebbe volare per circa 150mila chilometri, quasi quattro volte il giro della Terra, con 60mila voli di andata e ritorno dall’alveare ai fiori.

Tra loro, le api comunicano al fine di condividere informazioni sull’ubicazione di una sorgente di cibo. Come? Danzando! Si distinguono vari tipi di danze, tra cui una circolare e una detta a otto. La prima è la più semplice, se il cibo è vicino, la seconda più complessa perché in questo caso indica con precisione la fonte di cibo e copre distanze più elevate. A seconda della direzione, del movimento dell’addome, della velocità, si parte! I punti di riferimento per orientarsi? Casa (l’arnia) e il sole. Ovvio, no?

“A testa in su” s’impegna a fare conoscere gli edifici del passato, far rivivere i luoghi del presente, prendersi cura del paesaggio per il futuro. E guardare sempre il mondo con uno sguardo nuovo. A testa in su.

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