Ristorazione: serve un cambio di passo che – grazie al Green Pass – coniughi economia e salute; e scongiuri nuove chiusure o altre restrizioni per ristoranti, trattorie, pizzerie e bar.

La lettera della Fipe, la Federazione dei pubblici esercizi di Confcommercio, al premier Draghi su questo argomento può contribuire ad aprire una nuova stagione, dove gli imprenditori della ristorazione possano tornare ad avere certezze. Ed evitino di dover perdere altro fatturato, e con esso anche manodopera qualificata, o addirittura di dover chiudere.

Quando si svolta e si cambia passo, però, occorre farlo in tutte le direzioni. Ed è necessario che tutti gli attori svolgano il proprio ruolo: il governo da un lato, con le sue articolazioni ministeriali e gli esperti; e gli imprenditori dei pubblici esercizi dall’altro.

Ristorazione e Green Pass: la posizione della Fipe

Cosa dice la Fipe? Afferma, in modo assai condivisibile, che il ritorno alla stagione delle misure restrittive sulle imprese deve essere scongiurato in ogni modo e lo strumento migliore per raggiungere il risultato è il Green pass.

Perché ciò si realizzi – spiega la Federazione dei pubblici esercizi – occorre collegare l’utilizzo progressivo del Green Pass all’evoluzione del quadro epidemiologico. Come? Prevedendo che il cambio di colore delle Regioni si accompagni proprio a un uso più estensivo del certificato.

In questo modo – è il ragionamento della Fipe – si raggiungono tre risultati:

  • si incentiva la campagna di vaccinazione;
  • non si penalizza la stragrande maggioranza degli italiani che hanno scelto responsabilmente di vaccinarsi;
  • non si ferma neppure una sola impresa.
Il presidente Fipe, Lino Enrico Stoppani

La posizione di Fipe Confcommercio è in una lettera del presidente, Lino Enrico Stoppani indirizzata al premier Mario Draghi e ai ministri competenti GaravagliaGiorgetti e Speranza. Una lettera analoga è stata spedita dalle associazioni territoriali all’indirizzo dei rispettivi presidenti di Regione.

“Serve un cambio di passo”, sottolinea il presidente della Fipe, Stoppani. “Questo per fare in modo che la massiccia campagna vaccinale non solo prosegua speditamente. Ma serva proprio a coniugare la tutela della salute con la salvaguardia dell’economia”. 

“Ancora oggi, purtroppo, se peggiora il quadro sanitario si interviene con misure restrittive sulle imprese“, osserva Stoppani. “Ora, con 36 milioni di persone vaccinate con doppia dose, è possibile cambiare approccio. La nostra proposta è quella di estendere progressivamente l’uso del Green Pass. Come? Collegando i livelli di rischio con cui si classificano le regioni all’utilizzo progressivo della certificazione verde: man mano che peggiora il quadro sanitario, si amplia la platea di attività e servizi nei quali si accede con il Green Pass“.

“Ci sembra il modo migliore per incoraggiare la campagna di vaccinazione, tutelare la libertà di chi ha scelto responsabilmente di vaccinarsi e superare definitivamente la faticosissima stagione delle chiusure o limitazioni alle attività, in particolare proprio dei pubblici esercizi”, dichiara il presidente della Fipe.

Il bancone di un bar in un giorno di chiusura (foto da Unsplash)

Più Green Pass e meno chiusure

“È anche una questione di equità“, incalza il presidente della Fipe, Stoppani. “Dopo molti mesi di sacrifici, sarebbe infatti incomprensibile ricadere nelle maglie di nuove chiusure e restrizioni per causa di chi, dopo nove mesi di campagna vaccinale, sceglie ancora oggi liberamente di non vaccinarsi. Aumentando, con questa scelta individuale, il rischio collettivo di assumere nuovi costosissimi provvedimenti, in termini sanitari, economici e sociali”.

Va osservato che questa presa di posizione di Fipe – Confcommercio, quindi di una rappresentanza significativa di tutto il comparto della ristorazione (bar inclusi), ha un significato civico e politico importante.

Siamo di fronte a una sonora smentita e sconfessione di quelle forze politiche che hanno tuonato contro l’introduzione del Green Pass nella vita sociale. E l’hanno paragonato a un “obbligo vaccinale mascherato”.

Va ricordato, peraltro, che il Green Pass non si ottiene solo con la vaccinazione (o se si è avuto il contagio da Coronavirus); ma anche sottoponendosi a tampone, senza essere vaccinati, anche se la sua validità è di qualche giorno in questo caso.

Ristorazione: crisi, ostacoli e opportunità

Una vecchia canzone di Francesco Guccini, Vedi Cara, diceva che “certe crisi son soltanto segno di qualcosa dentro che sta urlando per uscire“. Nel caso della ristorazione, è fuor di dubbio come – al pari di cinema, teatri, sport, associazioni e cultura – la pandemia da Covid-19 abbia prodotto crisi, chiusure, ridimensionamenti e danni ingenti.

Gli imprenditori si vedono nel momento della crisi: la loro vocazione alla creatività, alla ricerca delle soluzione dei problemi, alla visione prospettica che va oltre il mero quotidiano, è l’arma migliore per reagire. E per riprendere.

Non possiamo nasconderci che nell’estate del 2020, dopo il lockdown, le regole imposte dalla situazione non sono state ben accettate da molti ristoratori e pubblici esercenti:

  • annotare i nomi di chi si sedeva ai tavoli dei ristoranti e pizzerie e trattorie, per tracciare in caso di contagio;
  • investire in sicurezza sanitaria per garantire dalla diffusione del virus;
  • applicare il distanziamento fra i tavoli

In un ristorante, di una certa importanza, a Numana, sulla Riviera del Conero (Ancona), nel settembre del 2020 il titolare girava nella sala da pranzo senza mascherina e interagiva con noi clienti. Per non parlare degli ombrelloni non distanziati a dovere in spiaggia, ma con prezzi ben lievitati.

Quante ne abbiamo viste di scene di insofferenza alle regole? Anziché sfruttare la situazione e tracciare i clienti come Facebook o Instagram tracciano tutti noi quando raccontiamo i fatti nostri, molti ristoratori e baristi hanno alzato le spalle; o addirittura depotenziato le regole post-lockdown.

Cuochi al lavoro nella cucina di un ristorante (foto da Unsplash)

Le regole e una ristorazione di qualità

Eppure, proprio la pandemia, le regole anti-Covid, il sottile confine fra privacy del cliente e tracciamento, certe incombenze che costano tempo e personale possono essere l’occasione per una diversa ristorazione di qualità:

  • comunicare meglio vis-à-vis con il cliente, conoscendolo e così soddisfacendolo nel modo più adeguato;
  • utilizzare il digitale per aprire un canale di comunicazione (e di marketing) con i clienti;
  • proporre una ristorazione di qualità maggiore, al giusto prezzo;
  • formare un personale più qualificato (e certo pagato il giusto) che sa meglio accontentare la clientela e aumentare il fatturato;
  • cambiare i menù, incrementare la qualità dei prodotti Made in Italy, valorizzare quanto ci offre il territorio

Una vecchia battuta che gira nel mondo digitale osserva come chi sapeva costruire carrozze per i cavalli non sia stato capace di passare dalla fabbrichetta delle carrozze alla fabbrica di automobili.

Perché? Per incapacità imprenditoriale? Nient’affatto. Perché non conosceva la clientela? Neppure quello. La risposta è nella mentalità e nella volontà di innovazione, nella passione per il proprio mestiere, nella capacità di guardare oltre la crisi quotidiana per inventarsi il futuro.

La risposta della ristorazione, con la lettera a Draghi della Federazione dei pubblici esercizi di Confcommercio, va nella direzione giusta.

L’importante è che – pretendendo anche un aiuto concreto dello Stato a piani imprenditoriali di qualità – sia solo l’inizio della svolta dei ristoratori e baristi. Nell’interesse delle loro imprese, dell’economia e di tutta la comunità.

© RIPRODUZIONE RISERVATA