La novità di Damiano Tommasi a Verona (stamattina si è tenuto l’insediamento a Palazzo Barbieri) può rappresentare una svolta anche per quanto riguarda il Movimento Nonviolento, presieduto a livello nazionale da Mao Valpiana, ora attivo in Rete Pace e disarmo. Con lui parliamo dell’elezione del nuovo sindaco di Verona e di nonviolenza nell’attuale contesto internazionale.

Come vede il Movimento Nonviolento la vittoria di Damiano Tommasi a Verona?

«La vittoria di Tommasi può essere un segno positivo per due motivi fondamentali. La prima motivazione è che Tommasi si è sempre dichiarato obiettore di coscienza e l’ha fatto in tempi non sospetti, quando fu il primo obiettore di coscienza tra i calciatori della serie A. Ha svolto il servizio civile a Verona e non ha mai nascosto questa scelta di campo richiamandola spesso anche durante questa campagna elettorale e, se vogliamo, già questa è una sostanziale conquista, ovvero il suo essere il primo sindaco di Verona obiettore di coscienza. La seconda motivazione è che proprio la campagna elettorale di Damiano Tommasi è stata caratterizzata da una scelta di linguaggio non violento, non solo nel lessico ma pure nelle modalità di confronto.»

In che modo?

L’insediamento di Damiano Tommasi, questa mattina

«Preferendo non attaccare mai gli avversari e scegliendo una campagna elettorale molto pulita, evitando non solo gli attacchi personali ma anche le tante provocazioni che ci sono state. La sua campagna ha condiviso molti dei metodi della nonviolenza: correttezza, rispetto della verità, disponibilità al dialogo con l’avversario ma soprattutto con l’elettorato; il passaparola come strumento da preferire a costose campagne pubblicitarie cartacee e televisive, come invece hanno deciso di fare altri.»

Da sindaco sarà il responsabile dell’ordine pubblico. E da maggio anche a Verona i taser sono a disposizione alle forze dell’ordine di Verona…

«La forza e la violenza sono due piani diversi, dove con forza si intende l’uso legittimo riservato alle Istituzioni. Come il sindaco dovrà gestire le forze dell’ordine e sicuramente ci confronteremo con lui a fronte dell’esperienza maturata in altre città, dove è stata prevista ad esempio la possibilità di fare obiezione di coscienza, cioè lasciare la possibilità al singolo tutore dell’ordine di scegliere se andare nelle strade o meno con il taser. Oltre a questo, per le forze dell’ordine chiederemo dei corsi di addestramento alle tecniche della nonviolenza. Insomma, abbiamo un pacchetto di proposte che presenteremo al sindaco e alla giunta non appena si saranno insediati.»

Ci eravamo sentiti qualche tempo fa sulla questione “fregate all’Egitto”. La situazione si è evoluta nel frattempo? Per la famiglia le speranze di giustizia rimangono?

«La premessa da fare è che la nonviolenza è una strategia soprattutto preventiva e che non può essere improvvisata, per cui se non si incomincia mai a lavorarci e a prepararla realmente ci troveremo sempre a scontare situazioni di emergenza e all’ultimo momento lamentarci perché la nonviolenza non ha strumenti efficaci.

È sempre la Cenerentola della politica internazionale, non viene mai finanziata, non viene presa sul serio e non vengono messi in campo strumenti fondamentali come, per esempio, i Corpi Civili di Pace.

È quindi chiaro che poi ti ritrovi di fronte a situazioni drammatiche e difficili da gestire come questa dell’Egitto, dove la realpolitik finora da un lato ha continuato a versare lacrime di coccodrillo per il caso Regeni e dall’altro sostiene e fa affari con la dittatura egiziana. Noi abbiamo proposto non solo nel fatto specifico ma in generale un maggior controllo sul commercio delle armi sulla vendita degli armamenti; per dare un giudizio preciso, stiamo di fatto ancora aspettando la relazione annuale che il Governo dovrebbe portare in aula in Parlamento per l’approvazione vendita di armi all’estero, come previsto dalla legge 185.»

Mao Valpiana incontra Papa Francesco

La nonviolenza sembra difficile da pensare in contesti come l’Ucraina. Quale proposta sarebbe la vostra per uscire dallo stallo attuale?

«Faccio la solita premessa a scanso di equivoci: siamo di fronte a un aggressore, la Russia, e un aggredito, l’Ucraina. Detto questo non possiamo non ignorare che, oltre al campo di battaglia, ci sono due fronti propagandistici, il cui conflitto si esemplifica in notizie come il bombardamento del centro commerciale di Kremenchuk, nella regione centro-orientale di Poltava, che per la propaganda ucraina è un attentato terroristico contro civili inermi mentre per la propaganda russa un attacco a un deposito di armi vicino a un centro commerciale in disuso. Non possiamo poi ignorare che l’Ucraina da anni viene armata in funzione antirussa, e che i russi, allo stesso tempo, sono sempre più potenti militarmente.

In questo contesto, lo spazio per la nonviolenza è molto ridotto. Noi facciamo quello che possiamo: abbiamo chiesto lo status di rifugiato politico per gli obiettori di coscienza ucraini e russi – e già questo sarebbe un messaggio non da poco – e in più proseguiamo con le nostre carovane per la pace.

L’iniziativa si chiama Stop the War Now con la quale in questi giorni siamo presenti a Odessa. L’obiettivo di questa carovana di pace è non solo portare aiuti ma aprire un dialogo, in particolare tra le diverse comunità religiose cristiane cattoliche ortodosse e per questo abbiamo ottenuto l’appoggio e la partecipazione attiva della CEI (Conferenza Episcopale Italiana) nella figura di Monsignor Francesco Savino, vicepresidente. Con le nostre poche forze questo cerchiamo di fare.»

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