L’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, fin dal 2015, ha deciso che il 19 giugno è la Giornata contro la violenza sessuale nei conflitti armati, con lo scopo di sensibilizzare l’opinione pubblica su una pratica disumana e per onorare le migliaia di vittime della violenza sessuale nei conflitti.

La data è stata scelta perché data coincide con l’adozione della “Risoluzione 1820 del 2008” del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, che ha riconosciuto la violenza sessuale come una strategia di guerra e come minaccia alla pace e alla sicurezza mondiali.

Nel documento si chiede l’immediata e completa cessazione di atti di violenza sessuale contro i civili da parte di tutti gli attori coinvolti in un conflitto armato. Un tema di cui avevamo parlato anche nell’intervista alla giornalista Emanuela Zuccalà.

Sempre nel giugno del 2015 Zainab Bangura, Rappresentante Speciale del Segretario Generale per la violenza sessuale nei conflitti armati, incontrò alcune vittime di violenza sessuale da parte dei terroristi dell’ISIS, raccogliendo le testimonianze di trattamenti brutali come il matrimonio forzato e la schiavitù sessuale di circa 1500 donne.

L’ ONU calcola che nel 1994 in Ruanda, durante il genocidio durato tre mesi, furono stuprate tra le 100 mila e le 250 mila donne (impossibile stabilire tra queste il numero esatto delle donne-bambine).

Nella guerra civile in Sierra Leone (1991-2002), questo crimine ha toccato più di 60mila donne, oltre 40mila in Liberia (1989-2003), fino a 60mila nell’ex-Jugoslavia in soli tre anni (1992-1995), e almeno 200mila nella Repubblica Democratica del Congo durante gli ultimi 12 anni di guerra. Solo per citarne alcuni. Solo per evidenziare con quale agghiacciante regolarità lo stupro venga utilizzato come tecnica di guerra.

Foto di Ahmed Akacha, pexels.com

Sono numeri impressionanti, che raccontano di centinaia di migliaia di donne che hanno vissuto livelli di crudeltà inimmaginabili e che molto probabilmente avranno la vita segnata per sempre. Un ricordo indelebile che, anche nel periodo post-bellico, può segnare le persone a causa di infezioni trasmesse per via sessuale, emarginazione per infamia, suicidi, traumi psichici permanenti.

Contando che la maggior parte dei Paesi offesi e violati non dispongono di strutture adeguate per risarcire e per curare, e poi per gestire le enormi difficoltà che seguono agli stupri in guerra.

“La violenza sessuale nei conflitti armati è una tattica di guerra e di repressione che terrorizza le popolazioni, distrugge vite e sfalda comunità.

Raramente i colpevoli pagano per le loro azioni. Al contrario, sono le vittime a dover portare il peso dello stigma e del trauma subito per tutta la vita, spesso doppiamente vessate da norme sociali deleterie e dall’accusa di vittimismo”, ha detto il Segretario Generale dell’ONU, Antonio Guterres nel suo discorso per la giornata internazionale.

Ha anche indicato una serie di azioni mirate, a partire dal sostegno alle vittime e alle donne sfollate, alle ragazze e ai ragazzi in quanto vulnerabili alla tratta e allo sfruttamento sessuale, e a coloro che vivono in aree rurali remote e isolate dove la giustizia e la sicurezza sono carenti.

Le iniziative in Italia

Stop Rape Italia (Campagna italiana contro lo stupro e la violenza sessuale nei conflitti), a partire dal 19 giugno e fino al 19 luglio promuoverà a Roma una serie di iniziative per sensibilizzare l’opinione pubblica sull’argomento, contribuendo così ad aumentare il livello di conoscenza e consapevolezza.

Logo della Campagna Stop Rape Italia

L’ultimo evento avverrà proprio martedì 19 luglio, presso la Sala Caduti di Nassirya del Senato, dove sarà presentato il report La violenza sessuale nei conflitti bellici: analisi, criticità e prospettive d’intervento, realizzato in collaborazione con il Dipartimento di Scienze Politiche dell’Università degli Studi Roma

Secondo gli organizzatori infatti, la Giornata Internazionale del 19 giugno “deve rappresentare un’occasione per sensibilizzare la società civile e le istituzioni sul bisogno di porre fine alle violenze sessuali connesse ai conflitti, onorando le vittime e coloro che sono sopravvissuti.

Rappresenta il momento per celebrare chi coraggiosamente dedica la propria vita, a volte fino a sacrificarla, per contrastare questi atti di violenza che rappresentano una violazione dei diritti umani e una minaccia alla sicurezza internazionale ed alla pace”.

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