Ma che ti combina il professor Andrea Crisanti? Il “virologo d’Italia” di stanza a Padova, il luminare più credibile nel capire e combattere il virus, nei giorni scorsi ha tirato un fendente all’altro peso massimo veneto dell’emergenza, il presidente della Regione Luca Zaia, il “governatore d’Italia”.

Terreno della querelle: il sistema dei tamponi, simbolo del sistema sanitario veneto in tempi di Covid, considerato talmente efficace – per tracciamento, allargamento agli asintomatici, isolamento dei focolai – da far guadagnare le prime pagine dei giornali internazionali sia a Crisanti che a Zaia.

Tuttavia che ti combina il Crisanti? Ci svela che ciò che sembrava amore (la liason con Zaia appunto) era invece un calesse.

Coup de Théatre. Il Crisanti, l’umile (nei toni e nei modi) Crisanti, il timido Crisanti, il mite Crisanti, improvvisamente come un Gian Burrasca birichino ha spiazzato tutti, non solo Zaia medesimo, che ha accusato il colpo e ci ha messo qualche giorno a pararlo, ma anche una stampa impolverata e autoreferenziale che ancora una volta dimostra di non prenderne più mezza, slegata dalla realtà, pigra com’è nel non voler più scavare il mondo circostante. «Il sistema dei tamponi veneto è una baggianata», ha detto Crisanti ad Agorà su Raitre, altrimenti «si deve spiegare perché l’8 febbraio mi è stato intimato di non fare più tamponi a chi tornava dalla Cina. Io non ho interessi politici, se volete credere alle favole siete liberi di farlo.»

Crisanti si è risentito con Zaia, che ha dato i meriti del “sistema tamponi” al servizio di Prevenzione del Veneto, oscurando in qualche modo quelli indubbi di Crisanti, che dal suo laboratorio di microbiologia dell’ospedale di Padova si è “inventato” per Vo’ Euganeo il modello dei tamponi diffusi anche agli asintomatici.

Insomma date a Cesare ciò che è di Cesare, avrà pensato il Crisanti. Ma mai come questa volta una banale storia di vanità si è allargata a fatto politico. Crisanti, indipendentemente dai motivi, ha aperto una crepa nel monolite celebrativo della Doge-mania, che in questi mesi ha contagiato perfino la stampa progressista, la quale ha già battezzato il suo leghista buono contro quello cattivo (indovinate chi?).

Ci voleva insomma un Crisanti a portare un po’ di sano senso critico di fronte allo sdilinquirsi nei confronti del Doge. Che ha dei meriti e che certamente è un amministratore in gamba, un uomo pratico e svelto di testa, ma che da più di dieci anni (da quando ancora era ministro) è stato altrettanto bravo (anzi di più) a crearsi la narrazione magica: quella del leghista rispettabile, moderato, trasversale. Un lavoro di immagine riuscitissimo, mai scalfito da nessuno, tanto meno da un’opposizione inesistente.

E sì che di occasioni ce ne sarebbero state. Penso alla fantasmagorica menata dell’autonomia, un cinema infinito. Penso alle surreali mascherine delle Regione sfoggiate in conferenza stampa. Penso alla stessa emergenza Covid, affrontata indiscutibilmente bene, ma raccontata acriticamente senza pecche o difetti di sorta.

Serviva un Crisanti, dove non sono arrivati un Travaglio o Repubblica. Serviva un Crisanti in assenza di centrosinistra. Ci ha pensato un virologo a interrompere, una buona volta, questa messa cantata che dura da lustri. Che diceva la Bibbia sull’ira dei mansueti da temere? Ecco…