La Lazio del 1974 è una squadra entrata nella leggenda. Divisa in due diverse fazioni, distinte per opposti credo politici, era capitanata da Chinaglia e Wilson da una parte, e Martini e il povero Re Cecconi dall’altra. Durante la settimana se le davano di santa ragione ma quando arrivava la partita il motto diventava: “tutti per uno, uno per tutti”. A guidare quella formazione c’era Tommaso Maestrelli, un allenatore illuminato e visionario, l’unico forse capace di tenere a bada quel manipolo di folli.

La grande paura

È domenica 14 aprile 1974. Mancano cinque giornate al termine del campionato e i biancocelesti sono in piena lotta per il titolo, dopo quello sfumato all’ultima giornata l’anno precedente. Sul prato verde dell’Olimpico arriva il Verona. I gialloblù sono in lotta per la salvezza ma sulla carta non sembrano un ostacolo insormontabile. La formazione di Maestrelli trova il vantaggio dopo pochi minuti, sfiorando più volte la rete del raddoppio. Nel finale, però, nelle uniche due volte che il Verona si fa vedere dalle parti di Felice Pulici, arrivano due reti, prima con Zigoni e poi con una sfortunata autorete di Giancarlo Oddi. Quando l’arbitro manda le squadre negli spogliatoi per il riposo, Chinaglia & c. versano nel più tragico sconforto.

La mossa inaspettata di Maestrelli

È a questo punto che Maestrelli estrae dal cilindro quello che non ti aspetti. Entrato in spogliatoio ordina ai suoi di tornare subito sul terreno di gioco, obbligandoli a rimanere schierati in mezzo al campo in attesa del rientro dei gialloblù di Giancarlo Cadè. Il pubblico, subito stupito, capisce il momento, e inizia a incitare al grido di “Lazio! Lazio!”. Il tutto carica a mille i biancocelesti che pareggiano subito con Garlaschelli e chiudono i conti nel quarto d’ora finale con Nanni e Chinaglia.

L’allenatore biancoceleste Tommaso Maestrelli

Scudetto e castigo

Quella vittoria ottenuta con i denti rappresentò per la Lazio un successo fondamentale verso la conquista del primo scudetto della storia del Club. I gialloblù, invece, nonostante la sconfitta, riuscirono a ottenere la solita sofferta salvezza. Non sapevano, però, che qualche mese dopo la CAF, in seguito alla famosa telefonata di Clerici a Saverio Garonzi, li avrebbe spediti in serie B.

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