Sant’Anna (d’Alfaedo): abbiamo un problema! Quello dei Cinquestelle per le imminenti elezioni amministrative.

Le cose, più o meno stanno così. Il candidato sindaco del centrosinistra ospiterebbe volentieri nella sua coalizione anche i Cinquestelle. Meglio: ciò che resta, perché il loro leader, Alessandro Gennari, 9,4 % nel 2017, si è trasferito nella Lega alcuni mesi fa.

I relitti (in senso etimologico!) veronesi, non si sono mai fatti vivi al tavolo della coalizione, nei mesi passati. Ora – come dire? – ricondizionati, vorrebbero esserci per rilanciarsi dopo tante pene. Ma l’ipotesi fa venire l’itterizia ai militanti di Azione e, un pelo meno virulentemente, a quelli di +Europa.

Grillini sì, grillini no?

Considerando i sondaggi in caduta libera per i grillini e le citate difficoltà aggiuntive di quelli veronesi, perché la questione agita tanto il centrosinistra? Si potrebbe subito obiettare che tutti i candidati cercano di racimolare qualche voterello da ogni cantuccio: perché mai escludere i pentastellati? Carlo Calenda, su questo punto, è stato categorico: niet! «Se ci sono loro, ce ne andiamo noi».

Capiamo. E, tuttavia, è sensato che le dinamiche politico-elettorali alle amministrative, in un contesto dove il gioco delle relazioni locali è importantissimo e la situazione è promettente ma difficilissima, siano decise in ultima istanza da Roma? Più che insopportabile è controproducente: un elettore veronese vuole proposte veronesi.


E allora? Secondo noi si tratta di un piccolo falso problema che ne cela uno vero e grande.

In cerca di un baricentro

Gli attori sembrano convinti che il coinvolgimento o l’esclusione dei 5stelle sia un fondamentale elemento identitario della coalizione. Più “di sinistra” con i 5stelle; più “di centro” senza.

Davvero l’asse politico della operazione-Tommasi si basa su un gioco di identità derivate dai grillini? Coalizione e candidato hanno profili politici così deboli? Osiamo sperare di no.

All’interno della coalizione è stato discusso fino in fondo quale debba essere il baricentro politico sul quale convergere per fare vincere il loro candidato, o si è parlato solo di 5stelle? La scommessa secondo noi è ben più impegnativa. Se si intende fare politica e non testimonianza, non si può avere alcun dubbio sull’orientamento politico da imprimere alla campagna elettorale: si tratta di convincere fette di elettorato di Centro e di Destra moderata, stufo dei riferimenti tradizionali, a guardare oltre. Come non fa da anni.

Un compito molto, molto difficile, per forze che alle Regionali di due anni fa hanno raccolto tutte assieme a Verona il 21%. E che tuttavia può essere svolto efficacemente grazie alla qualità spontaneamente trasversale del candidato e alle divisioni insperate degli avversari a patto che si faccia un investimento politico chiaro, forte ed innovativo.

Aspettando le iniziative politiche

Possiamo pensare che frotte di partite Iva, piccoli imprenditori, professionisti, operai, studenti che sono, elettoralmente, cattolici moderati inquieti, leghisti o meloniani pentiti, tosiani incerti, berlusconiani sulla via di Damasco, astensionisti… si convincano improvvisamente che il centrosinistra non è fatto di chiacchiere e distintivo – giusto per capirci –  solo perché non ci sono i 5stelle?

Un’area liberale e moderata si costruisce a suon di iniziative politiche sul territorio (proposte, convegni, propaganda, idee), non esibendo il simboletto che non c’è. La coalizione e Tommasi potranno conquistare Palazzo Barbieri solo se nelle prossime settimane – a proposito: cosa mai aspettano? – sapranno esibire proposte convincenti sui grandi temi di una città operosa, economicamente vivacissima, piena di aspettative: l’ambiente e la mobilità, certo, ma anche aeroporto, fiera, Agsm-Aim, università, cultura, turismo, per attrarre quei voti. Coi 5stelle. O anche senza.

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