Romanzo d’esordio della scrittrice italiana Francesca Diotallevi, Le stanze buie è giunto in una nuova edizione targata Neri Pozza lo scorso ottobre. Inizialmente pubblicato con Mursia Editore nel 2013, il libro è ambientato nel Piemonte di metà Ottocento. Il racconto, dalle sfumature thriller, narra la storia del maggiordomo torinese Vittorio Fubini, che esaudisce il desiderio dello zio prendendo servizio al suo posto a Villa Flores, nelle Langhe torinesi.
Vittorio entrerà quindi a far parte della servitù della famiglia Flores, ritrovandosi al centro di una saga familiare intrisa di misteri, segreti ed eventi soprannaturali.

Nata a Milano nel 1985, Francesca Diotallevi ha pubblicato con Mondadori Amedeo, je t’aime (2015), con Neri Pozza Dentro Soffia il vento (2016) e Dai tuoi occhi solamente (2018), candidato al Premio Strega e che ha vinto il Premio Comisso sezione giovani, il Premio Manzoni e il Premio Mastronardi.

Com’è nato il romanzo Le stanze buie?

L’autrice Francesca Diotallevi alla presentazione del romanzo al Book City di Milano.

«È nato in un giorno di marzo in cui pioveva. Mi ero da poco laureata e non vedevo grosse prospettive davanti a me. Scrivere questo libro mi ha dato uno scopo, mi ha donato speranza».

Tra i personaggi creati a quale è più legata?

«Forse è superfluo dirlo, ma il personaggio a cui sono più legata è Vittorio Fubini, il maggiordomo protagonista. Un personaggio non facile, almeno all’inizio del romanzo: è un uomo rigido, severo, ligio al dovere e incapace di lasciarsi andare. Ma la storia di cui è protagonista sarà in grado di mutarlo nel profondo, sradicando ogni sua certezza e portandolo a un grande cambiamento».

Quale parte del libro nella prima edizione è stato più complesso scrivere e quale invece, dopo la revisione, è stato più difficile da togliere per ridimensionare la struttura?

«Non ho avuto delle difficoltà mentre scrivevo, le parole venivano da sole e in circa un anno il libro è stato completato. Più difficile è stato invece riprenderlo in mano e rimaneggiarlo dopo tanto tempo. Ho avuto però la fortuna di lavorare con un bravo editor, che mi ha aiutato a vedere il romanzo sotto una nuova luce e a sistemare, togliere soprattutto, alcune parti decisamente ridondanti».

Ci sono romanzi che hanno influenzato la sua scrittura?

«Sono tanti, dai grandi classici come Jane Eyre, Il giro di vite di Henry James e Malombra di Antonio Fogazzaro, a capolavori come Quel che resta del giorno di Kazuo Ishiguro».

La copertina del libro, molto diversa dalla prima edizione, riporta un dipinto dal soggetto enigmatico. Come mai questa scelta?

«Si tratta di un quadro del pittore danese Vilhelm Hammershøi, definito anche “Il pittore del silenzio”. I suoi dipinti raffigurano quasi esclusivamente interni domestici, con figure viste di spalle, spesso immerse nella penombra, al punto che appare lecito domandarsi: ma sono persone in carne e ossa, o spettri? Tutto molto in linea con la trama del romanzo».

Sta scrivendo adesso? Se sì, ci può dare delle piccole anticipazioni?

«Sì, c’è un nuovo romanzo, ma preferisco non anticipare nulla per scaramanzia».

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