L’atmosfera notturna dell’Arena, le note evocative dei Carmina Burana e il volteggiare delle mani del maestro Ezio Bosso: ci sono tutti gli ingredienti per una serata magica. Domenica 11 agosto, alle 20.45, i riflettori dell’anfiteatro romano si accenderanno per un grande affresco di poesia medievale. Protagonisti dell’evento saranno l’Orchestra areniana, diretta da Bosso al suo debutto sul più antico palco lirico del mondo, le voci del soprano Ruth Iniesta, del controtenore Raffaele Pe e del baritono Mario Cassi, il Coro diretto da Vito Lombardi e il doppio Coro di voci bianche – con oltre 60 bambini – A.d’A.MUS, diretto da Marco Tonini, e A.LI.VE, diretto da Paolo Facincani.

«Abbiamo iniziato a pensare al Maestro Bosso già per la scorsa edizione ma problemi di calendario ci hanno impedito di realizzare il progetto – ha evidenziato la sovrintendente della Fondazione Arena Cecilia Gasdia –. Per l’Arena, il cui Festival è nato nel 1913 e che da sempre ha come obiettivo quello di diffondere la cultura e l’amore per l’opera, è importante proseguire la propria vocazione garantendo la presenza di un indiscusso artista, i cui successi sul podio sono sotto gli occhi di tutti, e che è al contempo un grandissimo divulgatore, capace di ampliare il pubblico della classica in uno dei momenti storici più difficili per essa. E poi vogliamo iniziare a portare nomi nuovi su questo palco, nomi freschi – ha concluso –, di appeal internazionale e nazionale, nomi che segnino anche un cambio di passo: l’invito a Bosso fa parte di questo percorso di attenzione al contesto internazionale e italiano. E poi ci piace che Bologna e l’Emilia gli vogliano bene e gli riservino lo stesso affetto che storicamente rivolgono all’Arena.»

Nel 2014 i Carmina Burana vennero presentati per la prima volta in Arena registrando un grande successo, tanto che vennero riproposti anche l’anno successivo. Il 2019 vede il loro ritorno con l’apporto fondamentale di Ezio Bosso nel suo attesissimo e lungamente preparato esordio in Arena: «Quando mi ha chiamato la signora Gasdia per confermarmi questo immenso onore mi ha detto una frase che racchiude tutto: “Quando ci parliamo noi musicisti le cose succedono” – ha raccontato il maestro –. È proprio così, e la partitura di Orff ne è un esempio, capace di inventare un suono di una parola antica. Un suono non ancora scoperto ma che diventa quel suono. Capace di essere inclusivo, didattico, propedeutico di ogni disciplina. E poi un inno alla vita in tutte le sue forme. Allo stesso tempo una partitura talmente immediata da restare su quel precipizio del non essere esplorata per troppa bellezza. A questo mi dedicherò con tutte le mie forze con tutti i miei compagni di viaggio: a questo rispetto e allo scavare insieme come in quei canti che da terra, parlando di vita, sapore, amore, fratellanza, portano a toccare il cielo e a guardarlo meglio.»Per Bosso l’Arena non ha paragoni: «È il palcoscenico dei sogni di tutti i direttori e cantanti e musicisti. Venire qui è un gesto ricco di commozione, che fa la storia di chi c’è potuto essere e non è solo andare a un concerto, se ci pensate. Una responsabilità ancora più evidente per me, anche se la metto sempre in ogni cosa che faccio. E tanti veronesi lo sanno perché lo dissi senza remore nei miei concerti passati, è il sogno della mia mamma – e anche del mio papà –. Perché Verona l’ha protetta negli anni della guerra. Quello che dissi fu: “se non ci fosse Verona, non sarei nato”. E l’Arena fu il primo regalo che potei fare insieme a mia sorella ai nostri genitori: farla tornare ad andare all’Arena dove non era potuta andare in quegli anni».

I ventiquattro brani, prevalentemente in latino, alcuni in alto tedesco antico e uno in provenzale, vennero musicati dal compositore tedesco Carl Orff tra il 1935 e il 1936. Sono tratti da una raccolta di testi poetici medievali dell’XI e XII secolo – opera di clerici vagantes e goliardi –, ritrovati nel monastero di Benediktbeuern, in Baviera, e tramandati da un importante manoscritto contenuto in un codice miniato del XIII secolo, il Codex Latinus Monacensis 4550 Codex Buranus: da qui il termine Carmina Burana, introdotto nel 1847 dallo studioso Johann Andreas Schmeller in occasione della prima pubblicazione del manoscritto. 

Per informazioni e biglietti www.arena.it.

(Foto in evidenza di Mattia Balsamini)