La musica jazz tra il 2020 e il 2021, nel periodo cioè della pandemia, ha subito notevoli ripercussioni sul piano della creatività e delle produzioni artistiche. Nonostante tutto, il risultato rimane altresì affascinante ed emozionante: c’è stata molta collaborazione a distanza ed è questo fatto che stupisce perché rappresenta una rottura fondamentale con la mitologia del jazz poiché, fin dai primi tempi, la musica è sempre stata una questione di interazione dal vivo.

La maggior parte dei musicisti jazz preferisce ancora riunirsi in studio o su un palco e fare musica al momento, ma l’abbraccio di questo tipo di collaborazione remota ha prodotto risultati entusiasmanti e non saremmo affatto sorpresi di vederla diventare più comune nei prossimi anni, in particolare tra i musicisti più giovani.

La fine di ogni anno è momento delle valutazioni finali: ecco allora una selezione dei migliori dischi jazz dell’anno per Heraldo.

10) Sun Beans Of Shimmering Light, Wadada Leo Smith / Douglas R. Ewart / Mike Reed

Sun Beans of Shimmering Light è un album sublime di pura improvvisazione che trasporta in un vortice compulsivo di esperienze sensoriali nelle quali la musica assume diverse forme, a volte passando da estasi di quiete a disarmanti note vibrazionali, fino ad energiche e dinamiche melodie.

Il progetto è nato dalla collaborazione tra il noto e rinomato trombettista Wadada Leo Smith, il giamaicano e suonatore di fiati Douglas R. Ewart e dal batterista Mike Reed, tutti musicisti AACM (Advancement of Creative Musicians).

9) Mayan Space Station, William Parker

Questo è un disco incredibile, da ascoltare tutto d’un fiato.

Il bassista e contrabbassita William Parker e il batterista Gerald Cleaver sono affiancati dalla chitarrista elettrica Ava Mendoza per esplorare i confini del jazz, blues, fusion.

Parker e Cleaver stendono tracce sonore imponenti, spesse, oscillanti e le corde di Mendoza oscillano pungenti insieme ad effetti sonori che crescono e calano come il sole rosso nel deserto o come la marea di mezzanotte.

Per quanto riguarda il titolo dell’album, Parker rivela: La Stazione Spaziale Maya è un canale per la pace e l’ispirazione. Questi musicisti appartengono senz’altro a quella categoria di viaggiatori cosmici che permettono di viaggiare per le vie spaziali affinché la musica possa fluire attraverso i propri strumenti.

8) Vulture Prince, Arooj Aftab

‎La più grande rivelazione musicale dell’anno arriva dalla compositrice pakistana Arooj Aftab in un ensemble di etno folk e jazz. L’artista ambienta i tradizionali ghazal urdu tra arpa e archi le cui note si increspano in un intreccio sonoro affascinante, di pura quiete, pace e dolore, la tristezza di una sorella che ha perso il suo fratello minore. Questo album è la risposta ad un dramma, dove l’artista condivide i propri stati d’animo e un’esperienza di dolore senza precedenti.

Un disco minimale ma creativo, illuminante.

7) Jesup Wagon, James Brandon Lewis, Red Lily Quintet

L’emergente compositore James Brandon Lewis guida una nuova elettrizzante band, in coppia con il cornettista Kirk Knuffke e con altri musicisti del calibro di William Parker al contrabbasso, Chad Taylor alla batteria e il violoncellista Chris Hoffman.

Nonostante la sua formazione jazz alla Howard University e poi alla Cal Arts, Lewis si è fatto un nome come sassofonista operando nella musica gospel contemporanea.

Jesup Wagon è stato concepito come un ritratto di George Washington Carver, eminente botanico e attivista per i diritti civili, le cui sette tracce si ispirano a diversi aspetti del pensatore afroamericano.

Questo album amalgama le sonorità dei precedenti lavori e la musica incalza, sostiene e vibra un ritmo diabolico, scaturito dallo scambio incessante e caldo tra la cornetta di Knuffe e il potente suono del violoncello.

Questo lavoro amalgama ulteriormente le sonorità e le idee di Lewis: c’è molta influenza della musica di New Orleans, una varietà di colori e atmosfere jazz caraibiche e qualche accenno di blues.

6) Em.Perience,  Fabia Mantwill

Fabia Mantwill è una sassofonista, compositrice e cantante ed è diventata, in breve tempo, un’icona della scena jazz tedesca ma con un focus internazionale.

Il suo album di debutto Em.Perience vanta la partecipazione della Fabia Mantwill Orchestra composta da ben 23 elementi, tra cui spiccano ospiti di fama mondiale come Kurt Rosenwinkel, Ben Wendel e Nils Landgren.

Questo disco è una bellissima esperienza e si evince, fin dal primo ascolto, il talento di questa straordinaria artista; in più, l’eccellente esecuzione orchestrale e una produzione accattivante rendono questo album molto interessante anche per i palati più fini.

L’orchestra crea passaggi sonori sbalorditivi che si amalgano con la morbida voce di Fabia; il suo stile compositivo e la sua visione sono senza dubbio qualcosa di speciale che certo valgono i meritati elogi degli specialisti della scena musicale jazz.

Il mondo di Fabia collega diversi stili e mondi musicali distinti, dal jazz, alla musica folk e classica sino alla world music.

5) Songwriting Apothecary Lab, Esperanza Spalding

Esperanza Spalding è una cantautrice statunitense e bassista jazz. Songwriting Apothecary Lab è il suo ottavo album in studio; le sue dodici tracce, nate in collaborazione con terapisti, ingegneri e scienziati, sono state progettate per affrontate emozioni e stress specifici.

Il suono è minimale, armonioso e dolce dove il basso allieta delicate atmosfere e guida gli strumenti in una linea temporale piena e risoluta insieme a una voce che trasmette positività e sicurezza.

Tra gli ospiti spiccano una cantante Tamil. La Spalding con questo lavoro ha voluto dare una precisa risposta sul potere curativo della musica; quello che è certo è che la sua musica mette il buonumore.

Un album adatto a un pubblico molto vasto, il cui ascolto è un viaggio all’interno del proprio subconscio

4)Visions Of Your Order, Adam O’Farrill

Visions of Your Other è il terzo album del trombettista Adam O’Farrill, questa volta con Xavier Del Castillo al sassofono tenore, Walter Stinson al basso e Zack O’Farrill alla batteria.

Adam O’Farrill

I fiati creano complessi intrecci sonori e armonie contrastanti mentre basso e batteria generano ritmi frenetici e mutevoli che guidano la band in un percorso musicale evocativo.

Il cinema è il filo che lega tra loro le composizioni di questo disco.

La title track, scritta da O’Farrill, prende spunto da un dialogo nel film di Paul Thomas Anderson del 2012 ‎‎The Master‎‎ (interpretato da Joaquin Phoenix e Philip Seymour Hoffman). Altre volte la sensazione cinematografica è più astratta, ma riconducibile ad immagini sonore significative. La traccia più interessante è Hopeful Heart che sembra ispirarsi alle visioni di Ryuichi Sakamoto. Un disco breve, intenso e innovativo.

3) The Sound Will Tell You, Jason Moran

Pianista, artista visivo, curatore presso il Kennedy Center e un musicista jazz di alto livello, Jason Moran sforna un disco provocatorio intriso di jazz, blues e musica classica, fortemente introspettivo e ispirato, dove la musica evoca illusioni e disillusioni, incertezze e future promesse.

Questo è un album per pianoforte intimo e delicato, lussureggiante, fortemente ispirato agli scritti di Toni Morrison, offuscato occasionalmente da effetti elettronici ma sempre con gusto e classe.

2) Black To The Future, Sons Of Kemet

Il quarto album della formazione londinese capitanata da Shabaka Hutchings segue le tematiche politiche e sociali del suo predecessore, Your Queen Is A Reptiledel del 2018.

Prevale il dub, l’afrojazz, un misto di rap e l’attenzione si concentra sulle linee armoniche del basso tuba e gli assoli del sassofono, mentre groove e percussioni permeano ogni pezzo di turbolenti e infuocati meccanismi instabili, creando così melodie vorticose che respirano di rivincita, il sogno della liberazione dalla sofferenza, ancorata costantemente nella vita moderna da persone meno abbienti, emarginate, bisognose.

Un disco orecchiabile, meditativo, intriso di rabbia e sfida; un album eccitante e spaventoso.

1) Promises, Floating Points, Pharoad Sanders, London Symphony Orchestra

Promises è la prima collaborazione in assoluto tra Pharoah Sanders – celebre e rinomato sassofonista – e Floating Points, al secolo Sam Shepherd, un compositore britannico di 30 anni e poliedrico artista.

Un disco sublime che unisce jazz, elettronica e influenze classiche. Il suono del sassofono tenore di Sanders ipnotizza l’ascoltatore che lo rende il protagonista principale dell’intera opera.

Cenni di elettronica si intrecciano intorno al motivo principale che si ripete in quasi tutto l’album, suonato su molteplici combinazioni variopinte di pianoforte e clavicembalo.

La superba alchimia di archi e sassofono ricorda i maestosi album jazz orchestrali dei primi anni Settanta e Stepherd crea un proprio e vero clima orchestrale che rimane impresso per la composizione viva e ultraterrena, come un’antitesi ancestrale. La copertina del disco è un’illustrazione di un dipinto astratto dell’artista etiope americana Julie Mehretu intitolato Congress (2003).

Un immenso viaggio meditativo, sicuramente uno dei migliori dischi dell’anno.

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