Centovent’anni fa nasceva a Verona Nino Pozzo (1901 – 1983), iniziatore di quel Teatro Mondo Piccino, fondato nel 1923, che ha contribuito a elevare il teatro di figura a forma d’arte.

Per ricordarne l’opera e l’eredità artistico-culturale sono stati organizzati da Biblioteca civica e Università di Verona alcuni eventi, proprio nella biblioteca che custodisce temporaneamente il patrimonio del Fondo Pozzo-Campedelli.

Purtroppo la programmata mostra di materiali non ha potuto essere allestita per concomitanti lavori della biblioteca che ne avrebbero pregiudicato l’accesso e la fruizione.

Un teatro piccino e a misura di pubblico

I materiali del fondo richiedono un restauro continuo e accurato e soprattutto necessitano di un approccio particolare, come ha avuto modo di ricordare Nicola Pasqualicchio, professore associato dell’Università di Verona, durante l’incontro in Sala Farinati “C’era una volta…Nino Pozzo”, tenutosi lo scorso martedì 14 dicembre. I burattini infatti non hanno una funzione unicamente espositiva perché «la loro bellezza spicca nel momento in cui entrano in scena». É quindi importante considerarli non solo oggetti d’arte da contemplare, ma «personaggi che vivono in un progetto artistico».

Nino Pozzo, a sinistra, con Tony Bogoni davanti al logo del Teatro Mondo Piccino. Foto dal sito Quatro ciacoe.

I burattini che ha fatto vivere Nino Pozzo hanno uno stretto legame con la Commedia dell’Arte, «ne sono anzi l’illustre prosecuzione», ha ricordato Pasqualicchio. E nel contempo se ne discostano. Infatti il teatro di figura, o teatro popolare, richiede un sapere artigianale che si declina in falegnameria, sartoria, carpenteria e si avvale sia di improvvisazione che di copioni.

E, a differenza del teatro di parola, in crescente popolarità dall’Ottocento, che si mostrava in distanza, il teatro di figura ha sempre mantenuto l’interscambio con il pubblico. Riusciva persino a sfuggire alle varie censure perché poneva la sua critica al potere costituito in modo bonario e ammiccante.

Dalla strada alla tv e all’arte di avanguardia

Insomma, non bisogna assimilare i burattini solo al mondo infantile non cogliendone appieno la complessità, ma piuttosto vederli come «una pratica diffusa da sempre in molte parti del mondo e in diverse culture». É quanto ha affermato Francesco Ronzon, direttore dell’Accademia di Belle Arti di Verona, aggiungendo che il teatro di figura ha saputo cambiare se stesso con il cambiare del mondo. É entrato in televisione, con i Muppet, è stato usato e variato dalla cultura hippy «diventando parte del commentario pubblico».

E infine le sue caratteristiche sono state sfruttate da artisti dell’avanguardia novecentesca, come Enrico Baj e George Grosz.

Nino Pozzo oggetto di ricerca accademica

La voce di Nino Pozzo ha fatto parlare tanti personaggi in quel suo Teatro Mondo Piccino, regalando sogni e suggestioni, allestendo la sua Baracca in giro nella città, spostandosi sul carretto anch’esso custodito nei locali della biblioteca.

Marco Campedelli durante “C’era una volta… Nino Pozzo”, l’incontro tenutosi il 14 dicembre in Sala Farinati della Biblioteca Civica per celebrare i centovent’anni dalla nascita dell’ideatore del Teatro Mondo Piccino. Foto di Laura Bertolotti.

Francesca Cecconi sta conducendo una ricerca di dottorato sulla figura e l’opera di Nino Pozzo. Per nostra fortuna i materiali e i testi sono disponibili perché Pozzo stesso, con il suo collaboratore Toni Bogoni, aveva ordinato i canovacci, i copioni, i burattini e i fondali secondo le necessità di scena. Grazie a quel lavoro il suo teatro di figura conserva un fascino immutato e può essere riproposto con esiti inaspettati anche oggi.

E così è avvenuto, grazie a Marco Campedelli, che ha offerto alcune farse dalle opere di Nino Pozzo dedicandoli alla memoria di Luisa Caregaro, instancabile operatrice culturale e sociale della nostra città.

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