In un martedì di Champions (con la Juve protagonista), non può esserci il pubblico delle grandi occasioni, ma l’atmosfera intima tipica dei club underground. In realtà siamo alle Le Cantine dell’Arena, storico locale veronese – a due passi dal celebre monumento da cui prende il nome – che da anni offre una proposta musicale di grande qualità. E la serata promette di non essere da meno.

Dal silenzio del locale parte un basso, poi un sassofono e – bando alla timidezza – via alla batteria e al piano: il quartetto è formato da Federico Malaman, Marco Scipione, Maxx Furian e Alberto Bonacasa e loro sono i Timelin3 che nel loro tour, dopo essere stati a Bologna, Milano, Biella e Recoaro Terme, fanno ora tappa a Verona, portando il loro bagaglio di suoni di chiara ispirazione jazz.
Il gruppo porta sullo stesso palco musicisti che hanno alle loro spalle esperienze diverse: Malaman e Scipione collaborano attivamente con Mario Biondi, Bonacasa ha lavorato in passato con Fabrizio Bosso e Rachel Gould, mentre Furian, l’ideatore del progetto Timelin3 nato nel 2015, ha partecipato ai tour di personaggi come Laura Pausini, Franco Battiato ed Enzo Jannacci.

Un concerto jazz solo strumentale non è facile da capire: deve trasmettere qualcosa e arrivare alla gente in maniera diversa da quanto avviene con il cantato e questo, indubbiamente, ne ha tutte le capacità. Inizialmente ogni strumento è ben bilanciato, ognuno con la sua identità, come in un cocktail o una ricetta in cui ogni spezia ha il suo gusto riconoscibile, netto. E complementare.

L’aspettativa iniziale non è certamente qualcosa di energico o particolarmente estroverso, non ti aspetti un vero e proprio show nel pieno senso del termine, ma i ragazzi sanno metterci del loro, non subiscono le canzoni (benché le melodie non siano quelle dei Guns ‘n’ Roses), ma le vivono, le sentono e riescono a trasmettere all’esterno il “divertimento” che sta “dietro” a un suono così delicato. I Timelin3 riescono a essere armonici anche nel passaggio da suono di gruppo a quando diventa il sax a guidare l’emozione di chi ascolta. E a quel punto potresti immaginare qualunque cosa, perché sta al tuo stato d’animo farti guidare dall’emozione da percepire. Il sax propone, lo spettatore recepisce.

Federico Malaman

Con Song for Chiara si sciolgono anche i ritmi classici, i musicisti si liberano in un movimento più swing e divertito e il pubblico in sala comincia subito ad applaudire, nel mezzo dell’esibizione. Sale il volume e anche la batteria diventa più “decisa”. Con Whispers i ruoli cambiano, il sax si “inchina” (anche fisicamente) al resto della band e il piano prende il sopravvento, per poi tornare sul finale e rubare l’applauso, salvo poi tornare di nuovo armonici, in un saliscendi continuo ma mai stancante in cui anche la batteria ha il suo momento “solista” prima del gran finale, con grandi rullate in cui viene lasciato spazio a un assolo di basso… prima di ripartire nuovamente tutti insieme.

La sensazione è quella di aver ascoltato un concerto di musica non tanto suonata, ma sentita, con canzoni che colorano ed estraniano, che in alcuni momenti sembrano solo sottofondo, mentre in altri prendono il sopravvento. Il jazz ha questa capacità di spostarti da dove sei: sei a Verona sotto la rinomata Piazza Bra e se chiudi gli occhi potresti essere a New Orleans oppure a Parigi o a Praga. Ma quando li riapri ti rendi conto di essere ancora lì, a Le Cantine dell’Arena. Una magia.

Per la band ora è in programma una pausa estiva in cui ognuno tornerà a dedicarsi ai propri progetti per poi ritrovarsi, proprio come le loro canzoni, il 31 agosto di nuovo in tour. Di nuovo live.