Anche l’Italia si è adeguata alle direttive europee. Lo scorso 10 Dicembre durante la riunione del CITE (Comitato Interministeriale per la Transizione Ecologica) alla presenza dei ministri Roberto Cingolani (Transizione Ecologica), Enrico Giovannini (Infrastrutture e Mobilità Sostenibile) e Giancarlo Giorgetti (Sviluppo Economico), sono state decise le tempistiche di sostituzione dei veicoli a combustione interna con motorizzazioni “funzionali alla decarbonizzazione dei trasporti”. 

Un’espressione quest’ultima che in modo burocratico lascia intendere un passaggio all’auto elettrica senza doversi necessariamente sbilanciare sulla tecnologia da adottare.

In linea con la maggior parte dei Paesi avanzati, anche in Italia, dal 2035 saranno vietate le vendite di automobili nuove alimentate a benzina, gasolio, gas, mentre per furgoni e veicoli da trasporto commerciale leggeri tale divieto decorrerà dal 2040.

Da un recente rapporto McKinsey&Company: «Nell’Unione Europea […] si prevede la costruzione di circa 24 nuove giga-fabbriche di batterie per soddisfare la domanda locale per veicoli elettrici per passeggeri. Con oltre 70 milioni di veicoli elettrici in circolazione entro il 2030, l’industria dovrà installare un gran numero di punti di ricarica pubblici e fornire loro operazioni di manutenzione. La produzione di elettricità rinnovabile deve aumentare del 5% per soddisfare la domanda dei veicoli elettrici».

L’intero sistema che gravita attorno alla mobilità, dalla produzione dei veicoli al mondo dei carburanti, dal parco auto posseduto dai cittadini alle flotte che distribuiscono le merci, dalla produzione della nuova componentistica al sistema di distribuzione, manutenzione, alimentazione dei nuovi veicoli,  senza trascurare la circolazione urbana nelle città, avrà tredici anni per adeguarsi e fare in modo che il cambiamento diventi un’opportunità di miglioramento per tutti i soggetti coinvolti.

La decisione di “decarbonizzare il trasporto” diventa operativa ma crescono i dubbi e le preoccupazioni. C’è sempre chi vorrebbe tornare indietro.

I nuovi veicoli saranno elettrici a batteria

L’industria dell’auto ha deciso. Per le principali aziende del settore é iniziata la riconversione degli impianti produttivi, la riorganizzazione delle forniture, la riqualificazione delle maestranze. Alcuni esempi.

Nel giorno dell’insediamento del nuovo governo “semaforo” a Berlino, che sulla mobilità elettrica ha piani a dir poco aggressivi, Volkswagen ha annunciato investimenti  per un totale di 52 miliardi sull’elettrico  e un accordo con i sindacati per produrre in Germania le sue auto a batteria, a partire dal modello ID.3 che sarà fabbricata a Wolfsburg.

Il gruppo automobilistico italo-francese Stellantis (ex Fiat) ha siglato un accordo vincolante con Vulcan Energy Resources per la fornitura idrossido di litio da utilizzare per le batterie negli stabilimenti europei di veicoli elettrificati.  Nello stesso tempo Stellantis ha annunciato un accordo strategico con Factorial Energy per lo sviluppo congiunto di nuove batterie a stato solido, senza litio, ad alta tensione per applicazioni di trazione. Inoltre Mirafiori TO diventerà un centro di competenza per l’elettrificazione del Gruppo: non solo la 500 elettrica ma anche diversi modelli Maserati.

Nissan ha presentato la Nissan Ambition 2030, «la nuova visione a lungo termine dell’azienda per potenziare la mobilità», si legge in una nota. Nel piano sono previsti per i prossimi 5 anni investimenti per circa 18 miliardi di dollari nell’elettrificazione con il lancio di 23 nuovi modelli di cui 15 full electric. In particolare la casa giapponese ha annunciato di puntare ad elettrificare il 75% delle proprie vendite in Europa, oltre il 55% in Giappone e più del 40% in Cina e Stati Uniti, entro il 2030.

In questa situazione, con un mercato della auto diesel da anni in costante diminuzione, quanti costruttori faranno gli investimenti necessari per avere vetture a gasolio omologabili come Euro 7 entro il 2025? Probabilmente nessuno. Meglio investire nelle nuove tecnologie e accelerare la transizione.

Per quanto riguarda poi la disponibilità dei punti di ricarica, lo strumento che sostituirà i distributori di benzina, è significativo il recente annuncio di Blackrock.  La più grande società di investimento del mondo finanzierà, con 700 milioni di euro, Ionity, la società joint venture tra Bmw, Ford, Hyundai, Mercedes-Benz e Volkswagen, che intende quadruplicare il numero di punti di ricarica ultra-rapidi (da 350 kW), portandoli a 7.000 entro il 2025.

Anche Enel X vuole essere leader nei servizi all’auto elettrica, per questo ha rilevato una partecipazione del 12,5% in Hubject, una joint venture per la mobilità elettrica con sede a Berlino, che include tra i soci aziende di punta nei settori della tecnologia, dell’automotive e delle utility come Bmw Group, Bosch, Daimler, EnBW, Innogy, Siemens e  Volkswagen. Hubject ha sviluppato una piattaforma che consente la ricarica dell’auto elettrica attraverso una rete di oltre 200mila punti pubblici in tutto il mondo.


Motus-E  ottobre 2019 trend di vendita annua auto BEV (Battery Electric Vehicle) e parco circolante al 2030 in Italia

Il rapporto “Il futuro della mobilità elettrica” di Motus-E prevedeva per il mercato italiano 4 milioni di veicoli BEV (Battery Electric Vehicle) circolanti nel 2030, ma, considerando le vendite del 2021 del 25% del superiori al previsto, è un dato destinato ad aumentare significativamente.

Il cambiamento da realizzare sarà ampio e complesso


Il dibattito pubblico viene però distratto con oziose discussioni sull’idrogeno, sul nucleare o addirittura sulla possibilità di catturare la CO2 dall’aria. Argomenti certamente meritevoli di approfondimento, per ora solo teorico, ma che non devono essere usati per oscurare cruciali problematiche da affrontare urgentemente.

Noi italiani, ad esempio, dovremmo operare una difficile riconversione produttiva dell’indotto auto che, senza la quota di componentistica tradizionale esportata in Germania, potrebbe non sopravvivere. L’adeguamento dell’intero comparto che gli consenta di soddisfare la nuova domanda tedesca è il problema principale da affrontare subito (siamo già in ritardo) per evitare una drammatica crisi economica e sociale.

Nello stesso modo siamo in ritardo nella produzione di energia elettrica rinnovabile. La “decarbonizzazione del trasporto” non potrà avvenire se l’energia elettrica continuerà a essere prodotta utilizzando combustibili fossili  ma, nel nostro Paese, nel silenzio quasi generale, i permessi per installare impianti eolici e fotovoltaici continuano a richiedere da tre a sette anni di “istruttoria” pubblica.

Appare  infine chiaro che la transizione verso l’elettrico può offrire  alle Amministrazioni Comunali l’opportunità di risolvere contemporaneamente la congestione del traffico cittadino se accompagnato da un robusto programma di sviluppo del trasporto pubblico, condiviso, dolce. Renderebbe vantaggiosa la rottamazione della vecchia auto senza la sostituzione con un veicolo elettrico riducendo così drasticamente il numero dei veicoli in circolazione.

Ma anche su questo aspetto si nota un non meno trascurabile  ritardo delle amministrazioni a proporre adeguate strategie. Un esempio è il PUMS (Piano Urbano Mobilità Sostenibile) di Verona dove la mobilità elettrica è ancora considerata un’eventualità non tanto praticabile e sostenibile. (Nota della redazione: su questo argomento Heraldo ha chiesto a fine ottobre un’intervista al vicesindaco e Assessore ai Lavori Pubblici e Infrastrutture, Viabilità e Traffico del Comune di Verona Luca Zanotto per la quale attendiamo ancora riscontro).

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