Ha il suono di un grido liberatorio quel 77,30% di SÌ al diritto all’aborto uscito dalle urne domenica 26 settembre a San Marino. Un grido liberatorio per le donne di San Marino, la cui libertà di scelta in tema di IVG (interruzione volontaria della gravidanza, ndr) era fino a ieri regolata da una legge del 1865. “Il SÌ ha vinto con il 77,30% dei voti” – ha dichiarato a Repubblica Valentina Rossi dell’Unione Donne Sammarinesi, l’associazione promotrice del referendum – ora inizia una strada meravigliosa perché con un SI’ così determinato potremo finalmente avere una legge anche per San Marino e assistere qui le donne che dovessero aver necessità di ricorrere all’IVG”.

Fino a quando non diventerà legge, però, per le donne di San Marino l’unica possibilità di interrompere una gravidanza non desiderata rimane quella adottata dal 1978 (anno in cui l’aborto fu dichiarato legale in Italia, ndr) ad oggi: affidarsi alla sanità italiana, pagando di tasca propria fino a 2.500 euro per l’assistenza medica. Pochi giorni fa sono stati anche presentati i dati Istat relativi agli anni compresi tra il 2005 e il 2019. In media una ventina di interruzioni di gravidanza per anno negli ospedali delle province di Rimini, Forlì-Cesena e Pesaro-Urbino. Il picco nel 2013 con 30 aborti, 12 nel 2018 e 7 nel 2019. Ma se una donna avesse dovuto avere bisogno di cure specialistiche in seguito ad un aborto, a San Marino rischiava fino a 3 anni di carcere per esservi ricorsa. Ora il Consiglio Grande e Generale, il parlamento sammarinese, avrà sei mesi di tempo per scrivere la nuova legge che sostituirà quella del 1865. Non solo: fino agli anni ’50 a San Marino le donne non avevano personalità giuridica, non potevano firmare un contratto, sostanzialmente erano sottoposte alla potestà del padre, e poi dell’eventuale marito. Addirittura, fino al 1984 se una donna sanmarinese sposava un uomo di una città italiana o comunque straniera, perdeva automaticamente la cittadinanza.

È stata una campagna referendaria molto dura, quella condotta dagli opposti comitati per il SÌ e il NO, tanto che fino all’ultimo il responso delle urne non era affatto scontato.

E senza esclusioni di colpi è stata soprattutto la campagna degli oppositori al diritto all’aborto riuniti nel comitato “Uno di noi”, che ha tappezzato San Marino di manifesti molto contestati. In particolare, un manifesto che ritraeva un ragazzo con sindrome di down accompagnato dalla scritta: “Io sono un’anomalia. Per questo ho meno diritti di te?” ha scatenato l’indignazione delle donne favorevoli all’IVG, per la strumentalizzazione del messaggio totalmente inopportuna, al punto che anche il ministro dell’informazione di San Marino, Teodoro Lonfernini, esponente della Democrazia cristiana sammarinese, il partito che si è schierato per il NO, ne aveva dichiaratamente preso le distanze.

Così come ha destato indignazione il manifesto che ritraeva una bambina con la faccia stupita e la scritta: “Vogliono legalizzare l’aborto fino al nono mese”, laddove è chiaro a chiunque che al nono mese si parla di parto, certamente non di aborto. Anche i medici di San Marino hanno espresso contrarietà a questo tipo di messaggio falso e fuorviante del comitato per il NO, ed è stata chiesta la rimozione immediata dei manifesti che contenevano messaggi sbagliati sotto il profilo strettamente medico.

Adesso le esponenti dell’Unione Donne Sanmarinesi, in prima linea nella campagna referendaria per il SÌ, chiedono che il governo tenga conto della bozza di legge che proprio loro hanno presentato nel 2019, come base per la nuova legge che tenga conto dell’opinione delle cittadine e dei cittadini.

E si godono una vittoria arrivata dopo 18 anni di lotte per un diritto che in Europa è riconosciuto alle donne ormai quasi ovunque.

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