Il piccolo ha già mangiato e ora corre in giro per la casa sprigionando tutta l’energia che un bambino di due anni può avere.

Besmir si appresta a preparare le frittelle tipiche albanesi, che tanto gli ricordano casa.

La sua mamma gliele preparava sempre da piccolo e ha lasciato la sua ricetta giusto un mese fa durante la sua ultima visita. Besmir la segue passo passo, setacciando la farina e formando piccoli dischi di pastella che frigge con fare sicuro.

Le mangeremo poi con miele e feta, l’ideale per una cena semplice e leggera, nonostante l’olio fritto sia l’elemento principale della ricetta, per ricordare che la cucina albanese dopotutto è fatta di pochi ingredienti, sani, a chilometro zero, tanto
che anche a due passi dal centro città si possono avere grandi orti in comune
per replicare la buona abitudine della famiglia di origine.

Scutari, nel Nord dell’Albania, seconda città per grandezza dopo Tirana, era – e forse è ancora – una città d’altri tempi, dove la popolazione, per lo più di agricoltori e allevatori, si nutriva di alimenti calorici come carne, pesce e formaggio, per affrontare ore di duro lavoro nei campi.

Nato nel 1985, Besmir ricorda un’infanzia di restrizioni sotto il regime comunista, dove vedere al mattino al bar consumare una grappa con caffè turco prima di iniziare il lavoro era cosa comune.

Le petulla erano preparate per ricche colazioni, merende dopo scuola, ma anche – come stasera – per cene veloci e gustose. Negli ultimi anni l’Albania sta cambiando: dopo la caduta del regime e la guerra civile del 1997 una marea di giovani e famiglie ha abbandonato il Paese.

Così è stato anche per lui.

A quattordici anni, una mattina di fine estate, invece di andare a giocare Besmir parte per il porto: non tornerà mai più.

Se ne va senza dire nulla a nessuno, i genitori non gli avrebbero mai permesso una cosa simile. Da qualche settimana il padre forse aveva intuito le intenzioni del suo primogenito, che aveva negli occhi qualcosa che non lo tratteneva più.

La televisione in bianco e nero trasmetteva i cartoni animati italiani; al catechismo, da quelle suore sempre italiane, stava imparando il più velocemente possibile la lingua. Se lo doveva aspettare. E così è andata.

Nel tragitto al buio verso una possibilità di vita dignitosa, Besmir fa amicizia con un ragazzo di due anni più grande. Arrivano a Valona, a più di duecento chilometri da casa, senza soldi né vestiti di ricambio.

Trascorre una settimana prima di capire come muoversi, soprattutto come riuscire a prendere una nave verso l’Italia, da minorenni e senza biglietto. Individuata la nave giusta i due si tuffano in acqua, raggiungono l’imbarcazione a nuoto e si arrampicano da un ingresso secondario, restando nascosti fino alla partenza e fino a quando non arriva il tanto agognato buio.

Ce la fanno, sbarcano in Puglia. A distanza di vent’anni lui ancora non ha capito se a Brindisi o a Lecce: era il 1999.

Spostarsi non ancora maggiorenni era rischioso ma in quel periodo molti pugliesi sapevano di dover aiutare in qualche modo quei ragazzi tanto simili ai “loro” ma con lo sguardo così sperduto.

Besmir tiene tra le mani una foto della sua famiglia di origine. Foto di Alice Silvestri

Grazie a una coppia i due riescono ad acquistare un biglietto, destinazione Verona, dove Besmir conosceva solo uno dei fratelli della mamma. Lo chiama prima di arrivare, prendendosi la giusta ramanzina perché non doveva procurare così tanto dolore alla sua mamma, senza preavviso, senza un piano.

E il posto per lui non c’era.

Alla stazione di Porta Nuova, nella città scaligera, dopo settimane di viaggio, i due vengono subito intercettati dalla polizia e portati all’Istituto don Calabria, che in quel momento accoglieva minori non accompagnati.

È forse la loro più grande fortuna.

Besmir viene affidato a una casa-famiglia e conosce l’uomo che di fatto diventa il suo genitore adottivo, in Valpolicella, entrando così in una famiglia allargata che lo ha sostenuto e accolto fino al compimento del ventunesimo anno.

Appena ambientato in provincia – la Valpolicella, «il più bel posto mai visto», racconta – riprende per la seconda volta a frequentare la terza media, che aveva già concluso in Albania tre mesi prima, certificata dalla pagella che era riuscito a portare con sé quella mattina in cui era uscito di casa per l’ultima volta.

Per dimostrare i suoi ottimi voti e avere l’opportunità di guadagnarsi il suo posto nel mondo.

Durante le superiori inizia da subito a lavorare in pizzeria come cameriere, imparando tanto delle abitudini e dai modi delle persone, per guadagnarsi il primo motorino.

Conosce la sua Irene tra i banchi di scuola: si mettono insieme alla fine della maturità, per poi arrivare a condividere un mutuo e un bellissimo figlio. Oggi genitori anche di un’adorabile bimba nata un anno fa.

Mamma, papà e i due fratelli più piccoli li rivede dopo quattro lunghi anni, al compimento dei suoi diciotto, che gli hanno permesso di attraversare di nuovo l’Adriatico.

Mostrandoci le foto della famiglia, Besmir ci esorta a mangiare ancora petulla, «perché sono deliziose se consumate calde». E ricorda le specialità che tanto gli mancano, come byrek e bakllava, sfiziosi tortini turchi salati e dolci. O il pilaf, piatto di riso tostato con pollo bollito e yogurt bianco.

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