Oggi, lunedì 2 agosto, ricorre il quarantunesimo anniversario della strage di Bologna. Uno degli eventi più tragici della storia del nostro Paese, caratterizzata, nei cosiddetti Anni di Piombo fra la seconda metà degli anni Settanta e i primi anni Ottanta, da numerose azioni terroristiche, che ferirono in maniera indelebile lo spirito di una nazione intera.

A Bologna, quel giorno d’estate del 1980, alle 10.25 del mattino nel pieno di un esodo estivo, venne fatta scoppiare una bomba nella sala d’aspetto di quello che era ed è lo snodo ferroviario più importante d’Italia. Morirono 85 persone e rimasero gravemente ferite altre 200.

Chiunque abbia più di cinquant’anni ricorda con precisione le sensazioni di sgomento e rabbia che suscitarono le notizie provenienti dalla città felsinea, quel giorno.

Ma un’intera generazione, quella dei trentenni di oggi, non può considerare propria un’esperienza che inevitabilmente non ha vissuto sulla propria pelle. I gravissimi fatti della città felsinea, da cui sono trascorsi 41 anni, arrivarono nel pieno degli Anni di Piombo, quel periodo che va dalla strage di Piazza Fontana a Milano fino ai primi anni Ottanta in cui estremisti di destra e di sinistra seminarono il terrore nell’Italia che usciva dal boom economico degli Anni Cinquanta e soprattutto Sessanta e ancora non si era tuffata completamente in quello degli anni Ottanta.

Le tensioni sociali erano fortissime e se da una parte portarono alla nascita delle temibili Brigate Rosse (Curcio, Franceschini), dall’altra nacquero Ordine Nuovo, Avanguardia Nazionale e Ordinero Nero. Furono anni terribili, in cui le due ideologie si fronteggiarono a colpi di bombe e uccisioni, rapimenti e ricatti, nel tentativo di primeggiare in una competizione che avrebbe visto solo sconfitti, a cominciare dalle vittime innocenti. Si ricordano, fra gli altri, l’attentato all’Italicus, quello di Ustica, quello che portò prima al rapimento e poi all’uccisione di Aldo Moro e della sua scorta e di moltissimi altri fatti di sangue, che hanno purtroppo caratterizzato indelebilmente quell’epoca di trasformazioni sociali ed economiche.

Anche per non dimenticare, l’attore e autore teatrale Stefano Paiusco ha portato in scena per molti anni Omissis. 2 otto 80. Stazione di Bologna, un monologo scritto a quattro mani con lo scrittore e poeta Raja Marazzini.

Un testo, questo, che ha saputo catapultare lo spettatore nel cuore di quegli anni amari, ricostruendo lo scenario politico dell’epoca e soprattutto le vicende che portarono inesorabilmente all’attuazione di quell’insensato piano criminale.

«Quel giorno a Bologna morì anche un mio conoscente veronese», spiega Paiusco, che da sempre propone sulle scene il suo teatro “evocativo”, seguendo le orme dei maestri Dario Fo e Giorgio Gaber. «Davide Caprioli era a Bologna, quel giorno. La sua vita venne spezzata insieme a quella di altre ottantaquattro persone. Per un intero anno, passando ogni sera per la stazione di Bologna dove facevo il militare fra il 1982 e il 1983, ho letto nella sala d’aspetto, la lista dei nomi delle vittime di quell’attentato. E ho sempre pensato che, quando avessi avuto l’occasione, avrei parlato sul palcoscenico di quell’evento. L’incontro con Marazzini, qualche anno dopo, è stato decisivo. Insieme, nel corso di quattro anni di lunghe ricerche, abbiamo raccolto il materiale necessario per scrivere il testo, che vuole essere il più oggettivo possibile. Abbiamo analizzato e spulciato centinaia di documenti ufficiali, fra sentenze, dichiarazioni, reportage, rapporti e relazioni. Abbiamo ricostruito, attraverso questo studio approfondito, tutto quello che è successo prima e dopo quello scoppio, fino alle sentenze della Cassazione, arrivate quindici anni dopo la strage (con delle appendici nel 2007 – Luigi Ciavardini – e nel 2020 – Gilberto Cavallini). Strage che avrebbe potuto essere evitata se solo qualcuno, all’epoca, avesse voluto farlo. Si tratta di un resoconto preciso di quanto emerso dalle indagini che gli inquirenti hanno svolto per arrivare ai colpevoli».

Stefano Paiusco

In realtà, come viene ampiamente spiegato dall’opera, la vicenda non è stata ancora chiarita del tutto. Sono stati sì condannati Giuseppe Valerio Fioravanti e Francesca Mambro come esecutori materiali della strage. Vennero anche condannati per depistaggio delle indagini alcuni altri esponenti dei servizi segreti e della Loggia P2, fra cui lo stesso fondatore Licio Gelli, oltre a Pietro Musumeci, Francesco Pazienza e Giuseppe Belmonte, ma a distanza di altri venticinque anni resta comunque un mistero chi furono effettivamente i mandanti della strage. Vennero però implicati gli stessi servizi segreti (con il SISDE di Amos Spiazzi) e anche la criminalità organizzata, che, pare, aiutò gli esecutori dell’attentato.Ma dei mandanti, ad oggi, nonostante numerosi indizi, non vi è ancora nessun accenno in nessuna delle sentenze dei vari gradi della giustizia. Né in primo grado, né in secondo, né in Cassazione. Semplicemente non esistono. Omissis, appunto, come ricorda il titolo di questa eccezionale opera, che è già stata proposta, a partire dal suo debutto nel lontano dicembre 2001, in centinaia di rappresentazioni in tutta Italia. Un’opera anche poetica, che trova in Foscolo, Cervantes, Omero, Ionesco i suoi numi tutelari e che ha l’intento dichiarato di non dimenticare e, usando le parole degli stessi autori, “non smettere di coltivare la speranza”. Mai.

Raja Marazzini

«Ci siamo resi conto che alla fine dell’iter giudiziario permane una zona grigia  che non può o non si vuole intaccare», racconta Raja Marazzini, coautore con Paiusco di numerosi altri testi teatrali, fra cui il commovente Ortigara 1917. Il calvario degli Alpini. «Con questo testo abbiamo voluto lanciare un messaggio ben chiaro: non è più il tempo delle discussioni, ma è tempo di agire. Questo attentato è già stato analizzato nelle aule dei tribunali, sui giornali, nelle televisioni, nelle case delle famiglie. È arrivata da tempo l’ora di risvegliare le coscienze dal torpore e cercare di capire cosa è realmente successo in quegli anni così oscuri. Sono troppi ancora gli interrogativi che non avranno probabilmente mai più risposta, anche per colpa di una precisa volontà politica, che nel corso degli anni ha saputo affermarsi oltre ogni esigenza di verità e giustizia». Verità e giustizia di cui hanno ancora bisogno i parenti delle vittime, riuniti nell’Associazione tra i Familiari delle Vittime della Stazione di Bologna, che hanno supportato e coadiuvato, insieme alla sorella di Davide, Cristina Caprioli, i due autori, nell’ambito della loro difficile ricostruzione storica degli eventi. Anche grazie a questo monologo e alla testardaggine di alcune persone è stata dedicata a Davide una via e l’aula magna del liceo Fracastoro, oltre alla biblioteca della scuole Fedeli, in Borgo Milano, dove nei giorni scorsi gli è stato dedicato anche un busto dell’artista bolognese Mario Piccoli, collocato nel cortile . Da diversi anni, infine, a Bologna, in occasione della commemorazione del 2 agosto, è presente anche il Gonfalone della nostra città.

Davide Caprioli

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