Gli ultimi mesi sono stati cruciali nell’Unione Europea per i tanti provvedimenti presi in tema di emergenza climatica: dalla legge sul clima ai Piani nazionali di ripresa e resilienza, dalla pac a “Fit for 55”, il pacchetto di dodici proposte legislative per concretizzare il Green Deal europeo. Su questi temi Heraldo ha voluto sentire l’opinione di Eleonora Evi, 37 anni, milanese, che dal 2019 è europarlamentare, da prima nelle file del M5S e dal 2020 nei Verdi Europei, e che dall’11 luglio scorso è diventata co-portavoce, assieme ad Angelo Bonelli, di Europa Verde il partito dei verdi italiani.

Evi, quali sono le battaglie che Europa Verde intende portare nelle piazze per coinvolgere attivamente gli italiani?

«I temi sono tanti, a partire dall’emergenza climatica i cui devastanti effetti sono sotto gli occhi di tutti. Alluvioni in Germania e in Belgio, caldo record in Canada e USA, mentre la fredda Siberia, sembra un paradosso, va a fuoco. Ma un punto sul quale intendiamo insistere è che la transizione ecologica porterà nuove opportunità, soprattutto in Italia. Noi Greens/EFA (Gruppo dei Verdi/Alleanza libera europea) abbiamo commissionato uno studio alla Cambridge Econometrics secondo il quale raggiungere una riduzione delle emissioni del 60 per cento entro il 2030 darebbe un forte impulso all’economia e nuovi posti di lavoro soprattutto per l’Italia, per la quale l’aspettativa di crescita del Pil passerebbe dallo 0,8 al 2,6 per cento, con un aumento dell’occupazione dell’1,2 per cento.»

Il Governo Draghi ha il consenso di quasi tutto il Paese, voi come lo giudicate: amico o nemico dell’ambiente?

«Avevamo sperato che questo governo potesse segnare un cambio di passo per le politiche ambientali, ma il Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) di recente approvato sembra del tutto insufficiente a portarci verso la transizione ecologica. Nel Pnrr trovano ancora ampio spazio numerosi progetti solo in apparenza sostenibili, non sono previste misure adeguate in favore dei giovani, né strumenti idonei per affrontare in maniera concreta il problema delle diseguaglianze di genere e i divari territoriali. Forse grazie al nostro intervento si è evitato il dramma di un Pnrr completamente disastroso, ma siamo ancora lontani dal percorso tracciato dall’Unione Europea con gli obiettivi del Green Deal. Ci saremmo aspettati una valutazione più seria e rigorosa dei Piani nazionali, affinché la svolta green – che ricordiamolo significa dare opportunità occupazionali e rendere concorrenziali i territori – non si riducesse a un inutile slogan a effetto. Per non parlare poi delle discutibili azioni e affermazioni del Ministro Roberto Cingolani che definisce la transizione ecologica un bagno di sangue. A oggi ci sembra che il nostro Paese all’appuntamento con la transizione ecologica e con gli obiettivi climatici risulti ancora assente ingiustificato.»

La Commissione europea ha presentato il 14 luglio scorso un pacchetto di dodici proposte legislative, denominato “Fit for 55”, per concretizzare il Green Deal europeo che prevede una riduzione delle emissioni di gas serra di almeno il 55% entro il 2030. Il suo giudizio?

«Un pacchetto complessivamente poco coraggioso. Sebbene abbia al suo interno alcune proposte importanti – come il divieto di vendere auto a combustione dal 2035… noi Verdi avremmo voluto il 2030 e ci batteremo per anticipare la data – rischia però di farci proseguire verso un aumento di temperature medie di 2-3 gradi centigradi perché è troppo debole su altri fronti, come le rinnovabili, dove propone un obiettivo del 40 per cento di produzione di energie rinnovabili al 2030 quando potremmo arrivare al cento per cento già nel 2040 se ci impegniamo seriamente perché è già oggi un obiettivo tecnologicamente ed economicamente fattibile! O, ancora, troppo debole sui meccanismi per far pagare chi inquina ed emette gas serra in atmosfera e infatti consente ancora i cosiddetti “permessi gratuiti” nell’ambito del ETS agli impianti industriali che così facendo, sebbene con delle limitazioni, continueranno a non pagare per le tonnellate di anidride carbonica che emettono. Il paradosso è che in Italia il pacchetto viene criticato dal Ministro della transizione ecologica Roberto Cingolani perché troppo ambizioso, terrorizzato che il divieto di vendita di auto diesel e benzina nel 2035 “rischi di far chiudere Motor Valley”. Il bagno di sangue e la distruzione della nostra economia sta già avvenendo e avverrà con più forza se non facciamo nulla. Il costo della inazione, in termini di vite umane, di danni economici e di ferite e disuguaglianze sociali saranno sempre più gravi e profonde se non facciamo nulla o se agiamo troppo lentamente. Urge capire che le opportunità per creare posti di lavoro e benessere per tutti stanno proprio nei nuovi lavori verdi, nelle rinnovabili, nei servizi di mobilità pulita, nell’economia circolare.»

Eleonora Evi

Lei è stata molto critica sulla legge sul clima che ha avuto a giugno il via libera dal Parlamento europeo e che prevede entro il 2050 emissioni zero di gas serra. Non è una buona legge da cui partire?

«Insieme ai miei colleghi dei Greens/EFA ho votato contro il compromesso sulla legge europea sul clima per diverse ragioni. Questa proposta non tiene conto dei ripetuti solleciti della comunità scientifica che ha più volte ribadito come una riduzione delle emissioni al 55 per cento non sia sufficiente a contenere l’aumento delle temperature secondo quanto stabilito dagli Accordi di Parigi. All’Unione Europea e agli Stati membri si richiedeva uno sforzo maggiore nel taglio delle emissioni in questo decennio cruciale per contrastare la crisi climatica. Richieste rimaste inascoltate. Inoltre, la riduzione delle emissioni al 55 per cento è solo apparente perché frutto di inammissibili trucchetti contabili che nel calcolo includono anche le emissioni assorbite dal suolo e dalle foreste, cosicché la percentuale reale è solo del 52,8 per cento. L’azione politica dei Verdi è stata fondamentale per ottenere la prima legge europea sul clima della storia, per conseguire la promessa di un budget per i gas serra – ma che partirà dal 2030 quindi quando saranno trascorsi i 10 anni cruciali per fare la differenza! – e per istituire un comitato scientifico indipendente che dovrà monitorare le politiche adottate per raggiungere il taglio delle emissioni e dare suggerimenti per correggere la rotta, ma siamo ancora lontani da una legge che possa effettivamente contrastare l’attuale crisi climatica.»

A inizio giugno è stata approvata la nuova Pac (Politica agricola comune) che da sola rappresenta un terzo dell’intero bilancio dell’Unione Europea. Lei ha definito l’accordo «uno schiaffo alle ambizioni ambientali e climatiche dell’Europa e un assegno, pressoché in bianco, alla lobby dell’agribusiness». Ci spieghi in poche parole cosa prevede che accadrà dal 1° gennaio 2023 quando entrerà in funzione la nuova Pac?

«Questa Pac ha il sapore amaro delle grandi occasioni mancate. Mantiene, infatti, inalterate le storture di quella precedente e di fatto non consente al mondo agricolo di fare quell’avanzamento atteso e necessario. Fino al 2027 si continueranno a finanziare gli allevamenti intensivi, si confermano i criteri quantitativi per l’erogazione dei finanziamenti – ovvero i sussidi vengono erogati in base agli ettari di terreno posseduti o al numero di capi allevati – danneggiando i piccoli agricoltori a vantaggio delle grandi industrie.»

Un’ultima domanda. Lei ha lasciato il M5S per aderire ai Verdi Europei. Lo ha fatto perché i pentastellati sono lontani dai temi dell’ambiente?

«Sarò sempre grata agli elettori che hanno riposto la loro fiducia in me e a loro mi sento di dire che continuo con coerenza a portare avanti le mie lotte, quelle nelle quali ho sempre creduto, perché io non sono mai cambiata. Quando però il movimento politico nel quale ti sei ritrovata proprio per le sue idee ambientaliste cambia pelle e abdica alle sue battaglie più importanti, mi riferisco a Tav, Tap, Ilva, e poi addirittura sui sussidi alle fonti fossili, sul Mes e, goccia che ha fatto traboccare il vaso, sulla Politica agricola comune, non ho potuto fare a meno di cercare una nuova casa nella quale portare avanti con più determinazione e maggiore capacità di incidere le mie battaglie storiche.»