Uno sguardo sopra alle nuvole. Uno scatto, veloce, come si fa con il proprio cellulare. Quello fatto da Gabriele Rodriquez da Cima Sparavieri è tanto piaciuto alla commissione giudicatrice dell’Ippa Award da assegnargli il primo premio nella categoria Panorama.

I risultati della quattordicesima edizione del riconoscimento internazionale sono stati divulgati il 22 luglio e contano altri tre italiani. È pero il veronese Rodriquez, di professione commercialista ma noto in città per la sua ricerca fotografica, ad aver ottenuto il primo posto con una foto che sembra un omaggio a uno dei suoi miti, Ansel Adams.

Immortalare l’attimo

«Ho scattato “Over the clouds” mentre aspettavo il mio compagno di trekking, che mi stava raggiungendo sulla cima – spiega l’autore, che ha all’attivo numerose pubblicazioni editoriali, sia cartacee sia in ebook, dei suoi reportage e della sua sperimentazione artistica come esponente della Mobile Art -. Quest’inverno ci sono state in Lessinia delle nevicate perfette, di cui ci siamo potuti accorgere poco visto che le escursioni erano molto limitate dai provvedimenti anti-Covid. Tutto si è svolto in poco più di un attimo, già cinque minuti dopo le nuvole erano cambiate e così la luce. Ricordo ancora la sensazione di quanto mi sia sentito piccolo davanti a uno spettacolo simile.»

Over the clouds“, Gruppo del Carega, fotografia di Gabriele Rodriqez, vincitrice della categoria Panorama all’Ippa Awards 2021.

L’Ippa Awards seleziona ogni anno le fotografie più efficaci realizzate con l’iPhone e le assegna a diciassette categorie in concorso, oltre al premio per il Fotografo dell’anno. Le immagini vincitrici quest’anno provengono da Grecia, Austria, Ungheria, Italia, Spagna, Israele, Paesi Bassi, Svezia, Regno Unito, Messico, Russia, Bangladesh, Cina, Australia, Arabia Saudita e Stati Uniti.

Oltre quarant’anni dietro all’obbiettivo

«Ho iniziato a fotografare nel 1977, il mio è un percorso lunghissimo passato a scattare, in particolare per reportage di viaggio, alcuni dei quali sono stati pubblicati. Punti di riferimento per me sono sempre stati Adams, Sebastião Salgado, ma anche Steve McCurry. Linguaggi che ho studiato a lungo, su cui mi sono esercitato per decenni fino a raggiungere una capacità tecnica che mi soddisfaceva, ma che lentamente ha cominciato a non bastarmi più. E infatti è curioso, dal mio punto di vista, che l’Ippa abbia premiato la mia foto, una delle nove che avevo mandato, in cui solo tre erano state fatte con la stessa tecnica, mentre le altre sono immagini frutto della mia ricerca più recente. Mi fa piacere aver ottenuto questo premio, anzi, sono balzato sulla sedia quando l’ho saputo. Però ecco, fa parte delle foto che faccio “per gli amici”. So che sono più immediate, piacciono, ma mi definiscono ormai in parte

L’incontro con la Mobile art

La svolta espressiva di Rodriquez avviene nel 2014, anno per lui di radicale cambiamento e di avvio di una ricerca che non ha più abbandonato. «Ero stato in India per la prima volta e mi ero preparato per un reportage che volevo fosse la sintesi dello studio dei miei maestri. Avevo fatto un buon lavoro, ne ero soddisfatto, ma subito dopo mi chiesi cos’altro avessi da dire. Mi sembrava di essere arrivato al compimento di un processo, dopo il quale non avrei avuto più nulla da apprendere se non continuare a ripetermi per puro appagamento estetico. Così ho alzato l’asticella. Ho sempre amato l’arte astratta, la pittura non figurativa, tra cui il lavoro di František Kupka. Ho quindi associato questo interesse alle potenzialità della fotografia digitale e ho cominciato a sperimentare.»

Uno dei lavori più recenti di Gabriele Rodriqez, influenzato dalla ricerca della Mobile Art. Come ha scritto in una prefazione Giancarlo Beltrame, “Gabriele, […] ha iniziato ad esplorare nuovi territori dell’immagine e dell’immaginario a partire sempre da uno scatto comunque fotografico. Diventano perlustrazioni che inevitabilmente conducono in spazi interiori.”

Sono da vedere con molta attenzione le immagini che nascono dalla ricerca di Rodriquez. Le opportunità aperte dall’avvento delle nuove tecnologie sono diventate per lui un potenziamento delle possibilità espressive, che superano i limiti della post-produzione analogica e consentono un’evoluzione dell’immagine dopo lo scatto che può diventare persino invasiva.

Centrale l’incontro con Giancarlo Beltrame, critico cinematografico, fotografo, autore di videoinstallazioni, che insieme a Maria Teresa Ferrari nel 2014 aveva realizzato il Salone internazionale della Mobile Art al Mart di Rovereto, coinvolgendo duecento artisti da tutto il mondo (il progetto avrebbe dovuto realizzarsi al Centro internazionale di fotografia agli Scavi scaligeri, che però chiuse proprio in quel periodo. Chissà che non possa trovare una destinazione non appena lo spazio espositivo riaprirà, come promesso dall’accordo da poco deliberato dalla Giunta comunale, nda.)

«La Mobile art mi ha aperto nuove prospettive e ora scatto continuamente appunti, dettagli, forme, oggetti, che poi sottopongo a elaborazioni grafiche, tramite app o direttamente con la matita capacitiva, fino a realizzare opere di natura artistica» spiega Rodriquez. La spinta all’astratto non è un rifiuto del figurativo, ma la ricerca di forme inattese, composizioni di soggetti e superfici che danno origine a nuovi significati e chiedono all’osservatore di fermarsi, di immergersi nell’immagine per scoprirne il segreto e lasciarsi condurre verso un significato nuovo.

Immagini e poesia: il lavoro con Giorgio Maria Bellini

«In questi anni ho continuato a fare anche progetti vicini al reportage, come quello al seguito della Scuola campanaria veronese di Sant’Antastasia», da cui è nato il libro Il Segno, 180 scatti che accompagnano la storia di questa antica tradizione. «E poi c’è stato l’incontro con il poeta Giorgio Maria Bellini ed è scattata una scintilla creativa che ci sta ancora coinvolgendo», continua Rodriquez.

Da uno scambio circa la ricerca personale tra immagini e parole è nato un volume, De ratione artis, cui è seguito Frame – Come in un film, e le prossime uscite Nei luoghi della memoria, Bulb, Geometrie variabili, Mirabile.

L’interpretazione del Museo lapidario maffeiano secondo la visione di Gabriele Rodriqez.

«Abbiamo messo a confronto i nostri linguaggi per capire come possano completarsi – spiega il fotografo. – Avremmo dovuto presentare il terzo volume in Sala Farinati nel 2020, la pandemia ci ha fermati sul fronte della pubblicazione, forse passeremo all’ebook viste le difficoltà di questo periodo.»

Dopo lo scatto cosa resta?

Tornando al premio appena ricevuto, è inevitabile una riflessione su quanto l’immediatezza di uno scatto efficace e la costruzione di un linguaggio non siano azioni estemporanee. «Questo riconoscimento mette al centro le potenzialità di uno strumento, lo smartphone, che dà a molti l’opportunità di fare belle foto – sottolinea il vincitore della sezione Panorama dell’Ippa Awards -. Ed è una possibilità che apprezzo: il mio telefono è un registratore per me necessario, ho avuto attrezzature meravigliose, ma l’ultima foto realizzata con la macchina fotografica risale al 2019 per un reportage in India. Certo è che con questa produzione costante, enorme, di fotografie si consuma tutto molto in fretta e la banalizzazione è dietro l’angolo. Però le belle immagini rimangono e risaltano, specie se dietro lo scatto c’è un occhio esperto.»

E se dall’altra parte, quella di chi guarda, c’è la voglia e la capacità di fermarsi e guardare.

Per conoscere il lavoro di Gabriele Rodriquez si può consultare il suo sito internet e il profilo su Flickr, che è in costante aggiornamento.

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