Una delle problematiche alimentari più presenti in età evolutiva riguarda l’obesità infantile. Vista la sua crescente diffusione e la sua influenza sulla qualità della vita, diversi approcci teorici hanno cercato di spiegare quali siano le cause e i fattori di sviluppo di questo fenomeno. Ogni modello dà più peso a un aspetto piuttosto che ad un altro; tutti però concordano nel ritenere l’obesità infantile frutto di diverse variabili.

Le influenze possono infatti essere di tipo individuale, sociale (come famiglia, scuola, comunità) o genetiche; a seconda della fascia di età presa in considerazione, tali fattori possono avere un peso maggiore o minore.

L’Ufficio Regionale per l’Europa dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) evidenzia come l’ultima decade abbia visto un aumento del tasso di sovrappeso nella popolazione infantile. Prendiamo, ad esempio, i dati emersi dallo studio del COSI (Childhood Obesity Survaillance Initiative) su una popolazione di 250.000 studenti di età compresa tra i 6 e i 9 anni selezionati in 36 paesi europei tra il 2015 e il 2017: il 29% dei maschi e il 27% delle femmine sono risultati in sovrappeso; tra questi, il 13% dei maschi e il 9% delle femmine a livello di obesità. Vista l’incidenza del problema in questione, alcuni paesi europei dell’area mediterranea in cui i tassi di obesità generale sono più alti stanno implementando una serie di misure di prevenzione sulla base delle linee guida fornite dall’OMS, quali l’introduzione di tasse sulle bevande zuccherate, alcune restrizioni sul marketing alimentare e delle lezioni di educazione fisica. 

Ma oltre a fattori di tipo individuale, sociale e genetico, ora altri studi hanno preso in considerazione l’influenza che il COVID-19 ha avuto sulla questione. Una metanalisi pubblicata sulla rivista Obesity Medicine ha individuato infatti tre macrocategorie di fattori (biologici, psicologici e sociali) che incidono sull’obesità infantile, sottolineando come l’arrivo della pandemia abbia aumentato in maniera significativa il peso di alcune di queste variabili; elementi quali la solitudine, la somatizzazione dello stress, i disturbi del sonno, l’ansia, la noia, il distanziamento sociale e l’aumento della sedentarietà sono soltanto alcuni di quelli portati all’eccesso in relazione al COVID-19. 

Non si tratta tuttavia di effetti limitati alla salute fisica: pochi anni prima della pandemia, uno studio di Citarelli, Di Trani e Solano (2016) ha mostrato in bambini tra 8 e 12 anni una correlazione lineare significativa tra la difficoltà ad esprimere e identificare le proprie emozioni (differenziandole dalle sensazioni corporee) e il loro peso corporeo. 

Tutto questo ci porta ad alcune considerazioni: innanzitutto i dati a nostra disposizione non fanno che confermare quanto già evidenziato da tempo in diversi contesti, con una preoccupazione sempre maggiore per la salute della popolazione infantile nei paesi più sviluppati. È un problema di cui si parla e si scrive da anni, ma che si presenta con sempre maggiore forza e intensità: forse gli sforzi fatti fino ad ora per affrontare o arginare il fenomeno non sono stati sufficienti, o forse è necessario trovare altre forme di comunicazione più incisive al di là dei conosciuti canali istituzionali.

Possiamo però cercare di ricavare delle indicazioni operative e delle soluzioni dagli studi fin qui citati. Questi, infatti, hanno evidenziato quanto la pandemia e i conseguenti lockdown abbiano inasprito diverse sensazioni negative quali ansia, noia, irritabilità e che questo possa comportare necessariamente l’aumento del problema dell’obesità infantile. 

Da un lato appare, quindi, intuitivo e immediato pensare ad un intervento di tipo diretto sullo stile di vita e l’educazione alimentare, dall’altro possiamo ipotizzare che un lavoro sulla regolazione emotiva dei bambini possa portare a benefici anche in questo ambito.  

Uno degli strumenti che si possono utilizzare in una prima fase di lavoro sulle emozioni prevede la compilazione di un vero e proprio diario emozionale. Il diario si compone di tre colonne: quella centrale richiede di annotare l’evento importante (sia che questo abbia a che vedere con il cibo, come nel caso di un’abbuffata, oppure che sia di altra natura); le due laterali richiedono invece di annotare l’emozione o le sensazioni che si provavano prima dell’evento e quelle immediatamente successive.

Va inoltre definita l’intensità delle emozioni provate, su una scala che, ovviamente, risulta assolutamente arbitraria e priva di valore statistico: l’insieme di queste operazioni, però, ci permette di fissare su carta e di poter riflettere su emozioni che a volte un bambino non sa come definire e come riconoscere.

Nel caso dell’obesità infantile tale strumento può avere sia il valore di segnare le eventuali abbuffate o assunzioni eccessive di cibo su cui riteniamo si debba lavorare, sia quello di poter tenere traccia di eventi che hanno scatenato una risposta emotiva eccessiva, permettendo quindi in un secondo momento di trovare una strategia alternativa da utilizzare.

© RIPRODUZIONE RISERVATA