Il 12 e 13 giugno ricorre il decimo anniversario di un’importante tornata referendaria al cui centro ci furono due quesiti relativi all’acqua. Il comitato promotore chiedeva che i cittadini si esprimessero con due sì per tutelare l’acqua, bene essenziale e prezioso per la sopravvivenza. Il risultato fu un clamoroso e abbondante: si arrivò addirittura al 95% di sì a sostegno delle richieste referendarie. Da quei risultati referendari tutti si attendevamo risposte importanti dalla politica. E invece, in questi dieci anni, l’acqua è stata protagonista, spesso con segno negativo, di molte situazioni.

A dieci anni di distanza ritorniamo a parlare di quella campagna referendaria con due protagonisti veronesi di quelle intense giornate: Silvia Caucchioli, avvocata e responsabile comunicazione dei comitati veronesi, e Luca Cecchi, instancabile animatore delle iniziative in ambito locale.

Caucchioli, ci racconta che tipo di campagna fu quella?

Silvia Caucchioli, avvocata

«Fu una campagna intensa, specie nelle vicinanze del mese di giugno e dei giorni interessati dalle votazioni. A Verona esisteva già un Comitato Acqua Bene Comune che da molto tempo lavorava sui temi legati all’acqua. Per noi è stato importante il lavoro di sensibilizzazione nei confronti delle persone. La nostra autorevolezza fu aumentata dall’assenza di una coloritura politica. Noi eravamo trasversali e questo fu un punto di forza molto importante. In questo modo riuscimmo a far passare l’idea che l’acqua fosse un bene primario, essenziale e come tale un bene comune che non poteva essere monetizzato. Da ciò, il no alla privatizzazione dell’acqua. Certo tutta la nostra azione fu favorita dalla notevole diffusione e capillarità dei comitati locali e da un attivissimo Coordinamento Nazionale che sfornava in continuazione idee ed iniziative a sostegno della campagna informativa».

Ci sono episodi, di quella campagna, che ricorda con particolare piacere?

«Ce ne sono stati molti ma, tra tutti, ne vorrei ricordare due. Il primo riguardava l’idea di esporre una bandiera con i due sì per l’acqua bene comune, su ogni balcone. L’ iniziativa, lanciata a livello nazionale, trovò a Verona una delle sue migliori espressioni. Noi infatti, riuscimmo ad esporre la bandiera dal Balcone di Giulietta ed in tal modo riuscimmo ad aggirare una sorta di “boicottaggio” dei media locali nei confronti della nostra iniziativa referendaria. Questo episodio oltrepassò l’ambito locale  “bucando”  il telegiornale regionale della Rai e arrivando ad interessare molte importanti testate nazionali della carta stampata. Mi piace poi ricordare la bellissima festa a conclusione della campagna dei referendum. La discesa con i gommoni lungo l’Adige, l’approdo a S.Giorgio, il cibo in autogestione, il concerto e la diretta di Radio Popolare Verona. Fu una splendida festa che riuscì a coniugare i quesiti referendari con il centenario della morte di Emilio Salgari, che cadeva giusto nel 2011».

Dieci anni dopo i referendum Luca Cecchi prosegue la sua l’attività con i gruppi e i comitati che si battono a difesa e tutela dell’acqua.

Cecchi, dieci anni dopo i referendum quale bilancio possiamo tratteggiare?

«Il bilancio non può che essere estremamente negativo. Le istituzioni hanno remato contro gli interessi e le volontà popolari chiaramente espresse col voto di dieci anni fa. Il referendum è stato tradito nei suoi principi fondamentali. Noi chiedevamo che l’acqua venisse trattata e considerata come un bene comune ma ciò non è avvenuto. Sono prevalsi interessi di altro tipo. Tutti, a parole, ribadiscono che l’acqua è un bene essenziale per l’umanità. Ma non si va oltre alle affermazioni di principio. Quello che prevale è la corsa ad occupare le poltrone di amministratore e gestore delle varie aziende che gestiscono lo straordinario e strategico capitale rappresentato dall’acqua. In questi anni è esploso il caso dell’acqua inquinata da PFAS. I territori dell’est veronese, quelli dell’alto vicentino ed il padovano sono stati direttamente e pesantemente coinvolti. Enormi le ripercussioni sulla salute delle persone, bambini e ragazzi più di tutti, pesanti i contraccolpi sull’economia di questa vasta area di territorio».

Com’è stato possibile arrivare a una simile situazione?

«In tutti questi anni gli amministratori/gestori non hanno mai fatto eseguire controlli sulle falde acquifere e così, di assenza in assenza, di negligenza in negligenza si è arrivati alla gravissima situazione prima descritta. Quando leggo che la società  Acque del Chiampo  investe 3 milioni di euro per realizzare filtri che possano “sanificare” le acque dai pfas, l’unica parola che mi viene in mente è “fallimento”. Allo stesso modo considero i 350 milioni di euro che si andranno a spendere per portare acqua pulita nelle zone inquinate da questi terribili prodotti chimici. Questi interventi sono paragonabili al classico “chiudere la porta della stalla” dopo che i buoi sono fuggiti. Avrei preferito maggiori controlli prima e a monte, ma  non sarebbero stati così visibili come questi investimenti. Sulla gestione delle acque manca sempre un progetto complessivo, una direzione che possa indicare ai comuni, alle realtà locali, come gestire l’acqua in qualità di bene comune. Per quanto riguarda la nostra realtà veronese a me fa specie evidenziare che nel passaggio tra la gestione delle acque da parte di Agsm a quella di Acque Veronesi ci si sia trovati ad affrontare un sistema di perdite che prima era attorno al 20 per cento ed ora ruota attorno alla cifra del 37 per cento. Il progetto di Acque Veronesi è ridurre le perdite al 34 per cento. È ovvio che c’è un problema di investimenti, del dove, come e quando realizzarli. Certo che quotare l’acqua in borsa non aiuta l’acqua. C’è in atto una mercificazione inaccettabile contro la quale solo il Papa si è espresso pubblicamente in modo inequivocabile e limpido».

Cosa vi proponete di fare nel prossimo periodo?

Luca Cecchi

«Noi continueremo a lavorare in modo trasversale affinché il tema dell’acqua ritorni in modo positivo all’attenzione delle persone e dei politici italiani, cercando di ridare corsa e sostanza ad una legge sull’acqua che giace in Parlamento dal lontano 2008. L’acqua è il futuro della terra e anche l’agricoltura, per essere una buona agricoltura, ha bisogno di una buona acqua. C’è un dato importante che voglio proporre in questa sede e riguarda l’incidenza della mortalità legata al Covid. Le zone interessate dall’inquinamento di PFAS hanno visto un aumento della mortalità da Covid con cifre superiori al 45 per cento delle altre realtà. Aver cura e proteggere l’acqua è un’azione che va direttamente ad incidere nella qualità della nostra alimentazione, del nostro benessere e della nostra vita.»

Domenica 13 giugno, presso il Monastero del Bene Comune di Sezano, all’interno dell’iniziativa Valli Ferite Luca Cecchi parlerà di “Compleanno del referendum acqua pubblica”.

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