“Inaugurato a Verona il nuovissimo Parco eolico delle Torricelle. Otto aerogeneratori da 4 mw ognuno sulle Torricelle forniscono 80 gwh/anno di energia rinnovabile. Cento mila veronesi non dipenderanno più dal gas russo, libico e algerino e dal petrolio arabo. Evitate in questo modo 40mila tonnellate di CO2, risparmi tangibili nella bolletta. Verona festeggia.”

No, purtroppo non è la notizia che vi racconteremo oggi. E probabilmente nemmeno nei prossimi mesi o anni. In Italia, per avviare un progetto eolico, occorrono tra i cinque e i sette anni con un 15% di probabilità di successo (fonte Elettricità Futura) e, procedendo di  questo passo, gli obiettivi che ci siamo dati nella lotta ai cambiamenti climatici non verranno raggiunti nei tempi previsti, i nostri impegni con l’Europa non saranno mantenuti, i tanto desiderati finanziamenti legati al PNRR (Piano Nazionale Ripresa Resilienza) ci verranno negati. Ne consegue che la decarbonizzazione del Paese non si raggiungerà come previsto verso il 2050 ma, se tutto va bene e se i nostri figli non saranno travolti prima, verso la fine del secolo.

Attualmente in Europa, considerando impianti eolici onshore (terra) e offshore (mare),  la Danimarca produce con il vento il 48% del proprio fabbisogno elettrico seguita da Germania, Gran Bretagna, Portogallo e Spagna tra il 27 e 22%. L’Italia è fra i paesi meno virtuosi con un misero 7%, sensibilmente sotto la media europea del 16%.

Nel nostro Paese non mancano i progetti e la volontà di investire nel settore ma, soprattutto per gli impianti eolici, emergono insospettabili opposizioni che mortificano ogni tentativo. Non c’è progetto che non sia accompagnato da un comitato di cittadini che si oppone e cerca in tutti i modi di ritardarne l’installazione. Molti di costoro militano in note associazioni ambientaliste e si dichiarano entusiasti sostenitori dell’energia rinnovabile, difensori dell’ambiente e propugnatori della sostenibilità, a condizione che non si tocchino i loro interessi, infatti ogni intervento a loro parere devasta il patrimonio artistico e paesaggistico del territorio, immancabilmente vocato al turismo e all’agricoltura di qualità.

Allarme rosso lanciato, con una intervista a “la Repubblica” del 19 maggio scorso, dal presidente di Legambiente, Stefano Ciafani: «A determinare questa situazione ha certo contribuito un ambientalismo “sbagliato”. Ma credo soprattutto sia un problema di formazione dei dirigenti delle soprintendenze ai beni culturali e paesaggistici. Chi ha studiato sui testi sacri dell’impatto ambientale probabilmente considera un orrore modificare il paesaggio con una torre eolica […] non può essere che ogni mutamento del territorio sia da loro bocciato a prescindere.»

Subito dopo, il ministro Dario Franceschini, sullo stesso quotidiano, è intervenuto a difesa dei commissari dipendenti dal suo ministero affermando che «la Costituzione italiana ha dei principi fondamentali ed è l’unica che, all’art.9, inserisce fra questi la tutela del paesaggio e del patrimonio storico artistico della nazione. Un dovere costituzionale, non solo morale».

Un confronto che propone di aggiornare la risposta a importanti domande. Cos’è un paesaggio? Cosa vuol dire tutelare il paesaggio e il patrimonio storico artistico? Si ottiene una maggiore tutela impedendo qualsiasi intervento o riducendo il rischio che l’emergenza climatica lo distrugga per “cause naturali”? Quando l’interesse degli abitanti di un luogo può prevalere sugli interessi generali e delle generazioni future? Perché una pala eolica è per sua natura “brutta”?

Immagine di Andrea Junqueira on Unsplash

Fra i commentatori della stampa specializzata prevale invece la riflessione sul modo di gestire la vita della collettività e sulla politica perché, senza il coinvolgimento informato e attivo dei cittadini non si potrà pervenire alla neutralità climatica e affrontare in pochi decenni cambiamenti di profondità, intensità senza precedenti nella storia umana, destinati a mettere in discussione interessi consolidati, posti di lavoro e stili di vita.

Per esempio, se l’ipotetico progetto del parco eolico delle Torricelle, supposto ci sia vento sufficiente, invece di essere proposto da un singolo centro di interesse, da un investitore, nascesse come proposta di una Comunità Energetica veronese, gestita da migliaia di cittadini interessati a ridurre i loro costi energetici e rendere la loro vita e quella dei loro discendenti sostenibile, il concetto di paesaggio si riempirebbe di contenuti nuovi e forse inaspettati.

Le pale rotanti apparirebbero come degno contorno a Castel San Pietro, un geniale connubio fra passato e presente, oggetti in un quadro futurista che esprime la dinamicità dei discendenti di Re Teodorico.

Il parco eolico verrebbe presentato a visitatori e turisti come espressione dello spirito imprenditoriale veronese che guarda al futuro, attento all’innovazione tecnologica e aperto alla collaborazione fra i cittadini. I soprintendenti ai beni culturali e paesaggistici a quel punto avrebbero difficoltà a opporsi?

Nota finale. I dati usati nella finta notizia all’inizio di questo articolo per descrivere l’ipotetico parco eolico delle Torricelle non sono inventati. Sono stati liberamente copiati dal progetto “Monte Giogo di Villore” elaborato da AGSM Verona per il Mugello, da due anni in attesa della approvazione della Regione Toscana. La stessa società veronesa per il parco eolico di Affi aveva dovuto aspettare cinque anni.

Foto di copertina di Narcisa Aciko da Pexels

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