«Questa non è una biografia né un’autobiografia né un’autofiction, questa è una storia che ha ingoiato frammenti di tante vite per provare a farne una narrazione, il racconto degli anni in cui sono cresciuta, dei dolori che ho circumnavigato e di quelli che ho attraversato.»

Giulia Caminito commenta così il suo libro. Una limpida fotografia della fonte da cui ha attinto l’essenza del suo ultimo romanzo L’acqua del lago non è mai dolce, uscito per Bompiani a gennaio di quest’anno e candidato al Premio Strega 2021.

È la storia di Gaia, una bambina e poi ragazza, che vive una situazione di forte disagio sociale-economico. Un ritratto delle vicende che caratterizzano la sua giovane vita, il suo modo di affrontarle e il rapporto difficile con la madre, composto da amore e voglia di ribellione.

La scrittrice, nata a Roma nel 1988 e laureata in Filosofia politica, ha esordito nella narrativa nel 2016 con il romanzo La grande A, ascrivibile al genere postcoloniale africano e basato su vicende familiari, che ha ricevuto numerosi riconoscimenti tra i quali il Premio Berto, il Premio Bagutta (edizione Opera Prima) e il Premio Brancati (sezione Giovani). In seguito, nel 2017, ha pubblicato la raccolta di racconti Guardavamo gli altri ballare il tango, nel 2018 la fiaba La ballerina e il marinaio e nel 2019 il romanzo Un giorno verrà, per il quale ha ottenuto il Premio Fiesol.

L’ultimo lavoro di Giulia Caminito racconta una storia che affronta, attraverso la vita della protagonista, temi sociali contigenti: la difficoltà per le persone che vivono uno status economico e sociale precario di ottenere aiuti dal sistema sociale a causa della burocrazia, i problemi psicologici dei ragazzi che abitano in famiglie indigenti, le mancate occasioni a causa di questo status, lo scherno dei coetanei, l’intolleranza sociale…

Il libro inizia con la madre di Gaia, Antonia, che si ribella contro un funzionario comunale perché dopo tanti anni deve ancora esserle assegnata una casa popolare. Antonia è una figura chiave del libro, il perno della famiglia, una donna descritta con una personalità fortissima, con una grande dignità e rispettosa del prossimo. Ci sono alcuni episodi riportati nel libro dove, senza alcun orpello da parte dell’autrice, si evince chiaramente il coraggio, il contegno la fierezza di questa madre nonostante la povertà.

Giulia Caminito che legge la Costituzione per il video della pagina Facebook del Premio Strega

È la penna della protagonista che racconta queste vicende che fanno da contorno al trattegiarsi della sua vita e che andranno a influenzare il prosieguo del suo cammino dalla scuola fino all’età adulta.

Il rapporto tra Antonia e Gaia rappresenta uno dei punti focali del racconto. Una relazione fatta di aspettative disattese di Antonia verso la ragazza: le prese di posizione di Gaia, la sua ribellione, il suo essere sempre contro, il fare di testa propria senza assecondare minimamente le aspirazioni della madre.

L’abilità della Caminito sta proprio nel far percepire a chi legge la forza di una bambina che vive il disagio sociale ed economico, la sua dolcezza ma anche lo scatenarsi della sua rabbia, il suo sentirsi a suo modo diversa.

Una delle caratteristiche più affascinanti di questo testo è la scrittura della Caminito, dalla quale traspare un sentire prorompente. In particolare, si nota proprio una corsa all’emozione nel continuo virgolettato in parecchi punti del romanzo, una fuga di affermazioni una dietro l’altra, un rimarcare di fatti, di forza e fragilità.

Il libro, senza troppe sovrastrutture di penna, riesce a raccontare una storia vera, credibile, reale, senza, tuttavia, lasciare chi legge privo di coinvolgimento a livello emotivo.

Il quid pluris dell’autrice sta proprio in questo: essere capace di narrare perfettamente e in modo estremamente semplice circostanze di vita autentiche, aspre e difficili e al contempo offrire al lettore una sensazione fortissima di coinvolgimento emotivo sterile, tuttavia, di inutili fronzoli.

Un libro intenso, avvincente, scritto magistralmente.

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