Un anno di “Heraldo”. Sembra ieri che, in redazione, si è fatto il conto alla rovescia per il lancio nell’etere, alias il world wide web, del nostro magazine. Era una sorta di scommessa e invece dodici mesi (52 settimane, 365 giorni) dopo siamo qui a spegnere la prima candelina sulla torta. Ma, allargando l’orizzonte, sono già due gli anni (perché in quel caso era il 30 marzo 2019), da quell’emozionante evento organizzato a San Zeno, in quel gioiello che era allora il Cohen gestito da Elena Castagnoli, in cui abbiamo presentato alla città la nostra testata, che all’epoca ancora si chiamava “Il Nazionale”. Due anni, da una parte, e un anno, oggi, in cui con un po’ di incoscienza e in piena pandemia abbiamo deciso di buttarci in questa nuova avventura.

Fine marzo, insomma, come momento clou per la nostra storia, che evidentemente ai cicli temporali deve qualcosa. Fra l’altro il 30 marzo 2019 rimane una data davvero storica per Verona, che vide proprio quel giorno scorrere per le sue strade, in un fiume ininterrotto di oltre 100mila persone, la più grande manifestazione spontanea e pacifica mai vissuta in città, a cui parteciparono persone giunte da tutta Italia e nata per protestare contro le idee omofobe e retrograde espresse da gran parte dei relatori durante il World Congress of Families, in scena alla Gran Guardia proprio in quegli stessi giorni. Quel giorno presentammo ai nostri concittadini “il Nazionale” facendo incontrare i nostri lettori con il giornalista di inchieste de “L’Espresso” Paolo Biondani. Dopo 366 giorni si inaugurava la nuova testata. Con una nuova grafica e soprattutto nuove idee, nuovi contenuti, nuovi propositi.

Erano giorni tribolati quelli. E lo sono stati per tutti i dodici mesi successivi. Parafrasando il celebre film di Peter Weir con Mel Gibson e Sigourney Weaver, si potrebbe dire che è stato davvero “un anno vissuto pericolosamente”. Non tanto da noi come “Heraldo”, ma in generale da tutti noi, italiani, europei e cittadini del mondo. A fine marzo 2020 si era da poco più di un mese caduti nella terribile morsa del Covid-19, con l’Italia primo Paese europeo a dover fronteggiare la malattia, che poi si è diffusa nel resto del Continente e ancora oggi non è stata completamente sconfitta. Anche se la strada intrapresa, quella delle vaccinazioni, fortunatamente pare quella giusta e si comincia finalmente a vedere, laggiù in fondo al tunnel, una lucina che ci permette di guardare con moderato ottimismo ai prossimi mesi e soprattutto ai prossimi anni. Una strada, sia chiaro, ancora lunga, lunghissima, che si lascerà comunque dietro strascichi importanti di dolore a livello economico, psicologico, sociale. Molta gente in questi mesi ha dovuto purtroppo affrontare gravissimi lutti familiari e la perdita della salute, del lavoro, delle proprie certezze economiche e di un futuro che fino a poco tempo fa sembrava sicuro e oggi invece sembra più che altro nebuloso.

C’è, in questi mesi, chi ha dovuto rinunciare alla scuola e chi a vedere i propri figli o genitori lontani, chi ha dovuto reinventarsi totalmente e chi ha suo malgrado approfittato del tempo in più per studiare o rimettersi in gioco con qualche attività mai intrapresa prima, perché la propria è stata letteralmente spazzata via dall’ondata pandemica. Un anno di grandi cambiamenti, piccoli e grandi insomma, che rimarrà impresso nella nostra memoria e che speriamo possa darci almeno spunti per migliorare e vivere meglio gli anni futuri. Dal punto di vista ambientale, ad esempio, si è notato un risveglio delle coscienze e speriamo davvero che non si tratti di una moda passeggera.

Heraldo ha cercato sempre di proporre il suo modo peculiare di fare approfondimento. Ha cercato di raccontare la realtà con un punto di vista laterale, con uno sguardo cioè che osservasse la vita, i fatti, le storie da un’angolazione totalmente nuova. Non sempre ci è riuscito, sia chiaro, ma ci abbiamo provato. E poi ha cercato di dare voce a quelle realtà che non sempre trovano spazio nella comunicazione mainstream, quelle realtà che si occupano degli ultimi del pianeta. I rifugiati, i senza fissa dimora, i malati psichiatrici e via dicendo.

Abbiamo cercato di dare ampio spazio al tema ambientale con una sezione dedicata e di sbirciare dal buco della serratura di Palazzo Barbieri e dintorni, dove la politica non sempre è stata padrona incontrastata sulle nostre pagine ma quando ha trovato spazio è stato sempre per raccontare qualcosa di inedito o quantomeno originale. Abbiamo anche cercato di puntare il dito verso chi in città contribuisce ad alimentare quell’immagine totalmente sbagliata di Verona razzista e intollerante, ma che in qualche modo la città si è guadagnata e con cui deve fare sempre, suo malgrado, i conti. Una “sacca” che la parte buona della città deve trovare il modo di respingere e isolare.

E, gettando uno sguardo ai prossimi mesi, Verona si appresta ad entrare nell’ultimo anno di un’amministrazione che nel 2022 i veronesi sono chiamati a riconfermare o a bocciare. In ogni caso, a prescindere da chi siederà sulla sedia di sindaco dall’anno prossimo, dopo mesi così difficili si chiede a gran voce un cambio di passo a tutti i livelli e la politica in questo senso dovrà assumersi tutte le responsabilità non solo di quanto è avvenuto fino ad ora, ma di quanto dovrà avvenire nei prossimi anni.

Verona è una città dalle mille potenzialità, dove cultura, turismo, sociale, sport, ambiente si potrebbero incastrare in maniera fenomenale con i settori dell’economia e della politica, in una crescita costante ed esponenziale di tutti. Sarà nostra cura tentare di evidenziare sempre quali sono gli ambiti di miglioramento, per contribuire in modo critico al dibattito pubblico. Ci proviamo. Con tutti i nostri limiti e con tutti i nostri errori. L’importante, però, è che ci sosteniate anche segnalandoci i disservizi che possono esserci nelle varie zone della città e della provincia, nei quartieri come nei paesi che confinano con le altre province del Veneto e delle altre regioni. Insieme a voi possiamo riuscirci.  

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