Avevano da poco iniziato una relazione. Lui l’ha uccisa, strangolandola.
La pena gli è stata ridotta da 30 anni a 16 perché a guidare le sue mani sarebbe stata una “tempesta emotiva”. I giornali hanno riportato il fatto usando nei titoli alcuni passaggi della sentenza o frasi come “eliminare la fidanzata” o “uccisione determinata da gelosia”.

Continuano a suscitare sdegno le parole usate negli ultimi anni dai tribunali italiani, testimoniando ancora una volta la permanenza di pregiudizi di genere non più tollerabili. E nonostante la formazione continua ai giornalisti anche i mass media fanno la loro parte per fortificare la rappresentazione distorta di questi casi.

La diretta social di “Heraldo”

“Heraldo” ospita durante la diretta social su Facebook e Youtube “Succede alle 31” alle 18.31 per la Giornata internazionale della donna Sabrina De Santi, avvocata e presidente di Aiaf Veneto, e Cristina Martini, media educator e curatrice dell’Osservatorio mediatico sui femminicidi di Prosmedia.

L’uso del linguaggio sembra cruciale non solo nel racconto giornalistico ma anche in quello giudiziario, quando ci si accorge che termini stereotipati contribuiscono a risvolti giuridici spesso di matrice culturale maschile.

Anche per sensibilizzare l’opinione pubblica lunedì 8 marzo alcune giuriste veronesi si alterneranno in una staffetta online leggendo brani di sentenze e atti processuali discriminatori, dalle 12 alle 15 su Zoom, azione voluta dall’associazione Avvocati per la Famiglia del Veneto e dall’Ordine degli Avvocati di Verona.

L’evento, dal titolo “La legge è uguale per tutte”, è inserito nel programma della manifestazione promossa dall’assessorato alle Pari Opportunità del Comune di Verona Ottomarzo. Femminile, Plurale 2021.

Gli stereotipi di genere che influenzano le sentenze

Sabrina De Santi

«A Verona – dice Sabrina De Santi – la presidente del tribunale è donna, la procuratrice della Repubblica è donna, la presidente dell’Ordine degli avvocati è donna, la referente di Aiaf Verona è donna. Ci è sembrato naturale unire le forze e fare qualcosa contro i pregiudizi che ancora infestano il nostro lavoro.

Saremo, l’otto marzo, tutte insieme per puntare il dito contro gli stereotipi di genere che ancora ci sono nelle sentenze, e non solo in Italia e non solo in sede penale, bensì pure nei processi civili. E vogliamo anche porre l’attenzione su quegli atti di parte che sono ispirati ad una visione distorta della donna, asservita all’uomo, priva di una sua dignità e autonomia.»

Cristina Martini

«Sentiamo spesso parlare di opinione pubblica divisa tra “innocentisti” e “colpevolisti” – spiega Cristina Martini –. Cosa accade quando le sentenze nei casi di violenza di genere e femminicidio vengono riportate dalla stampa? Il mondo dell’informazione riveste un ruolo di mediazione tra ciò che viene espresso nei tribunali e il pubblico di lettori e lettrici, confermando o mettendo in discussione l’opinione pubblica su vittima e colpevole che inevitabilmente si era già creata durante il racconto processuale.

L’ambito giudiziario non è certo immune da stereotipi e pregiudizi, per questo è importante che la stampa rimanga responsabile davanti a verità giudiziarie che vittimizzano le donne o che giustificano gli uomini colpevoli.»

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