Il “rottamatore” è tornato
Renzi è sempre Renzi. Nel bene o nel male vuole essere sempre lui il protagonista. A volte a ragione, molte altre no. Ma quello che fa, in fondo, non è altro che politica, che ci piaccia o no.
Renzi è sempre Renzi. Nel bene o nel male vuole essere sempre lui il protagonista. A volte a ragione, molte altre no. Ma quello che fa, in fondo, non è altro che politica, che ci piaccia o no.
Per un certo periodo venni sguinzagliato da un mio direttore alle calcagna di Matteo Renzi. Dalla candidatura alle primarie del PD, fino al patto del Nazareno. Ad un congresso a Roma, mi appostai alle sue spalle, mentre scriveva gli appunti per il suo prossimo intervento. Mentre tutti gli oratori che lo stavano precedendo si alambiccavano sulla necessità di un partito che pur rinnovandosi recuperasse le tradizioni, lui si preparava a sorprenderli con un discorso che spiegava cosa volesse dire essere di sinistra. Lasciò tutti con la mandibola a penzoloni.
Lui è quello che ti entra in casa chiedendo permesso, si siede sul divano e dopo dieci minuti ti dice “accomodati, fai come se fossi a casa tua”. E da quel momento a chiedere permesso sei tu. E il bello è che conosce casa quasi meglio di te.
L’ha fatto anche questa volta. Mentre Conte era convinto di aver risolto la crisi recependo praticamente tutte le istanze di Italia Viva nel progetto per il Recovery, Renzi gli sbatteva in faccia il Mes. Mentre il PD sosteneva la parte del partito responsabile, lui rispondeva che la responsabilità stava nel non far finta che la crisi esistesse. Mentre i 5 Stelle cercavano di gestire l’allergia congenita verso l’alleato scomodo, lui li prendeva politicamente a schiaffoni sostenendo praticamente qualsiasi cosa potesse dar loro fastidio. Il gesto finale di ritirare ministre e sottosegretario – poi – è stato l’atto finale.
Lui è così, mentre nello spettacolo fan tutti gli equilibristi, d’un tratto fa un salto mortale. Non gli va sempre bene, ma lui lo mette nel conto.
Fino al giorno prima della crisi conclamata, nei corridoi romani molti davano ormai scontato l’epilogo più clamoroso: un governo senza Conte, guidato da una personalità “alta” o che ne sapesse di economia, con dentro almeno un pezzo di Forza Italia, buona parte di un Movimento 5 Stelle ormai “normalizzato”, PD meno – forse – qualche elemento a sinistra e naturalmente Italia Viva. Poi il Presidente del Consiglio è salito al Colle e lì deve essere successo qualcosa, visto che Conte se ne è uscito annunciando che ci si sarebbe “seduti attorno a un tavolo”.
A questo punto lo scenario di una ripresa del dialogo è tornato in auge, ma ecco che Renzi ha fatto il suo balzo in avanti, ritirando comunque ministre e sottosegretario. Darà l’appoggio ai provvedimenti urgenti dei prossimi giorni, come il Decreto Ristori e lo scostamento di bilancio, rimanendo comunque indispensabile, ma poi sarà Conte e dover decidere. Cosa? Secondo Renzi, se presentare finalmente al Paese un piano di rilancio o continuare a rincorrere i decreti.
Che sia così o meno non spetta a chi scrive dirlo. Quel che è certo è che, a ben guardare, Renzi non sta facendo nulla più che politica, usandone tutti gli strumenti. Una pratica che diventa scioccante e magari anche rischiosa, quando è in disuso da troppo tempo. E la politica ogni tanto, oltre che apparente confusione, può generare anche soluzioni originali ai problemi che pone. Ad esempio un superministero per la gestione del Recovery Fund…
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