Chi è un assessore regionale? È un ministro. È la figura istituzionale che ha la responsabilità di amministrare, disciplinare la materia sociale che gli è stata affidata. Individua gli obiettivi, della la linea, dispone gli strumenti. E assume su di sé la responsabilità politica nei confronti di tutti i cittadini, tanto più quelli che hanno votato dall’altra parte, perché sono proprio questi che devono cogliere l’utilità collettiva della figura, che avrà certamente un programma connotato, ma non dovrà essere di parte nei risultati. Del resto si chiama Istituzione Pubblica, mica per nulla…

Bene, l’assessora veneta all’istruzione e alle pari opportunità Elena Donazzan – come è ormai noto – ha pensato di manifestare pubblicamente le sue nostalgie neofasciste, cantando in radio Faccetta nera e affermando che si tratta di una canzone che fa parte della sua tradizione famigliare e personale.

Potenti le proteste, com’era ovvio.

Ora, a voler fare uno sforzo ed essere più “laici” possibile, pur condividendo l’avversione per quelle tradizioni famigliari e personali, bisognerebbe affermare  che  la contestazione a base di “come può una così fare l’assessora…” è sbagliata: la valutazione va fatta sui risultati, sul modo concreto con il quale ha svolto il suo incarico fin qui.

Il problema vero è che questo “garantismo” con certi personaggi non funziona mai e praticandolo si rimane irrimediabilmente delusi. Sì, perché Donazzan – chiamata a scusarsi dal governatore Zaia – ha pensato bene di dirsi dispiaciuta «se qualcuno si può essere sentito offeso» e ha aggiunto di  essere stata semmai lei «vittima di un’aggressione squadrista».

Ecco, in Veneto si dice “peso el tacon del buso”, cioè peggio la toppa del buco. Qui non c’è garantismo e laicismo di giudizio che tenga, perché così dicendo Donazzan ha dimostrato due cose gravissime, imperdonabili per la sua carica istituzionale:  distinguere tra persone offese e non, laddove le nostalgie per una passata dittatura offendono nientemeno che quella Repubblica in virtù della quale lei stessa siede nel Governo Regionale, non avere idea di cosa sia stato lo squadrismo fascista e metterlo sullo stesso piano del libero esercizio di critica.

Insomma, non ha capito nulla dell’istituzione che rappresenta, del suo ruolo, del sistema democratico.

Ecco, oggi, senza più alcun dubbio, è lecito chiedersi “come può fare l’assessora una così?”. E pretenderne le dimissioni, senza le quali avremmo ragione a non riconoscere più alcuna autorità a chi governa la Regione.