Un anno è trascorso da quel maledetto 19 novembre 2019, giorno in cui Verona si è risvegliata più sola, con un compagno di una vita improvvisamente non più al suo fianco. Un padre, un insegnante, un amico. Una voce. Tutti in città hanno almeno un ricordo personale legato a Roberto Puliero. Impossibile, anzi, pensare a una Verona senza il suo cantore, con cui aveva creato un connubio, un legame, una simbiosi quasi indissolubile. Eppure da allora sono passati dodici mesi. Dodici mesi, fra l’altro, complicatissimi non solo per la “sua” Verona, ma per tutta l’Italia, l’Europa e il mondo intero.

E chissà, vien da chiedersi inevitabilmente, cosa avrebbe detto lui oggi, con il suo modo sempre garbato e allo stesso tempo pungente, sulle attuali vicende che purtroppo ci attanagliano. Chissà come avrebbe messo giù i suoi versi per prenderci e prendersi bonariamente in giro, sdrammatizzando e allo stesso tempo invitandoci alla riflessione. E magari all’unione, allo stringerci più vicini (almeno virtualmente) in comunità, per lottare insieme, senza divisioni, facendo fronte comune.

Ci manca, ci manca da morire, Roberto Puliero. Manca a tutti i veronesi, indistintamente. Per la sua poesia, il suo modo di essere, la sua capacità di crescere talenti a teatro, il suo insegnamento a tutti i livelli, il suo amore per l’arte e lo sport. E, soprattutto, per la sua inarrivabile ironia.

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