Mercoledì 9 settembre il vicesindaco Luca Zanotto, coadiuvato dai consulenti della società Sintagma e dal responsabile ufficio mobilità e traffico del Comune di Verona Michele Fasoli, ha presentato il Pums (Piano urbano di Mobilità sostenibile) per la città di Verona che la giunta Sboarina si prepara a varare nelle prossime due settimane. L’elaborato sarà disponibile nel sito del Comune.

Il Piano urbano di mobilità sostenibile (Pums) è uno strumento di pianificazione strategica, istituito nel novembre 2000 per sviluppare una visione a medio termine della mobilità urbana e pianificare le azioni per realizzarla. 

Seguendo le linee guida nazionali predisposte nel 2017, gli obiettivi minimi che i comuni si devono dare per la sua elaborazione, devono riguardare quattro principali aree di interesse: efficacia ed efficienza del sistema di mobilità, sostenibilità energetica e ambientalesicurezza della mobilità stradale, sostenibilità socio-economica. Il piano riguarda quindi tutti gli aspetti della mobilità dei cittadini e la sua realizzazione può influire e migliorare notevolmente sulla loro vita.

Quello presentato alla Gran Guardia è quindi un atto politico importante e riflette la visione che l’attuale amministrazione ha della vita cittadina da qui al 2030.

È un documento corposo e ampio che include molti progetti, alcuni interessanti, altri più discutibili, frutto di un lavoro durato più di un anno, coinvolgendo molte persone. Parla di tutto, dalle piste ciclabili alle vie del “ferro”, dai parcheggi alle zone 30 Km/h, dalla qualità dell’aria al rumore e paesaggio, dalle biciclette ai monopattini, il car sharing e la smart mobility, non trascura neppure il “tapis roulant”.  Impossibile analizzarlo in ogni sua parte in un articolo di giornale.

Man mano che lo si legge però cresce l’impressione di aver a che fare con qualcosa di simile ad una tesi di laurea sulla mobilità cittadina, ricca di grafici, disegni, fotografie, notizie, tutte raccolte e ben presentate in modo da impressionare la commissione esaminatrice, ottenerne l’approvazione e poi riporla nel cassetto dei ricordi giovanili. Poco importa la sua realizzazione. Si stenda un velo pietoso sul tema filobus. Si avverte la mancanza di obiettivi chiari e misurabili circa il miglioramento della vita dei cittadini. 

Sembra che la redazione del piano sia partita dall’elenco delle opere che “piacevano”, si sia valutato il loro probabile impatto positivo e sia stato proposto alla città come risultato, invece di indicare prima gli obiettivi di miglioramento e poi le opere per raggiungerli. 

Diverso sarebbe stato ad esempio proporre ai cittadini veronesi, come ha fatto la sindaca Anne Hidalgo per Parigi, la possibilità nel 2030 di partire da una qualsiasi parte del territorio comunale per raggiungere la loro meta, lavoro, scuola, svago, con mezzi sostenibili e sicuri, pubblici o privati, nell’arco di un tempo massimo precisato (15 minuti per i parigini). Sarebbe stata una modalità sfidante, sicuramente più rischiosa per chi se ne assume la responsabilità, ma le opere necessarie per il suo raggiungimento avrebbero avuto una chiara finalità e un valore misurabile da ogni singolo cittadino.

Oppure ipotizzare, come fatto nelle città nord europee, che nel 2030 tutte le strade cittadine saranno percorribili dalle biciclette in modo sicuro e con pari dignità e diritto alla mobilità degli altri mezzi di trasporto, in modo da favorirne almeno il raddoppio dell’uso.

Dai dati presentati si constata invece che la mobilità prevista nel 2030 non sarà molto diversa da quella attuale. La percentuale di auto in circolazione scenderà dal 60.3 al 52.1% e l‘uso della bicicletta salirà in 10 anni dal 5 al 12.3%. Un cambiamento non significativo.

Riprova della carenza dell’attuale amministrazione veronese nell’affrontare un processo di pianificazione è anche il fatto che dove l’obiettivo già esiste questo sia stato tragicamente trascurato o eluso. È il caso della sostenibilità ambientale, sintetizzata nella riduzione delle emissioni di CO2 del 40% entro il 2030, come previsto dal programma europeo, fatto proprio dal Pniec (Piano nazionale integrato energia e clima) italiano, traguardo obbligato del Paesc (Piano ambientale energia sostenibile e clima) che il Comune di Verona si appresta ad approvare.

La riduzione delle emissioni è particolarmente qualificante per un piano della mobilità sostenibile in quanto il trasporto è il maggiore responsabile delle emissioni di CO2 della città con il 55% del totale, come certificato dal bilancio energetico comunale. Riduzione ottenibile solo promuovendo la transizione energetica verso l’uso di energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili. 

Gli estensori del Pums ne sono pienamente consapevoli quando affermano: «Il veicolo ad alimentazione elettrica è un mezzo di trasporto sostenibile e permette il miglioramento dell’ambiente urbano. I veicoli elettrici non producono nel punto di utilizzo nessuna emissione inquinante». Ciò nonostante, il documento presentato indica come obiettivo per il 2030 una misera riduzione di emissioni CO2 del 18.1%.

Non sono previsti sensibili cambiamenti nelle motorizzazioni, né significativi incrementi nei punti di alimentazione elettrica dei veicoli. Pums e Paesc rischiano di essere entità separate che non dialogano fra loro.

La confusione diventa palese e colpevole quando il Pums afferma: «La produzione dell’energia elettrica necessaria per la ricarica delle batterie dei veicoli produce inevitabilmente inquinamento, anche se lontano dalla città e immesso nell’atmosfera attraverso camini di grande altezza che ne assicurano un’ampia diluizione prima della ricaduta al suolo». Un’affermazione che, nonostante le roboanti dichiarazioni di sostenibilità, tradisce una sostanziale diffidenza o ignoranza sulla transizione energetica in cui tutti dovremmo essere impegnati. È chiaro che la città dovrà dotarsi di produzione energetica rinnovabile sufficiente per sostenere la riduzione di emissione del 40% di CO2 nella mobilità e non solo. Ma di questo sembra non ce ne sia coscienza né tantomeno progettualità.

Per tornare al paragone con la tesi di laurea, a cui tragicamente assomiglia questo Pums, è auspicabile che, se approvato così come presentato, venga messo rapidamente nel cassetto e si inizi finalmente una nuova progettazione, partendo questa volta da chiari obiettivi di sostenibilità ambientale ed economica, di efficienza ed efficacia del sistema di mobilità.