Uomo e lupo, sempre più vicini. Da quando negli anni ’70 del secolo scorso sono scattate le misure legislative per tutelare questi magnifici predatori portati sull’orlo dell’estinzione, i lupi hanno iniziato a diffondersi nuovamente sul territorio nazionale, e il loro monitoraggio tramite radiocollare satellitare è da tempo realtà. Nella nostra regione lo è già dall’anno scorso, quando nello stesso mese di agosto, una femmina adulta è stata la prima “osservata speciale” in Veneto. La scorsa settimana un secondo esemplare femmina, del peso di 34 kg, è stato catturato nel versante bellunese del Massiccio del Grappa dal gruppo di lavoro del Dipartimento di Medicina Veterinaria dell’Università di Sassari, nell’ambito del “Progetto per la gestione proattiva della specie mediante telemetria satellitare”, finanziato dalla Regione del Veneto con con 150 mila euro. Il lupo, in ottime condizioni di salute, una volta munito di radiocollare e completate le operazioni di monitoraggio sanitario e biometrico e i prelievi per la genetica, è stato immediatamente rilasciato.

Gli obiettivi del monitoraggio GPS sono due: il primo più scientifico, al fine di tracciare con precisione la mappa degli spostamenti del lupo e studiare come si evolve la sua quotidianità, e un secondo, non meno importante, che ha come scopo la difesa delle greggi e del bestiame, laddove i sistemi tradizionali risultano insufficienti a impedire le predazioni.

I dati di localizzazione provenienti dal collare, che si aggiungeranno a quelli già raccolti dalla prima lupa, consentiranno di approfondire le dinamiche predatorie del branco presente nell’area e di testare – primo progetto europeo di questo tipo – sistemi innovativi di prevenzione basati sulla localizzazione GPS, quali i “recinti virtuali” (virtual fences) e i segnalatori di prossimità, potenzialmente molto utili anche per altri grandi carnivori presenti sull’arco alpino.

Una sperimentazione, quella dei sensori di prossimità della presenza del lupo, che la scopo di allertare gli allevatori e azionare eventuali allarmi sonori e luminosi in grado di allontanare il predatore quando si avvicina alle zone di pascolo. «Si tratta di un sistema complesso da realizzare e potenzialmente problematico -commenta Michele Dall’O’, presidente del WWF Veronese – considerata la natura schiva e l’intelligenza della specie, dotata di sensi straordinari e grande capacità di spostamento».

L’uso di collari satellitari potrebbe permettere di massimizzare gli sforzi di rilevamento della specie fin qui effettuati, permettendo maggiore efficienza nella raccolta dati con minore dispendio economico.

«La ricerca sul lupo è sicuramente un tassello essenziale per la conoscenza e l’accettazione del predatore nelle aree di nuova colonizzazione, ed essa non può prescindere da un coinvolgimento diretto della popolazione e degli attori locali che, a parer nostro, necessitano di continua informazione sul tema, soprattutto durante la stagione estiva, periodo durante il quale spesso il lupo fa notizia sui giornali locali senza alcun tipo di distinguo tra informazioni reali e verificate ed informazioni frutto di notizie infondate – sottolinea Francesco Romito, Vice Presidente Comunicazione & Monitoraggio Alpi Orientali dell’associazione “Io non ho paura del lupo” -. I progetti di ricerca quindi, se condotti nel pieno rispetto della specie sono da supportare, anche se essi devono essere comunicati con attenzione e con metodologie attuali al fine di raggiungere più gente possibile».

Chiarezza sull’influenza che l’informazione o i social media possono generare nella percezione collettiva del lupo è stata auspicata più volte quest’anno, dal falso allarme lupi in Valsamoggia nel bolognese, al caso dei “lupi” (in realtà esemplari di cane lupo cecoslovaccho) al “Righi” di Genova, dalla campagna “In Bocca al Lupo” del Giardino Zoologico di Pistoia a quella di invito alla segnalazione delle fake news del Centro Grandi Carnivori piemontese.

«Lo studio e la conoscenza sono estremamente positivi e un’importante base per le azioni che hanno l’obiettivo di favorire una coesistenza pacifica con tutti i grandi carnivori, dal lupo all’orso, ma è importante che ci sia una fase informativa mirata non solo agli stakeholder (allevatori, pastori, etc) ma anche alla popolazione (compresi escursionisti, fungaioli, appassionati) per educare alla convivenza» nota Michele Dall’O’. Il primo Progetto Life Wolf Alps (2013-2018) aveva adeguatamente formato le professionalità di veterinari, carabinieri forestali, guardiaparco e guardie ambientali con un ruolo importante di “mediazione” con gli allevatori e i cittadini per fornire loro informazioni e strumenti di prevenzione efficaci e testati (come recinti elettrificati e cani guardiani) per mettere adeguatamente al riparo i loro animali. La Regione Veneto non ha poi proseguito su questa strada, ma informare compiutamente il personale e coinvolgere le componenti sociali è fondamentale» ribadisce Dall’O’.

Il WWF veronese ha messo a disposizione sul proprio sito un vademecum per far conoscere la specie lupo da un punto di vista biologico ed ecologico.

«La ricerca scientifica e la sperimentazione di nuove tecnologie costituiscono attività complementari alle iniziative messe in campo dalla Giunta regionale, per promuovere l’adozione di misure di prevenzione “tradizionali” (recinzioni elettrificate, dissuasori, cani da guardiania), che rimangono comunque la via maestra per il raggiungimento di una possibile coesistenza tra la presenza dei grandi carnivori e il mantenimento della vita economica e sociale nelle nostre montagne» dichiara l’Assessore regionale all’Agricoltura, Caccia e Pesca, Giuseppe Pan.

Da pochi giorni si è chiuso il secondo bando per la Misura 4.4.3 del PSR, per il finanziamento al 100% di recinzioni elettrificate di protezione, fisse e mobili e dissuasori: un segnale tangibile dell’assistenza diretta agli allevatori di montagna, per aiutarli a proteggere e difendere gli allevamenti dagli attacchi. «Agli uffici sono arrivate 125 domande per un totale di contributi richiesti superiore a 336 mila euro – prosegue l’Assessore Pan -, più del doppio rispetto allo stesso bando dell’anno scorso. Un dato positivo ed incoraggiante, frutto dell’imponente attività di sensibilizzazione portata avanti dai tecnici incaricati dalla Regione e dalle associazioni di categoria, ma anche un segnale importante di una crescente consapevolezza e di un atteggiamento sempre più costruttivo da parte delle aziende».

Le azioni a contrasto della conflittualità tra aziende zootecniche e lupo vogliono infatti dimostrare che la coabitazione è attuabile, incentivando l’utilizzo di misure sostenibili.

«Fa sicuramente piacere leggere che sempre più allevatori in Veneto scelgono la via della prevenzione richiedendo contributi per adottarne i mezzi nella loro azienda, – commenta Francesco Romito – e non possiamo che augurarci che queste domande nel tempo continuino a crescere così come ci auguriamo che nel 2021 la fase di richiesta e l’erogazione di questi contributi sia in sintonia con i tempi dell’alpeggio, visto che a volte c’è stata poca sincronia tra questa fase ed i tempi burocratici, con il risultato di ritrovarsi in mano i fondi in ritardo rispetto alla stagione di monticazione».

L’effetto di queste misure in termini quantitativi assoluti (numero di predazioni e danni accertati) è in parte “mascherato” dal numero crescente di branchi stabili nel territorio del Veneto (come del resto in tutte le Alpi), e conseguentemente dall’aumento degli attacchi soprattutto nelle aree di nuova colonizzazione. Nei primi sette mesi di quest’anno, oltre un quarto delle predazioni da lupo accertate in regione sono avvenute in due aree del bellunese, l’Alpago e l’area del Monte Cesen in Valbelluna, dove dallo scorso anno si sono insediati due nuovi branchi. Al contrario, in altre aree di presenza del lupo ormai consolidata da più anni, il numero di attacchi e i danni accertati sono sostanzialmente stabili rispetto agli anni scorsi.

«È importante continuare a garantire il corretto e tempestivo indennizzo di tutti i danni accertati assicura Pan. Nel primo semestre 2020, nonostante le difficoltà dovute al periodo emergenziale, tutte le 110 istanze per danni sono state istruite e di queste la metà è già stata liquidata. Le restanti 55, pervenute agli uffici da luglio in poi, sono attualmente in istruttoria e saranno inviate a pagamento nei prossimi giorni, per un ammontare complessivo di contributi che saranno erogati pari a 56.189,11 euro».

Siamo in una fase importante per la tutela di questa specie. È partito infatti il primo piano coordinato di monitoraggio nazionale del lupo, per la prima volta da quando la specie è stata dichiarata protetta nel 1971. Da ottobre 2020 a marzo 2021 verranno perlustrate circa 1.000 celle di dieci chilometri quadrati in tutta Italia per fotografarne distribuzione e consistenza dalle Alpi alla Calabria, utilizzando disegni di campionamento e protocolli standardizzati avanzati, messi a punto dall’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (ISPRA), su indicazione del Ministero dell’Ambiente.

«Il lupo è una delle specie più conosciute in Italia, ma anche una delle più elusive e difficili da studiare– spiega il Dott. Piero Genovesi, responsabile del Servizio Coordinamento Fauna Selvatica dell’ISPRA -. Tutti i progetti finora attivati su questo carnivoro hanno avuto carattere locale e circoscritto nel tempo, limitando la possibilità di produrre una stima accurata a livello nazionale; per poter produrre una stima aggiornata e precisa abbiamo coinvolto tutti gli enti territoriali, partendo da Regioni e Parchi Nazionali, ed abbiamo attivato una collaborazione con i Carabinieri Forestali».

I risultati del monitoraggio nazionale saranno resi pubblici e illustrati in modo dettagliato, al fine di fornire una base di conoscenza scientifica credibile e autorevole. Nello stesso periodo il progetto Life Wolf Alps EU (2019-2024) coordinerà e realizzerà un analogo campionamento nelle regioni alpine, dalla Liguria al Friuli-Venezia Giulia, nell’ambito di un progetto che per la prima volta unisce enti e istituzioni da Italia, Francia, Austria e Slovenia. Una vera squadra europea che dal 2019 al 2024 scenderà in campo per mitigare l’impatto del lupo sulla zootecnia di montagna, per trovare un equilibrio fra mondo della caccia e presenza dei predatori, per contrastare il bracconaggio e controllare l’ibridazione lupo-cane, per diffondere un’informazione corretta basata su dati scientifici.

Il WWF Veronese, già attivo da anni in difesa del lupo, darà un importante contributo al progetto. «Supporteremo Life Wolf Alps EU e saremo coinvolti sul campo nel monitoraggio sul territorio al fine di creare una rete scientifica e un metodo condiviso per comprendere il comportamento di questi animali» dichiara Michele Dall’O’.

L’ISPRA, da parte sua, sta attivando collaborazioni anche con le diverse realtà associazionistiche che sono presenti a livello nazionale e locale, e che possono dare un contributo conoscitivo importante con la loro estesa rete di volontari.

«Come associazione quindi continueremo a lavorare per promuovere ed incentivare l’adozione dei mezzi di prevenzione, stimolare gli allevatori e le istituzioni nelle proprie competenze ed inoltre rafforzeremo la nostra attività di ricerca sul lupo allo scopo di raccontare la vita del più controverso e affascinante predatore delle Alpi per una convivenza assolutamente possibile» conclude Francesco Romito.

I dati sulla distribuzione del lupo sull‘arco alpino si devono al progetto Life Wolf Alps (2013-2018), che ha tracciato la popolazione del predatore all’interno di un’area di 11.900 kmq, stimandola nel 2015 a circa 150 esemplari. Sugli Appennini manca appunto una stima formale derivante da un censimento nazionale, per cui si può parlare di una media di circa 1500 lupi o più, basata su un metodo deduttivo che considera areale, dimensione dei branchi e dei loro territori, e percentuali di esemplari solitari.

Nel 1971, quando il WWF, insieme al Parco nazionale d’Abruzzo, lanciò l’Operazione San Francesco, il lupo era una specie cacciabile, percepito come “animale nocivo” da sterminare e vi erano solo 100 esemplari in tutta Italia.
Ma ancora oggi questa specie non è fuori pericolo a causa di rilevanti minacce, in primis il bracconaggio (con fucili, lacci e bocconi avvelenati) che ogni anno colpisce fino al 20% della popolazione, e l’ibridazione, vale a dire l’incrocio con cani vaganti, che in alcune aree supera il 40% degli individui monitorati. La diffusione di cani vaganti e ibridi rende infatti assai più complessa e difficile la gestione della convivenza tra uomo e lupo sia dal punto di vista genetico sia da quello comportamentale, oltre che sanitario.

Tra il 2013 e il 2015 in Italia sono stati trovati morti per cause non naturali 115 lupi, di cui più del 40% ucciso con armi da fuoco (24,3%), avvelenato (10,5%) o torturato con i lacci (6%). Altri sono vittima di investimenti stradali.

Il danno è enorme, con grave squilibrio per tutta la fauna nazionale: la presenza del lupo ha un ruolo ecologico cruciale per il controllo del numero delle varie specie di ungulati, spesso in esubero, ma anche dei cinghiali.

In Lessinia, la prima coppia, formata da un maschio di origine slovena denominato Slavc e da una femmina italiana ribattezzata “Giulietta”, proveniente dalla Alpi Occidentali, si era stabilita nel 2012, e tra il 2013 e il 2014 ha avuto 9 cuccioli. Nel 2019 tra il Veneto e il Trentino è stata stimata la presenza oltre al branco in Lessinia, di uno (o due) sul Carega e uno nuovo sul Baldo.

Il lupo in Italia non è mai stato reintrodotto, ma si è lentamente diffuso in tutta la penisola, è oggi in espansione e non conosce confini di Province, Regioni, o Stati. Quest’ospite speciale, estremamente schivo, non rappresenta alcun pericolo per l’uomo e riuscire ad osservarlo in natura è un evento eccezionale e fortuito.

Tra realtà e folclore, tra favole e fantasia, il legame ancestrale tra uomo-lupo, è da sempre ricco di fascino e mistero, ma soprattutto di conflitti e contraddizioni. La sua presenza richiede quindi azioni utili ad informare in modo corretto e a conoscere meglio questa specie, accanto ad altre di prevenzione e mitigazione efficaci a livello locale per migliorare la coesistenza con i grandi predatori naturali.

La strada indicata è quella della convivenza, l’unica percorribile, che garantirà la dovuta protezione del lupo e la contemporanea tutela degli interessi dell’uomo.