È arrivata venerdì 26 maggio la risposta del Tar sull’abbattimento dell’orsa Gaia-JJ4, accusata della morte di Andrea Papi. Il tribunale amministrativo regionale di Trento ha sospeso fino al 27 giugno il decreto di uccisione del plantigrado, firmato dal presidente della Provincia di Trento, Maurizio Fugatti.

Il 5 aprile era stato ritrovato il corpo del giovane trentino senza vita, a seguito di ferite riportate da un attacco di un orso mentre correva nei boschi sopra l’abitato di Caldes, in Val di Sole. Secondo la provincia di Trento e alla luce dei risultati delle analisi genetiche disposte, quelle ferite portavano la firma di JJ4, e per questa ragione era stato emesso un mandato di cattura e abbattimento.

Il 14 aprile l’ordinanza di morte era stata sospesa una prima volta dal Tar in risposta ai ricorsi presentati dalle associazioni animaliste Quindi, il 18 aprile l’orsa viene catturata insieme ai cuccioli, che vengono poi liberati e lasciati soli, e  rinchiusa nel centro faunistico Al Casteller, dove un altro orso è imprigionato da quasi quattro anni, M49. 

Cosa dice la sentenza del Tar

La sospensiva del Tar, che accoglie la domanda cautelare di molte sigle e associazioni animaliste mobilitatesi in queste settimane, mette in discussione la disposizione di abbattimento, necessaria se accertata la pericolosità dell’animale.

Poiché “la misura dell’abbattimento consegue all’affermazione della pericolosità dell’animale, ma tale affermazione non trova spiegazione nell’impugnato decreto, né nei due pareri dell’Ispra” dato che “nel caso in esame non sono stati eseguiti seri accertamenti al riguardo”, i giudici del Tar hanno decretato lo stop all’uccisione.

Il 27 giugno è il termine ultimo in cui le diverse parti potranno presentare motivi aggiuntivi, mentre l’udienza di merito è fissata il 14 dicembre.

Il decreto di soppressione coinvolge anche l’altro orso nel mirino del Presidente della Provincia, MJ5: per lui la sospensione è garantita fino al 22 giugno per motivi procedurali.

Ma se per i giudici amministrativi non è stata prodotta in giudizio tutta la documentazione richiesta, “tanto più necessaria se si considera che anche il consulente di parte nella propria relazione, a seguito dell’esame autoptico effettuato sul cadavere del giovane, ha evidenziato la necessità di ulteriori verifiche“, di diverso avviso è il presidente della Provincia di Trento, Maurizio Fugatti, secondo il quale i giudici del Tribunale amministrativo avrebbero confermato la pericolosità dei plantigradi e la sospensione sarebbe stata disposta solo per degli aspetti procedurali.

JJ4 non sarebbe responsabile

Qualche settimana fa Leal, la lega antivivisezione italiana, aveva presentato un rapporto che aveva sollevato numerose polemiche. Basandosi sulla perizia veterinaria forense richiesta alla veterinaria Cristina Marchetti, il documento mostrava come, per i segni del morso e per la mancanza di asimmetria dentale (condizione che si presume ritrovare in soggetti molto adulti come JJ4), fosse altamente improbabile che ad uccidere Andrea Papi fosse stata JJ4.

E soprattutto che l’attacco fosse da imputarsi ad un esemplare maschio, e che tuttavia “le evidenze riscontrate non consentono di classificare l’azione lesiva, né come un attacco deliberato né come una predazione”.

La posizione ondivaga del ministero dell’Ambiente

Il ministro dell’Ambiente Gilberto Pichetto Fratin (foto dal Mite, Ministero dell’ambiente e sicurezza energetica).

Dal ministro dell’Ambiente Gilberto Pichetto Fratin, subito dopo la disgrazia di Caldes, erano giunte comunicazioni discordanti.

Se in un primo momento Fratin aveva sostenuto la scelta di abbattere l’orsa, in un secondo momento aveva diffuso una nota in cui sosteneva l’inutilità di una scelta simile, che aveva solo il sapore di vendetta e ribadiva la necessità di rifarsi al parere scientifico di Ispra

La questione orsi rimane perciò in capo alla Provincia che, nel 2021, con la delibera 1091 del 26 giugno, dava attuazione alla legge provinciale 9/2018, relativa all’applicazione dell’articolo 16 della Direttiva Habitat (disciplina delle deroghe) per la specie orso bruno (Ursus arctos).

Pare proprio che queste linee guida stiano aprendo nelle ultime ore un nuovo fronte sulla questione della cattiva gestione dell’orso in Trentino.

La battaglia include le linee guida 

Lndc (Lega nazionale difesa del cane), Animal Protection,  Zampe che danno una mano, Leal e altre associazioni hanno iniziato una nuova battaglia, impugnando il rapporto Ispra-Muse del 2021 e in particolare le linee guida in vigore con la delibera 1091 del 26 giugno 2021, sulle quali si basano i provvedimenti di uccisione di JJ4 e Mj5. 

Le avvocate Rosaria Loprete e Giada Bernardi di Leal hanno presentato dei motivi aggiunti in cui evidenziano come non sia stato rispettato il principio di gradualità indicato dalla direttiva Habitat e quindi come le Linee Guida conferiscano al presidente della Provincia di Trento la piena competenza per autorizzare cattura ed uccisione dei plantigradi, senza che vi sia una progressività delle misure che possono essere di volta in volta adottate. 

Provincia autonoma in direzione contraria al Pacobace

Gli avvocati Michele Pezone e Paolo Letrar di Lndc hanno poi aggiunto che “con l’adozione delle Linee Guida la Provincia ha inteso precostituire una ‘prassi applicativa’ autoctona ispirata a una politica di contenimento della specie, perché dannosa e socialmente poco accettata, travalicando e forzando i limiti imposti dal quadro normativo di riferimento”.

Foto di Janko Ferlic: https://www.pexels.com/it-it/foto/fotografia-in-primo-piano-dell-orso-grizzly-1068554/

Si ritorna dunque ad una irresponsabilità aggressiva della Provincia Autonoma, che avrebbe forzato la mano ad alcune soluzioni ventilate dal Pacobace (il Piano d’azione interregionale per la conservazione dell’Orso bruno sulle Alpi centro-orientali, ndr).

Quello stesso Pacobace che nasceva con altri presupposti che non sono diventati realtà, anche per precise responsabilità dell’amministrazione trentina. Il piano avrebbe dovuto coinvolgere più regioni, se fossero stati creati corridoi faunistici per la dispersione degli esemplari, e avrebbe dovuto essere meno interrogato sulla possibilità di soluzioni drastiche, se fossero stati installati cassonetti anti orso o fatte campagne di informazione della popolazione.

Sembra dunque che oltre alle Linee Guida, anche le recenti sentenze del Tar possano essere impugnate dagli animalisti e possano portare addirittura ad un appello al Consiglio di Stato. 

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