Finalmente la Regione Veneto ha dato il via libera ad AGSM per la costruzione di un impianto per la produzione di biometano da FORSU (Frazione Organica Rifiuto Solido Urbano), altrimenti detto “umido”, nel sito di Ca’ del Bue dove, in passato, era previsto un termovalorizzatore ormai scomparso dalle mappe programmatiche della Regione e del quale rimangono solo alcuni macchinari arrugginiti.

Dal 2022 quindi, quando l’impianto approvato entrerà in funzione, i cittadini veronesi, nell’atto di separare i loro rifiuti, avranno la certezza, non solo la speranza, che il loro gesto contribuirà alla produzione di una fonte di energia rinnovabile e di ottimo fertilizzante da impiegare in agricoltura. Contemporaneamente sapranno di aiutare a rendere una gestione più efficiente e meno costosa.

Quella di AGSM è una iniziativa importante, una delle prime avviate in Italia,  che rientra pienamente nella strategia europea di conversione energetica del continente e di sviluppo dell’economia circolare.

Strategia europea cui l’Italia ha aderito approvando dal 2018 leggi, normative e incentivazioni con l’obiettivo di produrre, entro il 2030, tanto biometano quanto ne viene attualmente estratto di fossile dal nostro sottosuolo: circa 6 miliardi di metri cubi anno. Obiettivo che dovrebbe trovare il pieno, interessato sostegno di ogni persona che si ritiene impegnata nella lotta ai cambiamenti climatici e nella realizzazione di una economia sostenibile.

In questo momento però l’Italia è in terribile ritardo nella presentazione e approvazione di progetti analoghi a quello di Ca’ del Bue e l’obiettivo che si è data appare sempre più difficile da raggiungere. Il GSE (Gestore dei Servizi Energetici ) informa che nel 2020 è stato richiesto solo il 40% dell’incentivo programmato per l’anno. Il nostro paese si trova quindi ancora una volta ad essere fanalino di coda in Europa e, come si vede nella figura, il confronto con le produzioni nei diversi paesi dell’Unione è, a dir poco, umiliante.

Produzione di biometano in Europa (GWh) e paesi UE attivi nella produzione di biometano
Copyright EBA 2018 – from Statistical Report 2017

Per comprendere l’importanza del programma europeo e dell’impegno italiano per la produzione di biometano occorre ricordare che Il 25% circa dei rifiuti urbani è costituito da scarti di cibo, residui delle lavorazioni legate alla nostra alimentazione, nelle nostre case, nei ristoranti, nei mercati. Si tratta di milioni di tonnellate anno.

Attualmente la maggior parte  dell’ “umido” raccolto viene disperso in terreni dedicati per un compostaggio aerobico che li trasforma in fertilizzante: una pratica molto antica, ben conosciuta dai contadini, poco efficiente, che utilizza molto spazio, non garantisce igienizzazione e disperde gas nell’ambiente. Quello non differenziato finisce in discarica.

AGSM invece utilizzerà una tecnologia innovativa, studiata fin dall’inizio degli anni ’90, che consente attraverso un processo “anaerobico”, non molto dissimile dalla fermentazione del mosto d’uva, di ricavare compost e metano, di qualità tale da poter essere utilmente riciclati. La bibliografia internazionale che si interessa della analisi dei cicli di vita dei prodotti (LCA: Life Cycle Assessment) attribuisce a questa tecnologia le più elevate performance di sostenibilità ambientale rispetto alle altre opzioni di trattamento.

Nel particolare, l’impianto di Ca’ del Bue sarà in grado di trattare 40.000 tonnellate anno di rifiuto “umido” e  con questo produrre circa 3 milioni di metri cubi anno di Biometano da utilizzare nei mezzi di raccolta rifiuti e circa 10.000 ton anno di compost da impiegare in agricoltura anche biologica. L’alta qualità del fertilizzante è assicurata dal pretrattamento del materiale in ingresso che riduce al massimo la presenza di plastiche e metalli mentre il biometano, rispettando le caratteristiche richieste dall’Autority, può essere utilizzato in tutti i mezzi di trasporto.  Dalla documentazione progettuale allegata alla richiesta di approvazione presentata alla Regione Veneto si apprende inoltre che una buona parte dell’investimento sarà dedicata alla sicurezza, alla depurazione delle acque di scarico e alla filtrazione dell’aria in modo da rendere trascurabile l’impatto con l’ambiente delle attività. 

È comunque un piccolo impianto; per poter trattare tutto l'”umido” che produciamo in Italia avremmo bisogno di costruirne centinai di pari dimensioni.

Pur elogiando Agsm per l’iniziativa non possiamo non considerare due principali aspetti critici di questo progetto.

Il primo riguarda il livello di promozione e informazione presso la cittadinanza. Trattandosi, come abbiamo visto, di un progetto lungimirante, innovativo, in linea con i programmi dell’European New Deal è incomprensibile il silenzio da parte di AGSM e dell’amministrazione comunale nell’illustrare questa iniziativa, come se loro stessi non avessero compreso l’importanza di quanto stanno facendo.

Trasparenza e informazione sono a maggior ragione necessarie per i cittadini veronesi ai quali Ca’ del Bue evoca un passato di mala gestione, di corruzione, di scelte sbagliate, di poca condivisione che continuano ad alimentare, a distanza di anni, diffidenze e incomprensioni.

Se i cittadini venissero coinvolti, resi partecipi, soggetti attivi in un progetto che li interessa direttamente l’immagine stessa dell’impianto potrebbe cambiare, diventare positiva, una best practice da promuovere, ad esempio, in tutta la provincia.

Nello stesso tempo si avrebbe la possibilità di affrontare efficacemente il secondo aspetto critico, quello relativo al pessimo livello di raccolta differenziata rifiuti urbani realizzata a Verona: la peggiore del Veneto. Amia raccoglie attualmente a Verona solo 24.000 tonnellate all’anno di organico pari a 64 Kg/anno per abitante,  non riuscirebbe quindi a saturare la capacità produttiva dell’impianto di Ca’ del Bue. Se la raccolta fosse efficiente e virtuosa come a Treviso dove si raccolgono 175 Kg/anno per abitante, (evidentemente a Verona più di 100 Kg/anno per abitante finiscono in discarica) la quantità di organico raccolto trasformabile in biometano e compost salirebbe quindi ad oltre 45.000 ton anno. A quel punto non solo Ca’ del Bue lavorerebbe a pieno ritmo per recuperare valore dai rifiuti dei veronesi ma si otterrebbe anche una sensibile riduzione dei costi che essi sopportano (TARI), oltre a ridurre l’utilizzo delle discariche. Anche su questo aspetto il silenzio degli amministratori, assorbiti da incomprensibili discussioni su un tema che chiamano “in house”,  è diventato colpevolmente assordante.