Una Carta che definisce posizione, orientamenti e azioni concrete sul tema del cambiamento climatico a Venezia, ma non solo. Il documento sarà presentato giovedì 23 luglio in un convegno che si svolgerà nella città lagunare presso la Scuola Grande di San Rocco.

La “Carta di Venezia Climate Change” descrive lo scenario di riferimento, cioè come si sta innalzando la temperatura, come si sta modificando il clima, rilevandone le cause e gli effetti. Sono le attività umane, nella loro molteplicità, la principale causa dell’aumento dei gas serra, che a loro volta causano l’incremento della temperatura. Ne sono responsabili, come già noto, i trasporti, le attività produttive, il riscaldamento e il condizionamento degli ambienti di vita e di lavoro, oltre alla produzione di energia.

Si tratta di un lavoro multidisciplinare realizzato dalla Commissione di ingegneri capeggiata da Mariano Carraro e Maurizio Pozzato, presidenti dell’Ordine e del Collegio veneziano, che commentano con soddisfazione il lavoro svolto. «I cambiamenti climatici sono alla base del fenomeno dell’incremento del livello dell’acqua a Venezia, paradigma dei rischi che corrono tutte le aree costiere italiane e del pianeta, ma che a Venezia, per l’insieme dei suoi elevati valori ambientali, paesaggistici, culturali, storici, evocano il culmine del rischio di perdita di un patrimonio che appare a tutti come insostituibile.»

Una sfida, quella per la salvaguardia del patrimonio delle città venete che ha bisogno però di unire più forze. «Iniziativa encomiabile quella dei colleghi di Venezia, una delle zone più esposte al rischio idrogeologico, da cui è giusto che parta questo campanello d’allarme, ma c’è bisogno di adesione e di far partecipare più ordini possibili per lanciare questo messaggio» commenta l’Ing. Andrea Falsirollo, Presidente dell’Ordine degli Ingegneri scaligero, che propone una «Carta etica dell’Ingegnere in cui ci si assuma la responsabilità delle scelte progettuali legate all’efficienza energetica e all’economia circolare e nella quale come categoria si dia un segnale di cambiamento perché vogliamo progettare in modo più etico e accorto verso l’ambiente, per cambiare il futuro del nostro pianeta.»

Il grido d’allarme da parte della comunità scientifica sulla crisi climatica ormai in atto, spesso però cade nel vuoto della mancanza di volontà e della distrazione delle classi politiche. 

«L’impressione è che questo importante tema non sia stato preso ancora di petto dai decisori, dalle amministrazioni e dai cittadini – evidenzia l’ingegner Sandro Boato, coordinatore della Commissione – che non ci riguardi direttamente, e vada sì affrontato, ma con una certa calma, come se fossero interessate solo le generazioni future; in realtà il tempo per agire è già scaduto, la temperatura del pianeta sta aumentando e continuerà a salire, solo con azioni drastiche e decise l’aumento potrà essere limitato, ma non certo evitato.»

Passare ad azioni concrete per contrastare l’influenza umana sul sistema climatico terrestre e per limitare l’aumento delle quantità di anidride carbonica in atmosfera appare sempre più necessario.

«È quindi necessario agire – avvertono gli ingegneri veneziani– rapidamente e in modo coordinato avendo come orizzonte di riferimento l’ONU e l’IPCC, Gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico.» L’ONU ha adottato la Strategia 2030 per lo sviluppo sostenibile, la nuova Commissione Europea ha adottato il programma Green New Deal di cui l’Italia ha recepito parte degli obiettivi al 2030 sull’efficienza energetica, sulle fonti rinnovabili e sulla riduzione delle emissioni di CO2, nel Piano Nazionale Integrato per l’Energia e il Clima (PNIEC). L’Italia si è così impegnata a ridurre le emissioni di CO2 del 40% entro il 2030 e di azzerarle al 2050.

Il Comune di Verona, come tutti i comuni che aderiscono al Patto Europeo dei Sindaci, sta elaborando un piano di azione 2020-2030 il Piano di azione per l’energia sostenibile ed il clima (PAESC), il cui obiettivo è individuare le misure di contrasto e adattamento ai cambiamenti del clima, che i comuni devono implementare per una riduzione delle emissioni cittadine coerente con gli obiettivi nazionali.

«Al momento non siamo stati coinvolti come Ordine sul PAESC e questo per noi è un dispiacere perché avremmo potuto collaborare maggiormente nella proposizione del piano – sottolinea l’Ing. Falsirollo -. Abbiamo ricevuto, in qualità di stakeholder del Comune di Verona, un questionario (“Questionario su mitigazione e adattamento ai cambiamenti climatici nel Comune di Verona”) per dare suggerimenti, indicazioni e valutazioni sull’operato del Comune che abbiamo compilato e con il quale abbiamo segnalato diversi aspetti su cui agire, ma andrebbe fatto un confronto più costruito e costante sulle scelte da fare, sulle metodologie da implementare.» I PAESC sono peraltro dei documenti strategici di natura non vincolante, le cui misure di adattamento, per divenire cogenti, devono essere trasposte all’interno dei piani urbanistici.

«Quella del questionario è una prima fase di mero inquadramento del PAESC che getta le basi per l’avvio del percorso finalizzato alla redazione del Piano di Azione per l’Energia Sostenibile e il Clima – spiega l’Ing. Andrea Bombieri, Direttore di Area per la Gestione del Territorio e l’Ambiente -. A settembre 2020 verranno attuati approfondimenti e azioni inerenti le materie specifiche alla base del Piano coinvolgendo gli ordini professionali

Come affrontare la sfida per cercare di raggiungere risultati concreti? «Bisogna agire su più fronti, in modo coordinato e intervenire sulle cause del cambiamento climatico riducendo, fino ad azzerarle, le emissioni di CO2 in atmosfera da tutte le fonti che la producono: industria, agricoltura, allevamento, trasporti» sottolineano Carraro e Pozzato. Un nodo fondamentale sarà costituito dalla transizione energetica. Si dovrà passare dalla produzione con utilizzo di combustibili fossili (attualmente la più diffusa) alla produzione da fonti rinnovabili come l’idrico (già ampiamente sfruttato) l‘eolico, il solare termico, il fotovoltaico e altre fonti, con adeguati sistemi di accumulo. «Tra le principali priorità dei progetti di ingegneria si dovrà pensare all’efficientamento energetico del patrimonio edilizio, sia pubblico che privato, per evitare le dispersioni di calore estive ed invernali – annunciano gli ingegneri –. Anche il sistema dei trasporti dovrà essere fortemente modificato con l’incentivazione del trasporto collettivo, l’utilizzo di veicoli a trazione elettrica, la riduzione del pendolarismo favorendo il lavoro da casa poiché l’esperienza del Covid-19 ha dimostrato che in molte situazioni ciò è possibile.»

Siamo davanti a una sfida difficile che comporterà una modifica radicale dei nostri stili di vita «tra enormi disuguaglianze sociali ed economiche, si dovranno contenere e ottimizzare i consumi di energia, evitando gli sprechi. – ribadiscono gli ingegneri Carraro e Pozzato –. Gli oggetti di uso quotidiano dovranno essere utilizzati più a lungo, la consuetudine dell’ “usa e getta” dovrà essere rivista se non abbandonata, puntando a beni durevoli, per consentire ai nostri figli e nipoti di usufruire ancora delle risorse del pianeta». Attualmente consumiamo più di quanto la Terra è in grado di rinnovare. Il giorno dell’anno in cui si supera tale limite è chiamato “Earth Overshoot Day”. Nel 2020 è previsto per il 22 agosto. Ciò significa che in otto mesi l’umanità consuma quello che il pianeta avrebbe a disposizione per un anno, sottraendo risorse a chi verrà dopo di noi.

Serve anche agire sugli effetti del cambiamento climatico, per mitigare gli impatti, perché non si possono evitare, adottando misure di adattamento. Si dovranno piantumare grandi quantitativi di alberi nelle città e in tutto il mondo allo scopo di assorbire in modo naturale la CO2 prodotta. Ma non solo. La disponibilità di acqua sarà sempre più scarsa, specie in alcuni periodi dell’anno. «La gestione delle acque andrà quindi ottimizzata. Il territorio andrà salvaguardato e difeso dai rischi di frane, smottamenti, allagamenti. Le aree costiere più a rischio di inondazione dovranno essere adeguatamente protette da dighe e altri sistemi di difesa passiva» prevedono gli ingegneri. Le conseguenze più preoccupanti riguarderanno probabilmente l’innalzamento dei mari. Il Veneto potrebbe essere davvero colpito pesantemente. «Con un aumento della temperatura di 3,2° le previsioni stimano un innalzamento del mare fino a un metro – annunciano -. Ciò comporterebbe l’allagamento di vaste aree territoriali e perciò dovrebbero essere protette da adeguate arginature di contenimento.» Per le temperature i tassi di incremento rilevati nel territorio regionale sono mediamente più alti di quelli osservati a livello globale, fino a valori di oltre 1°C negli ultimi 25 anni secondo l’SNPA (Sistema Nazionale per la Protezione dell’Ambiente) Veneto. Ne sono testimonianza la drastica diminuzione dei ghiacciai dolomitici, la cui superficie si è ridotta del 30% circa in trent’anni, insieme alle variazioni del ciclo vegetativo della vite, oltre all’innalzamento del Mar Adriatico, e l’avanzare dell’erosione costiera, recentemente denunciata da Legambiente.

In questo scenario preoccupante, nel condividere le indicazioni dell’ONU e dell’IPCC ma anche del Green New Deal europeo, gli ingegneri possono avere un ruolo attivo e propositivo. L’ingegneria, con le sue capacità multidisciplinari, lancia un appello a tutti i professionisti. «Serve implementare le innovazioni e mettersi a disposizione per studiare progetti strategici e operativi – concludono –. La “Carta di Venezia Climate Change” invita tutti a mettere in atto alternative possibili per fornire le soluzioni tecnologiche più idonee ed efficaci ad affrontare il problema nel medio e lungo termine.»